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La leadership del meno peggio

C’è un vecchio detto, o forse una citazione mancata, che dice: chi continua a guardare al passato non ha diritto ad un futuro. Lungi da me un commento ai risultati elettorali. Non è il mio mestiere. Ma da osservatore posso dare la mia testimonianza.

Nel mondo è in atto il cambiamento del sistema economico globale: i paesi emergenti e quelli immergenti (…), la Cina che avanza e sconvolge e il Brasile delle meraviglie, la Corea del Sud dei robot e l’Estonia dei geni. Equilibri minacciati o semplicemente rivisitati con la prospettiva della irreversibilità. Si parlano, si parleranno sempre più, lingue diverse; si produce e si lavora, in prospettiva sempre più, in maniera innovativa se non rivoluzionaria. E allora cambia la scuola, la formazione, la produzione immateriale travolge ed esplode, i ragazzi conquistano i mercati e gli stili di vita e di consumo aprono squarci accecanti a nuove mirabolanti o – anche semplicemente – efficienti imprese. In tutto questo l’invasività tecnologica pone nuovi impensabili traguardi all’innovazione sociale: nella sanità, nei servizi, nel lavoro, nella formazione, nella sicurezza, nella relazioni, nella cultura. A parte la frutta e la verdura e il caffé al bar la mattina praticamente in tutto! Mi fermo per brevità ma evidente che l’elenco sarebbe molto più lungo e incontestatibile. Oltre che rispondere – questo si – ai bisogni di una fascia della popolazione importante che deve difendere il presente e guadagnare ancora il proprio futuro. Da questi temi non si scappa, sennò si dichiara la propria incompetenza. Questo potrebbe spiegare perché chi guarda al passato ha perso milioni di voti (bisognerebbe sottolinearlo di più). Anche i presunti vincitori. Ed essere in parte una spiegazione al successo di altri, insulti alla politica a parte.

La leadership si costruisce sul futuro non sul meno peggio.

 

 



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