Grazie all’autorizzazione dell’editore e dell’autore, pubblichiamo il commento di Riccardo Ruggeri, saggista, editore ed ex top manager del gruppo Fiat, apparso sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi.
Sono passati due giorni dalle elezioni, la «decompressione mentale» a cui mi sono volontariamente sottoposto sta procedendo in modo eccellente.
Così l’autocritica dell’analista che alberga in me si è scontrata col cittadino passionale verso l’Italia che pure è in me. Sulle varie opzioni sul tavolo, ora lo posso confessare, si è verificata quella a me più gradita: quelli della «società civile» sono stati espulsi, Pd, Pdl, M5s si dividono l’80% dei voti, però con piccole differenze fra loro, col Pd leader a cui spetterà il compito di fare una coalizione.
La quasi totalità degli analisti puntava invece su una vittoria del Pd, che, per essere effettiva chiedeva il supporto «peloso» della Lista Monti. Quando si sono accorti che ciò non stava avvenendo, grande irritazione dell’establishment intellettuale, questi hanno subito dato la colpa, prima ai sondaggisti (non ne potevano nulla, i cittadini che dicevano di votare Monti, in cabina votavano Berlusconi), poi alla legge elettorale. In realtà, tutto era molto più banale, Monti non aveva capito che l’indice di notorietà (50%) mai può trasformarsi in indice di fiducia (9%), malgrado gli endorsement altisonanti (da Obama a Buffon, mancava solo il Dalai Lama), anzi.
Posso fare una confessione? Più rifletto su queste elezioni, più sono fiducioso, è una grande occasione per Bersani, Alfano, Grillo per mostrare se hanno o meno statura politica, dopo che i cittadini hanno mandato a casa le autentiche minacce, quelli della «società civile» (tornino per sempre ai loro mestieri).
Sono stupefatto che nessuno colga la novità: questo è un momento straordinario per l’Italia, che richiede una forte unione e solidarietà fra di noi. Ora sull’orlo del «mitico» burrone ci sono i francesi, gli americani sono terrorizzati per il collasso dell’euro (ieri Krugman sul Nyt era agitato, ormai sembra sempre più un Grillo col Nobel), i tedeschi sono nella morsa elezioni-terrore contagio. Il giochino ricattatorio dello spread perde di intensità: gli italiani dopo troppi «al lupo, al lupo», ormai lo trattano come un vecchio zio rincoglionito.
Dobbiamo esserne consapevoli: uscire dall’euro sarebbe drammatico per noi, però l’Europa senza l’Italia non ha futuro, idem gli Usa senza l’euro: con questo scenario basato sul ricatto internazionale, essendo a due vie, questo si elide. E ricordiamolo sempre, l’Italia è uno dei principali mercati per la Germania ed è uno dei suoi pochi concorrenti manifatturieri sul mercato globale: sempre a due vie. Due enormi vantaggi, che dobbiamo saper valorizzare. L’epoca del ruffianarci con Merkel e Schulz lasciamola alle spalle, in queste settimane pre formazione del nuovo governo (coalizione a due o a tre?) facciamo prevalere il «please, relax».