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Ecco che cosa succederà con il Rosatellum bis

La strada è ancora lunga e il testo dovrà ora passare l’esame dell’aula, dove le insidie, i ripensamenti e l’allegra brigata dei franchi tiratori di solito dà il meglio di sé al richiamo della foresta, cioè quando si richiede il voto segreto su questo o quell’emendamento.

Ma se la legge elettorale, come il buongiorno, si vede dal mattino, il provvedimento appena approvato dalla commissione Affari Costituzionali della Camera è il presagio della nuova alba politica: il già battezzato Renzusconi. Un meccanismo in prevalenza proporzionale e molto macchinoso che, alla fine dei conti senza un largo vincitore, finirà per costringere gli opposti, il centro-destra e il centro-sinistra, a mettersi insieme per assicurare un governo al Paese. Lasciando i Cinque Stelle fuori dalla porta.

Che si vada in questa direzione, lo testimonia il consenso trasversale che, dal Pd a Forza Italia alla Lega (non però ai Fratelli d’Italia), ha dato il necessario via libera in commissione. Così come lo conferma, all’incontrario, il dissenso rivendicato dal movimento di Grillo e Di Maio, oltre che dalla Sinistra italiana e Mdp, i fuoriusciti del Pd.

Tutto come da copione, tutto per legittimare in anticipo il prevedibile “stato di necessità”, quale presumibilmente si determinerà da una riforma pasticciata e compromissoria. Che si presenta con una quota maggioritaria in realtà minoritaria (il 36 per cento dei seggi con collegi uninominali), in un Paese non più bipolare, ma tripolare.

I tre schieramenti si contendono lo stesso numero di consensi, tra il 25 e il 30 per cento, secondo i sondaggi. Con questi chiari di luna, sarebbe impossibile per ciascuno di essi governare da solo. Soprattutto in sistema ancorato sul proporzionale, che renderà aritmeticamente obbligatoria una qualche intesa fra due poli su tre. “L’inciucio”, come già lo liquidano, anch’essi preveggenti, i pentastellati, che sentono l’odore dell’accordo tra Renzi e Berlusconi e reagiscono imbufaliti come un toro quando scorge il manto rosso all’ultima corrida.

Se non arriveranno sorprese dall’aula, e il testo s’incamminerà rapidamente verso il Senato, andremo alle elezioni un po’ prima del previsto. C’è chi ipotizza ai primi di marzo. Approvata la legge di bilancio, la legislatura avrebbe infatti concluso il suo tormentato compito. Anche se in campagna elettorale, con o senza nuova legge, siamo da un pezzo.

(Articolo pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi e tratto dal sito www.federicoguiglia.com)



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