Un intervento ben poco tecnico e molto politico. Non ha avuto opposizioni di Palazzo Chigi la porta chiusa annunciata ieri dal ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, che ha criticato la cordata Investco (Mittal e Marcegaglia): “Non possiamo, come governo, accettare alcun passo indietro su retribuzioni e scatti di anzianità acquisiti che facevano parte degli impegni”, ha detto Calenda, sconfessando implicitamente gli accordi sottoscritti dai commissari Ilva.
La decisione è giunta, quindi, con il silenzio-assenso della presidenza del Consiglio, sollecitata in primis dal ministro della Difesa, Roberta Pinotti, attenta in particolare alle ricadute su Genova, dove ha sede uno degli impianti Ilva rilevati dagli indiani di Mittal oltre a quello di Taranto. Significative le parole pronunciate ieri mattina da Pinotti, prima dell’annuncio di Calenda: “Il governo sta al fianco delle preoccupazioni dei lavoratori e non certo dall’altra parte”.
Quella frase di Pinotti, secondo quanto riportato da Repubblica, Stampa e Secolo XIX, è stata la dichiarazione di “guerra” contro il gruppo indiano che, dopo aver indicato meno esuberi rispetto al passato per effetto anche del pressing governativo, ha detto che non garantiva livelli salariali e scatti di anzianità del passato.
Non solo: Pinotti è andata anche oltre, preannunciando un forcing ulteriore anche rispetto agli esuberi indicati: “Noi vogliamo lavorare per diminuire il numero degli esuberi e per rivedere le condizioni che possono essere peggiorative dal punto di vista dei lavoratori”.
Le parole rassicuranti, o meglio di disponibilità al dialogo, pronunciate oggi dai vertici del gruppo Mittal in occasione di un convegno a Cernobbio, non convincono del tutto fonti del governo.
Tanto che molti addetti ai lavori scommettono su un potenziale intervento della Cassa depositi e prestiti sul dossier nel caso il governo decidesse di nazionalizzare. Si vedrà. Ma c’è un dato politico che emerge dalla vicenda Ilva: la sintonia fra Gentiloni, Pinotti (democrat a tutto tondo), Calenda (riformista non troppo renziano) e il viceministro allo Sviluppo, Teresa Bellanova (fedele alla ortodossia renziana). Una sintonia che indica una prospettiva di un centrosinistra largo con Campo progressista di Giuliano Pisapia.
Si parla di siderurgia, certo, ma anche – dunque – di elezioni prossime venture…