Compie oggi 13 anni e mostra già molte rughe. La tanto discussa legge sulla “par condicio”, n.28 del 22 febbraio 2000, ha regolamentato l’informazione radiotelevisiva anche durante la campagna elettorale che sta per chiudersi. La Corte Costituzionale, con una sentenza del 2002, ne aveva riconosciuto la conformità alla Costituzione, ma oggi essa si sta rivelando assolutamente inadeguata a disciplinare il confronto elettorale. La frammentazione del quadro politico, unita al peso crescente delle tecnologie, rende inapplicabile una legge emanata per riequilibrare la suddivisione degli spazi di propaganda elettorale sui mezzi radiotelevisivi. Assegnare con il bilancino tali spazi risulta sempre più problematico, oltre che sterile, visto che sulla Rete, anche attraverso i social network, sembra consumarsi un’altra campagna elettorale, forse quella vera. Nei media tradizionali, invece, ormai esistono le falangi armate, con quotidiani che preferiscono accanirsi su creme per il viso e nutelle e dedicano appena dieci righe nelle pagine interne ad una “bomba a orologeria” come l’inchiesta Mps. Queste elezioni passeranno probabilmente alla storia come elezioni inutili che consacrano un becero giornalismo militante fatto di censure, strategie di killeraggio degli avversari politici, sistematiche manipolazioni della verità e poco altro. L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni fa quello che può per far rispettare la legge sulla par condicio. In queste ore ha sanzionato la 7, Rai 3 e Repubblica tv che, forse più di altre televisioni, si stanno segnalando per faziosità e disparità di trattamento tra tutte le forze politiche in competizione. Al di là delle schermaglie destra-sinistra per il controllo della 7, emerge come grande assente, anche in questa campagna elettorale, il tema del pluralismo dei media. Un’informazione quasi del tutto asservita al potere e quindi priva di credibilità potrà essere riabilitata grazie a una semplice legge sul conflitto di interessi, che peraltro già esiste? E siamo proprio sicuri che il prossimo Parlamento avrà la serenità per affrontare temi così cruciali per la democrazia senza ipoteche paralizzanti né pregiudizi ideologici? Negli ultimi vent’anni il centro-sinistra e il centro-destra si sono alternati alla guida del Paese, governando più o meno lo stesso numero di anni e la conservazione dello status quo è stata la loro unica bussola orientatrice. Sarebbe onesto da parte di tutti, anche da parte dei giornalisti, invocare correttivi che davvero garantiscano l’equidistanza dei circuiti di trasmissione delle notizie da tutti quei centri di potere che utilizzano l’informazione (e il lavoro dei giornalisti, più o meno consenzienti) per giocare partite su altri tavoli. Se il buon giorno si vede dal mattino, questa campagna elettorale non sembra un buon viatico.
Elezioni, la “par condicio” ha fatto 13
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