Tra gli effetti della crisi finanziaria iniziata nel 2008 c’è anche il cambiamento del modus operandi della Federal Reserve e della Bce. Secondo un’analisi presente nell’ultimo numero dell’Osservatorio monetario dell’Associazione per lo Sviluppo degli Studi di Banca e Borsa e dell’Università Cattolica, occorre tener presente – ed è ciò che risalta di più – i “diversi ruoli” che le due istituzioni hanno dovuto svolgere. “Se sino all’estate 2007 il loro impegno è stato limitato al soddisfacimento delle mere necessità di liquidità originate dal saldo dei fattori autonomi (attività e passività in valuta estera e in moneta domestica verso residenti e non residenti, ammontare delle banconote in circolazione, depositi della pubblica amministrazione, ndr) e della Riserva obbligatoria – si legge -, successivamente il loro compito è risultato più impegnativo (e per la Bce anche assai più complesso) a motivo del peculiare contesto istituzionale di ciascuna e della necessità di fare ricorso proprio all’espansione della liquidità, non sempre agevole da realizzare, per fronteggiare gli eventi”.
LA FEDERAL RESERVE
Nella fase più acuta della crisi, la Fed ha reagito “con immediatezza” potendo contare anche sul “pieno supporto” del governo: ha lanciato finanziamenti specifici per il salvataggio dei singoli operatori e delle categorie dei soggetti finanziari in cui erano presenti le cause delle difficoltà. In un secondo momento, finita l’emergenza, Washington è intervenuta sulla crescita economica operando “nel solco della tradizione” con acquisti di titoli di debito per rendere “le condizioni di liquidità dell’economia, attraverso l’espansione del suo bilancio, quanto più accomodanti possibile”. A differenza del passato, però, la Fed ha aumentato la quantità degli acquisti.
LA BCE
L’Eurotower, invece, in via prioritaria ha agito per garantire la stabilità finanziaria attraverso interventi diffusi e non diretti, “in contropartita dei sistemi bancari dell’area”. Quando poi la crisi ha investito l’economia reale si è passati a una politica monetaria per favorire la crescita economica e con l’obiettivo di mantenere i prezzi stabili sui valori previsti dal suo Statuto. Ed ecco quindi la scelta di realizzare operazioni di finanziamento “mirate” e nuove e di acquistare su larga scala titoli di debito. Una decisione, quest’ultima, compiuta “in piena autonomia (ma si potrebbe forse anche dire in solitudine)”.
CONFRONTO
L’analisi dell’Osservatorio monetario passa poi a un confronto dell’azione svolta dalle due banche grazie all’andamento degli Indici di intermediazione durante il decennio seguito alla crisi. “Se riferiti al bilancio della Fed – si legge – la loro crescita inizialmente determinata dall’attuazione di Programmi speciali di prestiti si è fatta più rapida con il ricorso agli acquisti di titoli di debito”. Dinamica diversa, invece, per la Bce. L’andamento degli Indici rispetto al bilancio dell’Eurosistema all’inizio è stato “più moderato, “determinato dal ricorso agli strumenti di finanziamento tradizionali”. Solo da fine 2014 Francoforte è passata a creare liquidità grazie all’acquisto di titoli di debito, rendendo così “più incisiva la sua azione” seppure “meno rapida” rispetto a quella della Fed. Da non dimenticare comunque che il Quantitative easing – che dovrebbe proseguire almeno sino a fine 2017 – deve essere valutato “anche alla luce dei contesti assai diversi in cui le due banche si sono trovate ad agire” per cui “è ragionevole attendersi che ex post il ruolo da esse svolto risulterà assai simile”.