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Tutte le sfumature nella Chiesa di Papa Francesco su Ong e migranti

“Difendere l’interesse del più debole”, ma “non correre il rischio, neanche per una pura idealità che si trasforma drammaticamente in ingenuità, di fornire il pretesto, anche se falso, di collaborare con i trafficanti di carne umana”. Le parole del presidente della Cei nella festa di San Lorenzo son suonate agli orecchi di molti come un contrordine rispetto alla linea fin qui adottata dalla Chiesa italiana su migranti e Ong. Certo, chiarisce il cardinale Gualtiero Bassetti, “qualora si presentino circostanze di immediato pericolo di vita, va fatto tutto il possibile perché i migranti siano soccorsi e salvati”. Ma servono regole precise: ogni contributo delle organizzazioni non governative “deve avvenire sempre nella legalità, perché a monte ci possono essere sodalizi criminali che prosperano attraverso questa forma di schiavitù moderna”, la “piaga aberrante della tratta degli esseri umani, come l’ha definita il Papa” e che coinvolge anche il Mediterraneo. Quel riferimento a Francesco fa apparire esagerata la definizione di “svolta” della Chiesa che giornali e osservatori hanno voluto pretendere nell’uscita dell’arcivescovo di Perugia. Semmai è la dimostrazione di sensibilità differenti nell’interpretare il messaggio di accoglienza del pontefice argentino.

IL VIMINALE VA INCONTRO ALLA CARITAS

Come annota il vaticanista del Corsera Luigi Accattoli, l’intervento di Bassetti arriva dopo una serie di colloqui avvenuti in questi giorni tra il ministro degli Interni, Marco Minniti, e i vertici della Segreteria di Stato vaticana. È forse grazie a quegli incontri che il Viminale ha deciso di sospendere la norma che da domani avrebbe attribuito ai responsabili dei centri di accoglienza di notificare agli ospiti le decisioni delle Commissioni territoriali, comprese le risposte alle domande di asilo. Di fatto attribuendo anche a sacerdoti e volontari un ruolo da pubblico ufficiale. Esito che aveva provocato le rimostranze della Caritas. La mossa diplomatica di Santa Sede e Bassetti hanno permesso di correggere il tiro.

GLI INCONTRI SVELATI DAL CORRIERE

Oggi il Corriere della Sera, in un articolo di Luigi Accattoli e Dino Martirano, aggiunge altri particolari: “Due antefatti con protagonista il Papa spiegano il nuovo atteggiamento della Cei sui migranti, che la vede favorevole alla stretta del governo su Ong e scafisti: un invito di Francesco ai governanti perché gestiscano con «prudenza» l’apertura agli immigrati, fatto il 1° novembre scorso; un incontro fino a oggi restato riservato del Papa con il premier Paolo Gentiloni, un mese fa in casa dell’arcivescovo Angelo Becciu, numero due della Segreteria di Stato. È toccato poi a Becciu, cui compete il rapporto con i governanti italiani, ascoltare e consigliare sia gli esponenti del nostro mondo politico sia il vertice dell’episcopato perché la «solidarietà» papale e vaticana con l’Italia trovasse sbocchi concreti”. Per questo le frasi di Bassetti vanno lette anche alla luce di questi incontri

CEI-SANTA SEDE, CONVERGENZE E DIFFERENZE

Le parole di Bassetti hanno bilanciato le posizioni di una parte rilevante del mondo cattolico italiano che aveva sposato le proteste delle Ong al regolamento del Viminale. Caritas e vescovi di primo piano, Avvenire e Famiglia Cristiana in primis. Una linea diversa da quella, più prudente, seguita dalla Santa Sede. Dire per questo che in Italia ci siano due Chiese sui migranti è affermazione che rientra probabilmente nella fattispecie del peccato di enfasi; ma a negare che nello Stivale cattolico ci siano sfumature anche marcate rischia di far cadere in quello di omissione. Vescovi, sacre colonne giornalistiche e movimenti questionano da tempo su Ong e dintorni. E al di là dell’evangelico soccorso del buon Samaritano che tutti accomuna, le risposte sono state differenti. E probabilmente continueranno ad esserlo. Così che le parole di Bassetti sono subito apparse inaspettate a qualcuno. Poche ore dopo l’omelia del porporato, intervenendo a In Onda su La7, Loris de Filippi, di Medici senza frontiere, giovedì sera ha definito “politico” l’intervento del cardinale; una sorta di spiacevole endorsement al governo. A rileggere Avvenire dei giorni scorsi, in effetti, l’effetto sorpresa è innegabile.

