Se l’Europa non ci sente, proviamoci con l’Onu. E’ quel che ha fatto Paolo Gentiloni nel suo viaggio americano aprendo, davanti all’assemblea generale di New York, il capitolo delle migrazioni che l’oligarchia di Bruxelles sfoglia malvolentieri. Rivolgendosi all’organismo più universale che ci sia, il premier spera di richiamare il mondo sulla sottovalutata emergenza: “Proporre, chiedere, sollecitare le Nazioni Unite a tornare in forze in Libia”.
Si tratta di un intervento sempre più necessario, oltrepassando la miope moda dei muri, che piace a diversi Stati -dall’Austria all’Ungheria passando per la Francia- indifferenti o impauriti dalla tragedia africana dei popoli in movimento. Il punto è, invece, raggiungere una condivisione multilaterale delle responsabilità: Libia, una grande questione internazionale. Non sono un problema solo italiano i barconi nel Mediterraneo. Non riguarda soltanto la dirimpettaia Sicilia il fiume quotidiano di essere umani che da Tripoli, Bengasi e drammatici dintorni preme per straripare in Europa. Non è unicamente un nostro interesse nazionale la stabilità in Libia, la pace tra le fazioni, il rispetto dei diritti umani dei migranti, lasciati in balìa di aguzzini in terra ferma, prima ancora che degli scafisti in mare.
Dunque, è uno sforzo colossale e collettivo quello che Roma tenta di indicare all’Onu. Perché gli sbarchi possono certo diminuire ed essere meglio monitorati, come sta accadendo da quando l’Italia s’è data regole innovative per i soccorsi, pretendendone il pieno rispetto, e sancito nuove intese con le pur fragili autorità libiche. Ma il fenomeno di massa che dall’Africa si riversa verso l’Europa, indotto dalla speranza di migliorare condizioni disperate dell’esistenza, è inarrestabile. Nessun muro potrà impedire a gente mossa dalla fame, dalla miseria, dalla disumanità di regimi brutali e corrotti di cercarsi, a qualunque costo, una nuova via e una nuova vita salpando verso nord.
Ecco perché gli elogi di Emmanuel Macron e di Angela Merkel per il comportamento italiano esemplare sui migranti, specie se paragonato all’ignavia dei governi europei, non devono appagare nessuno. Al contrario, consapevoli del grande e solitario sacrificio che il Paese s’è sobbarcato, siamo i più legittimati ad esigere l’impegno dell’Onu. La Libia è vicina al mondo: questo si vede dall’Italia.
(Articolo pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi e tratto dal sito www.federicoguiglia.com)