I ciechi sono persone, che non vedono. Non sono supereroi con poteri speciali come Daredevil della Marvel e non hanno disturbi cognitivi. Non vedono ma capiscono perfettamente. Luisa Bartolucci dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti ci tiene a chiarire il concetto una volta per tutte.
Abbiamo incontrato Luisa per un’intervista pinITALY in una giornata di fine luglio, nella radio dove lavora come giornalista. Di lei colpiscono due cose: i capelli rosso fuoco e una voce limpida. Perfetta per la radio.
In ogni incontro si impara. L’incontro con Luisa ci ha insegnato qualcosa sull’imbarazzo. Ammettiamolo, la disabilità può generare imbarazzo. Soprattutto se non si è abituati ad avere a che fare con la varietà che è essenza stessa della vita. Prima dell’intervista, Luisa ci racconta che quando camminava per strada con il suo cane-guida – che ora non ha più – qualche sprovveduto passante si faceva il segno della croce. Gesto di superstizione, non di fede. Oppure di quando al bar, con le sue amiche cieche, le persone parlano di loro come “queste” e non, molto più semplicemente, come di “signore”. Si vede che, quando si ha a che fare con qualcosa che non si conosce, vengono a mancare le parole più comuni. O, ancora, quando alcuni guardano stupiti il suo polso sinistro, dove fa mostra di sé un orologino con le lancette. “Perché lo porta? Come farà a leggerlo?”. Niente di più semplice. Il vetro dell’orologio è montato su una cornice che si apre come una finestra e l’ora si può leggere toccando le lancette con le dita. Basta imbarazzo. A volte è sufficiente chiedere. O semplicemente aspettare. Non sempre serve capire tutto e subito.
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