L’IMPEGNO DI AVVENIRE AL FIANCO DELLE ONG

Il direttore del quotidiano dei vescovi, Marco Tarquinio, solo pochi giorni fa aveva utilizzato toni da scomunica: “Tra non molto, molti si vergogneranno davanti a Dio e all’umanità di ciò che hanno malamente detto, tentato, fatto o omesso di fare per riconoscere e prendersi cura dell’umanità in fuga da guerra, miseria e persecuzioni e per governare questa crisi con lucidità e civiltà”. Rispondendo martedì a un lettore, argomentava “perché la presenza di armi sulle navi Ong è sbagliata e pericolosa”. Il rifiuto di alcune organizzazioni a quel punto del codice del Viminale è “del tutto comprensibile e sensato”. Concede che le “forze di polizia italiane si comporterebbero bene e addirittura in modo esemplare” ma avverte: “Un precedente ‘armato’ di questo tipo darebbe fiato e pseudo-legittimazione ai tentativi di commissariamento (o di espulsione) di Ong sgradite in diverse parti del mondo”. Bassetti ha detto esplicitamente nulla sul punto. Non si può escludere che condivida. Sicuramente le sue parole sono segno di un approccio più diplomatico.

EPISCOPATO “LIBERO”

L’intervento dell’arcivescovo di Perugia ha subito avuto l’effetto di rendere più liberi i vescovi di esprimersi. Monsignor Michele Pennisi commentando il numero uno della Cei ha ribadito essere quella la “linea del magistero di Papa Francesco e della Santa Sede”. Per l’arcivescovo di Monreale “spetta alle autorità politiche e militari contrastare i mercanti di morte, che impunemente solcano il mare nostrum”; spetta “alle organizzazioni umanitarie non governative salvare il maggior numero di vite umane senza rendersi complici dei trafficanti di carne umana”.

PEREGO E MOGAVERO CONTRO LE ARMI SULLE NAVI

Parole nuove tra quelle circolate in maggioranza nei giorni scorsi. Del resto Avvenire non corre da solo: ha rappresentato la voce di pezzi da novanta dell’episcopato italiano, come dimostrano due recenti interviste raccolte per Repubblica da Paolo Rodari. L’arcivescovo di Ferrara Giancarlo Perego, ex direttore della Fondazione Migrantes della Cei, a domanda precisa si schiera con Roberto Saviano e la difesa di quelle Ong come Medici senza frontiere che si sono rifiutate di accettare la presenza di agenti armati sulle loro navi, perché “non farebbe altro che indebolire, e non facilitare, il salvataggio in mare”. Pochi giorni prima Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente della Caritas, creato cardinale da Papa Francesco per il suo impegno per i migranti, aveva invocato “l’obiezione di coscienza” alla presenza di armi a bordo delle imbarcazioni delle Ong. Il porporato era poi tornato sulla questione demografica: “Nel 2050 troveremo le nostre case vuote e rimpiangeremo di non aver favorito un’effettiva accoglienza. Chi le occuperà?”.

L’OSSERVATORE ROMANO E L’OK A MINNITI

Attenzione che non siano “le vittime del mercato di carne umana”, aveva definito certi flussi migratori l’Osservatore Romano. “Le morti di tanti migranti nei naufragi non si evitano solo con i salvataggi in mare, ma anche contrastando chi li fa partire in condizioni disumane e pericolose”, scrive la storica Lucetta Scaraffia. Invoca la necessità di “uscire da affermazioni astratte, anche sacrosante, per affrontare la realtà”, dove la risposta “non deve essere solo quella, doverosa, di accogliere i migranti e di offrire loro un inserimento dignitoso nei paesi europei”, ma anche “l’obbligo morale di tenere presente la piaga del mercato di esseri umani che sta prosperando, purtroppo in modo crescente, attraverso le rotte mediterranee, e che costituisce una ricca fonte di guadagno illecito per molti”. Da tempo, si ricorda, “i missionari avvertono che i mercanti di uomini percorrono i villaggi africani della fascia subsahariana, stordendo con false promesse i giovani per spingerli a una migrazione che li porterà, dopo un calvario lunghissimo, a lavorare per ripagare i loro torturatori”. E conclude: “In primo luogo è necessaria una repressione efficace dello sfruttamento dei migranti nei paesi europei, senza esimersi da un serio controllo delle modalità di arrivo”. Promozione della linea adottata dal Viminale che ora viene apertamente condivisa anche dal numero uno della Cei.

