I conti del primo semestre di Intesa Sanpaolo non possono che scontare l’effetto dell’investimento nel fondo Atlante, ormai ex azionista di riferimento della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, appena finite a Ca’ de Sass al prezzo simbolico di 1 euro.
DA DOVE ERA COMINCIATA L’AVVENTURA
Il fondo guidato da Alessandro Penati soltanto nel 2016 aveva sborsato quasi 3,5 miliardi per salvare le banche venete senza tuttavia riuscirci (da qui l’operazione targata Intesa, pena un “bail-in” rigido per i due istituti di credito, che il governo Gentiloni ha preferito evitare). Il problema è che Intesa è stata la prima finanziatrice di quello stesso fondo. La semestrale precisa che, al 30 giugno 2017, Intesa Sanpaolo aveva complessivamente versato 742 milioni in Atlante, con un impegno residuo nei confronti del fondo pari a 103 milioni. Va infatti ricordato che fin dal 2016 la banca guidata da Messina si era impegnata con Atlante per una cifra complessiva di 845 milioni.
RAPPORTI TESI
Nei mesi successivi, però, i rapporti si erano fatti sempre più tesi tra Penati e i suoi azionisti, e cioè principalmente le due banche Intesa e Unicredit, ma anche la Cdp e alcune fondazioni. I soci, a cominciare appunto dalle prime due banche italiane, avevano iniziato a svalutare le partecipazioni nel fondo di sistema che avrebbe dovuto risolvere il problema dei crediti in sofferenza in pancia alle banche. E fin da subito questa cosa non è andata giù a Penati. Che lo scorso febbraio, quando comunque già la situazione degli istituti veneti si stava facendo difficile, aveva sbraitato: “Questa cosa della svalutazione mi fa imbestialire, c’è una lungimiranza pari a zero. Investi in una banca fallita e dopo sei mesi svaluti”. E a chi a chi gli chiedeva se ritenesse di avere il supporto delle banche che avevano sottoscritto il fondo aveva replicato: “Macché supporto, mi votano contro!”. Nemmeno il numero uno delle fondazioni, Giuseppe Guzzetti, inizialmente grande sponsor di Atlante, era riuscito a “fare da paciere” e addirittura poi, negli ultimi tempi, ha deciso di chiamarsi fuori dalla faccenda. Del resto, si sa, quando si perdono soldi i malumori si moltiplicano. E il fondo Atlante soldi ne ha persi parecchi nell’avventura veneta.
LA MESSA IN LIQUIDAZIONE DELLE VENETE
Tornando alla semestrale della banca milanese guidata da Carlo Messina, dal momento che la messa in liquidazione delle venete ha di fatto azzerato la partecipazione del fondo, cioè le azioni (così come le obbligazioni subordinate salvo eventuali risarcimenti), al 30 giugno 2017, “il fair value della quota detenuta da Intesa Sanpaolo in Atlante è risultato pari a circa 66 milioni (corrispondente alla quota di investimento nel Fondo Atlante II e alla liquidità ancora presente) con una conseguente rettifica di valore registrata nel conto economico del primo semestre 2017 pari a 449 milioni (301 milioni al netto dell’effetto fiscale). Considerando anche la rettifica di valore di 227 milioni registrata nel conto economico 2016, l’onere complessivo prodotto dal fondo Atlante nei conti di Intesa Sanpaolo è stato pari a 676 milioni, vale a dire il 91% dell’ammontare sino a oggi versato”. In altre parole, un bagno di sangue.