Un super ministro per l’economia europea? A parole sono d’accordo in molti dei 27 della Ue ma la tensione che c’è nell’aria è tantissima e si taglia a fette. I problemi sono per ordine di grandezza: che nazionalità avrà il privilegio di dare i natali al super ministro?, a chi deve fare capo?( al Consiglio,alla Commissione, al Parlamento) di cosa si deve occupare? (di finanza, di economia, di politica economica estera, dell Eurogruppo, della moneta unica, di un possibile Fondo monetario, dei bilanci pubblici dei componenti della ue?).
In buona sostanza tante idee poche condivise ma soprattutto molto, moltissimo, dipenderà dalla conferma di Merkel, fortissima Cancelliera tedesca – la cui rinomina è quasi scontata – che è ben consapevole del passaggio strettissimo che l’economia europea sta ancora traversando e un ministro in comune dovrebbe comunque fare i conti con problemi di bilanci ancora sofferenti soprattutto in materia di lavoro.
Nella corsa che già sta scaldando i motori per il 2019, quando ci saranno le elezioni europee, entreranno a gamba tesa le candidature alla Bce, al Fondo Monetario e l’unica che in questo momento può vantare una certa forza è la Germania con i suoi dati occupazionali ed economici di forte positività. C’è chi in questi giorni ci taccia di essere dei gregari ma, non è che la questione ci consoli, in ben pochi degli altri 26 paesi può vantare delle economie “allegre” e quindi non avranno molta voce in capitolo su questa prestigiosa nomina di super ministro.
In verità Mario Draghi è colui che ha guidato la Bce non bene, benissimo, e ha sostenuto in inverni e autunni di scossoni sui mercati prima un programma di acquisto dei titoli di Stato e di obbligazioni aziendali da parte della Banca Centrale Europea ed ora si sta preparando con un equilibrio straordinario ad uscire morbidamente dall’emissione del quantitative easing tenendo a bada, nell’eurozona, il pericolo di un dollaro forte a causa della gestione disinvolta di Trump sparato sulla deregolamentazione finanziaria e il taglio delle tasse.
In un anno l’euro ha guadagnato oltre il 14% nei confronti del dollaro anche perché l’economia europea è in ripresa e Trump si è dato una calmata. Noi adesso dobbiamo predisporre una legge di bilancio che faccia tagli strutturali non meno del 6% del prodotto interno lordo e non una legge che guarda ai voti da prendere piuttosto che a sostenere la lentissima crescita italiana. Dobbiamo ridurre il deficit e rilanciare la produttività e il lavoro lasciando il populismo elettorale ricco di orpelli elettorali a chi non ha tra i suoi obiettivi il bene del Paese.
La legge di bilancio dunque ha due scopi ben chiari: la prima, investire sulle politiche attive per i giovani e le donne che aiutano nella transizione o dalla formazione al lavoro, vera emergenza oggi nel mercato anche perché non dimentichiamo –dati istat ultimissimi- in Italia oggi lavora solo il 38% dei residenti; la seconda ragione è che possiamo presentarci a testa alta nella discussione di una nuova Europa con responsabilità e competenza senza chiedere deroghe e sconti sulla pelle comunque e sempre del popolo italiano.