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Paradise Papers, chi è Yuri Milner, il magnate che finanziò (con capitale russo) Facebook e Twitter

Nuove rivelazioni dai Paradise Papers puntano il dito contro un famoso magnate dell’impero delle nuove tecnologie. Tra i documenti passati al quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung che hanno fatto da base per le inchieste dell’International Consortium of Investigative Journalists (Icij) ci sono indizi su come il fondo d’investimento Digital Sky Technologies (DST) ha finanziato la Silicon Valley con soldi provenienti da uomini del Cremlino e da colossi come VT Bank e Gazprom.

I PRIMI COLLEGAMENTI

Tutto è cominciato il 7 febbraio del 2013, quando lo studio legale di Hong Kong Stevenson, Wong & Co. si è messo in contatto con il fondo FB Maitreya delle Isole Cayman per chiedere informazioni su un investimento di circa 2,4 miliardi di dollari destinato a Facebook. Nel 2010, FB Maitreya aveva il 10 per cento di Facebook ed era gestito da DST, che ha base alle Isole Vergini Britanniche, ma sede operativa a Mosca. Il fondatore, nel 2005, è stato Yuri Milner (nella foto); dietro all’imprenditore vari link interessanti: per esempio, aveva investito circa 850mila dollari in Cadre, una start-up dedicata al settore immobiliare, creata da un altro personaggio oggi molto conosciuto e controverso, Jared Kushner, marito di Ivanka Trump, figlia del presidente statunitense Donald Trump, nonché consigliere speciale della Casa Bianca impelagato nel Russiagate.

IL SOGNO DI UN VIAGGIO ALLE STELLE 

Milner è nato a Mosca nel 1961. Ha raccontato alla rivista Time nel 2015 che i suoi hanno scelto quel nome, Yuri, in onore dell’astronauta russo Gagarin, che nell’anno della sua nascita ha tracciato l’orbita terrestre con il Vostok. Questa scelta sembra avere segnato il suo destino, perché Milner è diventato uno degli investitori per futuristici viaggi nello spazio, insieme allo scienziato Stephen Hawking e al fondatore e CEO di Facebook, Mark Zuckerberg: i tre hanno stanziato circa 100 milioni di dollari per la ricerca e lo sviluppo del progetto Breakthrough Starshot, un sistema di propulsione veloce per raggiungere stelle vicine al pianeta Terra. Milner è laureato in Arte e Scienze all’Università di Mosca. Anche se non ha mai finito la laurea in Fisica, si è dedicato attivamente nel settore. Nel 1990 si è trasferito negli Stati Uniti, è stato uno dei primi investitori di Facebook (e Twitter) con il fondo DST Global, e fu accolto tra lo scetticismo.

IL SOSTEGNO DI USMANOV, UOMO DI MEDVEDED

In Russia è stato CEO di Mail.ru, il portale internet più grande del Paese. La scommessa in compagnie tecnologiche cinesi come Alibaba e JD.Com, l’ha portato ad occupare il posto numero 612 nella lista degli uomini più ricchi al mondo secondo la rivista Forbes. Milner ha un patrimonio di circa 2,9 miliardi di dollari. Tra gli imprenditori che hanno sostenuto Milner c’è l’uzbeko Alisher Usmanov, ex Goldman Sachs, noto nel mondo dello sport per essere il proprietario di importanti quote dell’Arsenal Football Club, e soprattuto del 32 per cento di azioni nell’avventura tecnologica di Milner. Usmanov è molto vicino al Cremlino: tra il 2008 e il 2012 è stati membro del Consiglio di Modernizzazione del presidente russo Dmitry Medvedev.

LA RISPOSTA DELLA DST

In una lettera filtrata dai Paradise Papers si legge che il cliente Sharp Gain International chiede alla DST attraverso lo studio di avvocati Stevenson, Wong & Co. informazioni per chiarire gli investimenti di Milner in azioni Facebook. Sharp Gain International è un’impresa che lavora con China Ocean Resources. La richiesta sembra non sia stata soddisfatta perché a febbraio del 2016 è intervenuto il Tribunale Supremo delle Isole Cayman. Alle congetture del consorzio Icij, DST ha risposto con un comunicato ufficiale: “Non c’è nulla di anomalo in un’impresa internazionale di investimenti che accetta capitale da fondi internazionali, anche sovrani”. Come si legge sul New York Times, per Milner i soldi russi sono come gli altri.

La questione diventa importante anche perché sia Twitter che Facebook sono finite sulla graticola in queste ultime settimane per il ruolo giocato nella diffusione di contenuti d’influenza russa nelle presidenziali del 2016. In una lettera aperta, Milner ha scritto che i suoi investimenti nel mondo dei social media erano solo affari finanziari: “La teoria che li abbiamo fatti per influenzarli non ha senso logico”. Milner non ha mai preso parte al board di Facebook, ha venduto la sua quota poco dopo l’Ipo del 2012 (lo stesso ha fatto con Twitter).



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