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Ecco come Luca Ricolfi sballotta la sinistra sull’immigrazione

ricolfi

Il quotidiano Repubblica, diretto da Mario Calabresi, ha assunto con il passare dei mesi una posizione sempre più netta sul tema dell’immigrazione, a favore di un’apertura che sia la maggiore possibile ai flussi di persone in ingresso nel nostro paese. Una postura battagliera che spesso ha spinto il giornale di Largo Fochetti a criticare il governo Gentiloni per il suo tentativo di contenere il numero degli sbarchi attraverso il Mediterraneo. Lo scorso 13 settembre lo stesso quotidiano ha dedicato la sua prima pagina a un’inchiesta demoscopica commissionata dalla redazione, titolando così: “Immigrati, cresce la paura. Il 46% si sente in pericolo. È il dato più alto da dieci anni”. Dove si legge che il 46% degli italiani intervistati si dice d’accordo con la frase “gli immigrati sono un pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza delle persone”. Per Ilvo Diamanti, che analizza tali dati, bisogna risalire a dieci anni fa, all’autunno 2007, per trovare un indice più elevato (51%). Secondo Diamanti, “le misure e le vicende contano” nell’influenzare l’immaginario degli italiani, ma a pesare di più sono le elezioni politiche che si avvicinano con l’annesso tentativo di cavalcare temi popolari, e soprattutto la forte esposizione mediatica dei temi connessi all’immigrazione. I timori avanzano, chiosa Diamanti, “a dispetto dei ‘numeri’. Perché gli sbarchi dei migranti in Italia, di recente, si sono dimezzati”. Il giorno dopo, sempre sulla prima pagina di Repubblica, sullo stesso tema è intervenuto l’ex direttore del quotidiano.

Ezio Mauro è ancora più netto sulla presunta manipolazione in corso dell’opinione pubblica italiana, parla di uno spostamento “coltivato e concepito da mesi dai partiti delle ruspe”. Dove la colpa della sinistra, di fronte a cotanta manipolazione elettoralistica e mediatica, consiste nel non avere saputo “opporre una visione diversa del fenomeno, basata sulla realtà dei fatti”. Sottotesto implicito: le paure degli italiani sono farlocche, basterebbe un po’ di contro-informazione e ogni timore rientrerebbe. Una linea, quella di Repubblica, che è condivisa per esempio da Avvenire: in un commento del quotidiano della Conferenza episcopale italiana (Cei) si sostiene che le elezioni saranno dominate “dalla triade immigrazione-terrorismo-insicurezza”, “triade di equazioni non dimostrabili che fanno riferimento alla parte emotiva e irrazionale della nostra capacità cognitiva”. In fin dei conti, insomma, il problema è quello di una falsa percezione del fenomeno migratorio.

Sulla stampa italiana, anche in quotidiani non vicini alla destra, c’è chi si differenzia da questa impostazione. Luca Ricolfi, lo scorso 9 settembre, ha scritto un editoriale sul Messaggero che appare quasi come una risposta preventiva al sondaggio di Diamanti e al fuoco di fila degli editorialisti di Repubblica sui timori infondati degli italiani in materia di immigrazione. Titolo: “Quel diritto alla paura ignorato dalla sinistra”. Il sociologo torinese parla di “perdurante atteggiamento paternalistico” da parte di quegli intellettuali secondo i quali il pubblico sopravvaluta i pericoli sempre e comunque. “Come se avere paura fosse irrazionale. Come se l’insicurezza fosse una mera percezione, che un racconto obiettivo potrebbe incaricarsi di sopprimere. Come se i dati fossero tutti inequivocabilmente rassicuranti. Un illuminismo ingenuo sembra essersi impadronito, da almeno due decenni, della cultura di sinistra, cui non riesce proprio di prendere sul serio le paure della gente e la domanda di sicurezza che ne deriva. Eppure, pensare che i cittadini starebbero più tranquilli se solo conoscessero i dati è un non sequitur. Sarebbe come credere che, se sapessero che i morti sul lavoro sono in diminuzione, i sindacati non si preoccuperebbero più della nocività in fabbrica”. Conclude Ricolfi: “Per la cultura progressista, la paura non è semplicemente infondata, la paura è una colpa. Ma non è così, almeno dai tempi di Hobbes. La paura è il fondamento stesso del contratto sociale e dello Stato moderno, che nasce come antidoto alla sopraffazione, come superamento dello stato di natura in cui ogni uomo è ‘lupo’ verso ogni altro uomo (homo homini lupus). Quando la paura riemerge, è perché la gente sente che lo Stato non è più in grado di far rispettare il contratto, ovvero di garantire ai cittadini il più ‘basico’ dei beni, la sicurezza”. Di fronte a questo sentimento, “l’unica cosa che può attenuare la paura, e disinnescare la protesta, non è andare dai cittadini per convincerli che si stanno sbagliano, ma riconoscere il loro diritto di avere paura, e dimostrare, con i fatti, che lo Stato sta facendo tutto quanto è in suo potere per spegnerla”.

Ricolfi sul tema è tornato anche nel suo ultimo libro, intitolato “Sinistra e popolo”, pubblicato da Longanesi. Un’analisi approfondita del conflitto politico nell’era dei populismi, nel corso della quale l’editorialista del Messaggero argomenta che gli elementi di base del “calcolo” della politica sono cambiati in ragione di tre macro fattori: la deindustrializzazione delle economie occidentali, l’apertura delle frontiere (a merci, capitali e soprattutto persone), la stagnazione economica. Fenomeni che l’opinione pubblica a volte mostra di avvertire in maniera piuttosto lucida. Ricolfi, dati alla mano, fa l’esempio della paura del terrorismo. Irrazionale? Esagerata? Colpa dei media? Tutt’altro, se è vero che “ben 2/3 della variabilità della paura per il terrorismo è spiegata da eventi e fatti reali. Questo è un risultato davvero sorprendente – scrive il sociologo – perché è piuttosto raro che un modello statistico che cerca di spiegare un atteggiamento, sia pure relativo a popolazioni e non a individui, riesca a rendere conto anche solo della metà della sua variabilità”. La sinistra però, di fronte a tante ansie crescenti, e neppure così infondate, si rifiuta di offrire “protezione”. Anzi, “con i suoi politici, i suoi giornalisti, i suoi intellettuali più o meno organici, la sinistra impegna le sue migliori energie comunicative per dissolvere i problemi che la gente normale percepisce come tali”. È l’atteggiamento del “negazionismo”, che si affianca alla derisione (“derisoria è la sinistra quando derubrica a mere ‘percezioni’, irrazionali e non basate su una conoscenza scientifica della realtà, le preoccupazioni della gente comune sulla presenza dei migranti”), al disprezzo, alla supponenza e al nichilismo. Repubblica, insomma, è avvertita. Peraltro da un libro come quello di Ricolfi che perfino Corrado Augias, firma storica della stessa Repubblica, ha definito come “l’analisi più accurata sul tema delle difficoltà della sinistra”.



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