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Chi vincerà le elezioni in Italia. Parola di pensatoio americano

Con un articolo pubblicato sul sito del Csis (Center for strategic and international studies) i due esperti Heather A. Conley e Simone Bemporad valutano la situazione pre-elettorale italiana a poche ore dal voto. Si noti che la Conley è direttrice del programma europeo, e che Bemporad è l’ex-presidente di Finmeccanica North America.

Intitolato “Quando democrazia e austerità confliggono”, l’articolo passa in rassegna i sondaggi e i possibili risultati, con la probabile vittoria del ticket Bersani-Vendola alla Camera (senza escludere però una rimonta clamorosa del centrodestra, per quanto “difficile e improbabile”) e con la necessità di accordi al Senato con Scelta Civica di Monti. L’articolo riporta le impressioni di Roberto d’Alimonte, secondo cui vi sarà un accordo-scambio (non si sa quanto stabile) tra leggi in materia di immigrazione e unioni civili spinte dalla sinistra e riforme economiche spinte da Monti. Questa piattaforma Monti-Bersani, giocata in una coalizione “litigiosa” è una delle tre ipotesi fatte dal Csis. L’incognita è Grillo: se il Movimento 5 Stelle facesse un exploit, oscurando in termini numerici Monti come terza forza, e il centrodestra tenesse le posizioni, potrebbero crearsi però le condizioni per un secondo scenario: il ritorno alle urne e alla condizione fortemente instabile della Prima repubblica. Infine, “difficile perfino da concepire” c’è la Grande coalizione tra Pdl, Pd e Scelta Civica.

Va sottolineato che gli analisti del Csis scommettono, comunque vada, su un allontanamento dell’Italia dal “recente cammino di austerità e responsabilità fiscale”. Il Movimento Cinque Stelle è in particolare oggetto di attenzione per “l’intelligente utilizzo dei social media” e per una campagna “grassroots” (per le strade, nelle piazze), come antenna sui malumori italiani per la recessione e la gestione economica dell’establishment. Non si può dire che l’articolo “faccia il tifo” per Grillo, ma è certo che viene considerato un sintomo ineliminabile (in questo senso salutare) della divisione tra establishment filo-europeo e ceto medio.

Si tratta di un commento che rivela molte cose. La passione americana per il “populismo razionale” (il filone cui si sono collegati tutti i presidenti super-maggioritari, da Kennedy a Clinton, da Reagan a Bush jr) che tocca il cuore e la mente del ceto medio, a volte ricorrendo a una retorica vibrante. Una certa incomprensione per tutto ciò che è oltre il bipartitismo, per cui una coalizione di tre grandi partiti è quasi inconcepibile e al pari degli altri due scenari (nuove elezioni e vittoria del centrodestra) “metterebbe in discussione l’idea dei mercati e dell’Europa che la crisi dell’euro sia superata”.

D’altra parte è vero che la dimensione del “quarto partito” oltre i tre maggiori (che riflettono il “tripartitismo” sostanziale di lunga parte della Prima repubblica, tra Dc, Pci e Psi) è la vera posta in gioco non solo di queste elezioni, ma di un ciclo politico che ha caratteristiche nazionali storiche: quarto partito fu anche per lunghe stagioni il posizionamento laico (Pri-Pli-Psdi) da 10-15%, la forbice in cui oscilla Scelta Civica e che racchiude orientamenti importanti della classe dirigente settentrionale. Come questo entrerà in relazione con le altre forze principali, superando la sfida massimalista, sarà la misura della capacità di sintesi nazionale e sociale tra territori e strati sociali.
Questo però è anche ciclo politico europeo, dove analisi e interpretazioni sono già “pressioni”, e non “indebite”, con buona pace di chi ritiene che tutto cominci e finisca alle nostre frontiere. Forse fanno più impressione quelle tedesche, per antichi retaggi, ma quelle americane (in particolare della Costa Est, da sempre “stakeholder” della politica europea), francesi ed inglesi non sono meno presenti, influenti e inevitabili.

L’articolo del Csis sulle elezioni italiane (leggi qui)


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