SCONTRI DI CARTA

Avvenire è da tempo schierato con le Ong, ovviamente quelle pulite, non in contatto con i criminali. A fine aprile, quando il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, esprimeva pubbliche perplessità su presunte collusioni tra alcuni operatori umanitari e trafficanti libici, Tarquinio sbotta: “Basta fuoco sulle Ong”, un mondo, lo definisce, “esigente e buono”. Qualche mela marcia ci sarà stata e ci sarà, concede, ma finiamola coi giochi al massacro. Negli stessi giorni in cui il quotidiano della Cei si faceva lirico nel descrivere le Ong impegnate nel Canale di Sicilia come “gli occhi che rischiamo di non avere più, le mani che non possiamo lasciare inerti”, il giornale del Papa usava toni più cauti. Con un articolo dal titolo “Sulla pelle dei migranti” l’Osservatore Romano parlava chiaramente di un sospetto, “che purtroppo non sembra totalmente privo di fondamento, di una manipolazione a fini economici e politici anche delle operazioni di salvataggio”. Tanto che “la paura che venga meno lo sforzo generoso di molti per il salvataggio dei migranti non può portare a semplificare il problema negandone l’esistenza”. È la stessa interpretazione che l’Osservatore ha portato avanti in questi giorni, dopo il sequestro preventivo della nave Iuventa e l’avviso di garanzia a un sacerdote eritreo firmato dalla Procura di Trapani che lo indaga per “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”.

IL PRECEDENTE GALANTINO-PAROLIN

Non è la prima volta che Osservatore Romano e Avvenire si correggano a vicenda, che Santa Sede e Cei esprimono opinioni differenti. Che nella stessa Cei i vescovi seguono strade alternative. Il precedente più evidente è di luglio. Due convegni, nei due rami del Parlamento. Al Senato il segretario dei vescovi Nunzio Galantino tuona: “L’espressione ‘aiutiamoli a casa loro’ è un refrain troppo frequente che non aiuta a capire veramente il problema”. Un’ora dopo intervenendo in una sala della Camera il segretario di stato Pietro Parolin corregge il tiro: “Credo che il discorso dell’aiutiamoli a casa loro sia un discorso valido”. Poche ore e Galantino precisa: “Nessuno pensa che si possa risolvere il problema della immigrazione dicendo ‘liberi tutti, avanti tutti’. Ritengo che il rispetto della legalità sia il primo passo per una intelligente e seria politica della mobilità umana”.

SENSIBILITÀ DIFFERENTI MA NON IN CONFLITTO

Responsabilità e legalità. La stessa linea del presidente Bassetti. Galantino oggi al Corriere della Sera dice di condividere parola per parola l’intervento del cardinale. Ma resta – e riemergerà in fretta – la sfaccettata analisi su migrazione e Ong. Eppure, da qualsiasi parte la si prenda, nonostante qualcuno pretenda di individuare due partiti tra autentici e fallaci interpreti del messaggio di Papa Francesco, così non è. Non ci sono svolte. Bergoglio lo aveva detto a Strasburgo: accogliere ma con prudenza. Lo ha ribadito in altre occasioni, come di rientro dalla Svezia: accogliere tutti coloro che si possono accogliere. Perché accogliere significa integrare. Questa è la cosa più difficile perché se i migranti non s’integrano, vengono ghettizzati. Una posizione di realismo, non di ideologica accoglienza indiscriminata a cui hanno fatto pensare parecchie prese di posizione di qualche esponente ansioso di tradurre in pratica i desideri del Papa, mostrandosi più bergogliano di Bergoglio. Papa che non da oggi parla diffusamente del dramma della tratta degli esseri umani. Le parole di Bassetti sono tutt’altro che una svolta. Il suo predecessore Angelo Bagnasco aveva usato toni non dissimili. Ai tempi, di fatto, nella Cei prevaleva la linea più militante del segretario Galantino, suggerita al giornale della Conferenza episcopale. Con un presidente della Cei scelto personalmente da Francesco e una Segreteria di Stato sempre più influente, gli equilibri potrebbero cambiare.



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