(Articolo ripreso da www.graffidamato.com)
A questo punto, dopo avere portato la maggioranza dei vescovi dalla sua parte col monito del cardinale Gualtiero Bassetti ai volontari a non dare pretesti o alibi a chi li sospetta di soccorrere con le loro navi più gli scafisti che i migranti, più gli sfruttatori che gli sfruttati nel traffico di carne umana in corso da troppo tempo nelle acque del Mediterraneo, il ministro dell’Interno Marco Minniti può rovesciare la pratica dello sfottò usata contro di lui dal collega di governo Graziano Delrio. E godersi anche l’imbarazzo in cui si è forse trovato il segretario del suo partito, Matteo Renzi, vedendosi spiazzato pure lui dal presidente della Conferenza episcopale italiana sul fronte delicatissimo dell’immigrazione. Che avrà nelle elezioni politiche un peso maggiore dei tanto decantati 80 euro mensili a chi se ne vede portati via altrettanti dall’aumento che nel frattempo ha dovuto subire alla pompa di benzina o nelle utenze domestiche.
Dalla prospettiva di un incontro con Delrio per ricevere sarcasticamente l’augurio di buone vacanze Minniti è passato a quella di un incontro col collega di governo per dargli lui, altrettanto sarcasticamente, le buone ferie: in Sardegna, dove è stato già visto con la famiglia, o altrove.
Ma il potente ministro dei lavori pubblici, dei trasporti e della marina mercantile unificati nel dicastero delle Infrastrutture, doverosamente al maiuscolo, non è il solo al vantato comando della Guardia Costiera a dovere riflettere ora, anche come fedele di Santa Romana Chiesa, sull’intervento del cardinale Bassetti. Gli fa compagnia, all’interno però delle gerarchie ecclesiastiche, il notissimo monsignor Nunzio Galantino. Al quale il predecessore di Bassetti, quel gran signore del cardinale Angelo Bagnasco, aveva forse concesso troppo spazio scambiandolo per un mezzo portavoce del Papa. Che, a sua volta, sarà magari sotto sotto in imbarazzo pure lui per la piega presa dalla nuova gestione del fenomeno migratorio in Italia, e in Libia, ma non può fare a meno di pensare gesuiticamente, sotto tutti i punti di vista, che nelle parrocchie italiane, persino nel bianchissimo Veneto, la misura di certa tolleranza a spese altrui è ormai colma.
Nelle parrocchie non si vota per il parroco, come nei seggi elettorali per il Parlamento, pur al netto delle liste bloccate e di tutti gli altri inconvenienti regalatici anche dai giudici della Corte Costituzionale sforbiciando le leggi approvate in materia dalle Camere, ma i fedeli hanno preso anche loro l’abitudine degli elettori di astenersi dalla pratica, come si dice distinguendo appunto fra credenti e praticanti.