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Corea del Nord, perché il re (di Pechino) è nudo

pechino, cina

Voi penserete: essendo confinante con la Corea del Nord, la Cina avrebbe tutto l’interesse a risolvere il problema del nucleare del suo indomito vicino. Invece no. Pechino si oppone a nuove sanzioni contro Pyongyang. Che poi sarebbero sanzioni contro se stessa, visto che il 90% degli scambi economici della Corea del Nord avvengono con la Cina.

Il gioco perverso della dirigenza comunista si sta smascherando ogni giorno che passa. Pechino preferisce avere un criminale alla frontiera finché è una spina nel fianco della geopolitica americana. Non ritiene sconveniente che Kim Jong-un precipiti il pianeta nell’abisso atomico, finché scaglia i suoi missili sugli alleati di Washington. La Cina, in poche parole, ritiene conveniente la minaccia nucleare della Nord Corea, perché – per ora – mette a repentaglio la pax americana.

Il re di Pechino è nudo. Esso ostenta sicumera, anche mentre il mondo è sull’orlo dell’apocalisse, e reitera le sue retoriche formule diplomatiche. Si dialoghi, ripetono. Cessino le provocazioni da tutte le parti interessate, sostengono. Come se non fosse chiaro chi è che sta provocando e chi invece si trova dall’altra parte di questa scacchiera radioattiva.

La verità è che i cinesi sono contenti di questi scenari da brivido, che agitano il sonno di miliardi di persone. Se volessero, potrebbero risolvere il problema in quattro e quattr’otto. Tagliando i rifornimenti energetici al Nord, come vorrebbero gli americani. E smettendo di rimpinzarlo di valuta pregiata, che Pyongyang impiega per perfezionare il suo programma nucleare e missilistico illegale. Ma già, la legalità è concetto relativo per una Potenza che aspira a smantellare l’ordine mondiale per sostituirlo con uno a sua immagine e somiglianza.

L’impero di mezzo sta scomodo in un pianeta regolato da norme messe in piedi dell’Occidente dopo i tragici fatti della seconda guerra mondiale. Norme di cui la stessa Cina si è avvantaggiata quando, Deng Xiaoping regnante, si gettò a testa bassa nel grande gioco del capitalismo globale. Ora che è diventata un gigante economico, la Cina aspira all’egemonia, anzi no, al controllo del globo terrestre. Ma ha dinanzi a sé un formidabile ostacolo: il benigno impero americano. Un impero sui generis, perché fondato su concetti che sfuggono al comprendonio delle gerarchie comuniste.

Democrazia, libertà, diritti umani, giustizia. Idee che suscitano avversione, dalle parti di Pechino, e che vanno combattute strenuamente e con ogni mezzo. Anche per il tramite di un dittatore che minaccia fuoco e fiamme. Da quando il popolo americano ha portato un uomo esuberante come Trump alla Casa Bianca, molti hanno guardato a Pechino con speranza. La Cina, è il pensiero, guiderà il pianeta nell’era post-americana. Sì, la guiderà, dritta all’inferno.



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