La secolarizzazione che negli scorsi decenni ha interessato più la Chiesa che la società, ha spiegato la guida di Comunione e Liberazione don Julián Carrón in occasione della presentazione a Roma del suo libro-intervista con Andrea Tornielli “Dov’è Dio? La fede cristiana al tempo della grande incertezza” (edito da Piemme), “comincia a toccare i gangli della società civile, anche di chi è più coinvolto nello Stato”. Lo stesso sociologo Bauman diceva che “la democrazia non è qualcosa di totalmente assicurato”. Perciò se prima si pensava alla manifestazione di questa presunta fragilità “solo per quanto riguarda certi valori cristiani, oggi si comincia a vedere che interessa anche gli aspetti pubblici, sociali, culturali, politici”, ha spiegato il sacerdote.
LA DOMANDA DEL FUTURO: “PUÒ RESISTERE LO STATO SENZA UN FONDAMENTO?”
Domanda “a cui vedremo come si risponderà nei prossimi decenni: potrà resistere lo Stato senza un fondamento adeguato?”. In passato si è fatto grazie alla “condivisione di un insieme di ‘grandi convinzioni’, come direbbe Benedetto XVI”, ha affermato Carrón. Oggi invece, che queste convinzioni appaiono più defilate, “vediamo come è più difficile il dialogo, più aspro il confronto, più difficile mettersi d’accordo sulle cose elementari del vivere”. Nello stesso titolo del libro vi è infatti una domanda “che si può interpretare come un urlo o come un invito, come una provocazione o come un riscatto, visto che veniamo dal secolo della morte di Dio”, ha annotato il direttore del Centro Internazionale di CL Roberto Fontolan, moderatore dell’incontro.
IL LIBRO DELLA GUIDA DI COMUNIONE E LIBERAZIONE DON JULIÁN CARRÓN
Libro che è “proposta” e “progetto”, “dottrina biblica” e insieme “fede cristiana”, e che “intesse tre fili”, ha poi proseguito il giudice emerito della Corte costituzionale Sabino Cassese. Ovvero gli episodi del Vangelo, “non poemi omerici ma un prodotto di memoria a cui si aggiunge una creazione letteraria che però è realtà”. Poi quelli della vita di don Julián, e quindi “l’idea di CL di comunicare la fede come pertinente alle esigenze del vivere”, che si intreccia con l’idea di Benedetto Croce quando “parlava della forza rivoluzionaria del cristianesimo”, “religione della libertà”. Infine le riflessioni su Dio e il cristianesimo, di una Chiesa che “si sviluppa per attrazione non per proselitismo”, come diceva Ratzinger. Che parte dalla realtà, che non “rinchiude le parole di Gesù in stereotipi e catechismo”, ma che ne “continua l’opera, come diceva lo storico Ernest Renan”.
IL DUALISMO E LA FRATTURA TRA FEDE E VITA NELLO STATO SECOLARE
Tutto ciò misura il “dualismo e la frattura moderna tra fede e vita” nel mondo secolare in cui “la nascita dello Stato ha visto la dichiarazione di neutralità verso la verità religiosa”, proclamando così “l’esclusione di fondo dal cristianesimo”, ha spiegato Cassese. È qui che subentra la domanda ripresa anche da Carrón. Si è cioè sicuri che lo Stato, privato della sue fondamenta, possa “corrispondere” alla verità del messaggio cristiano? “Lo stato liberale vive di presupposti che esso di per sé non può garantire”, è la chiosa di Cassese. E ciò nonostante, proprio questo rappresenta “il grande rischio che per amore della libertà deve affrontare”. Oggi però, ha argomentato monsignor Silvano Maria Tomasi (nella foto), ex osservatore della Santa Sede presso l’Onu a Ginevra, “vediamo tanta soddisfazione ma poca contentezza”. Realtà che ha “conseguenze politiche, operative, che generano reazioni diverse in diversi contesti sociali”.
MONS. TOMASI: “OGGI È L’ASPETTO MISTICO DELLA RELIGIONE CHE SI IMPONE”
Per Tomasi nel libro vi si può ritrovare “una mini biografia di Carrón e di CL, un metodo e un’antropologia integrale”, da cui emerge anche il contesto della vita di Carrón, “dominata da una cultura rurale ma imbevuta della tradizione cristiana”. Punto che “tocca la formazione degli individui in relazione alla fede”, ha spiegato Tomasi, chiedendo: “Quanto dobbiamo al nostro ambiente e quanto alla maturità e alla crescita?”. Se infatti “il metodo è l’incontro con una persona che cambia la realtà”, oggi “è l’aspetto mistico della religione che si impone per essere credibile”. Ma cos’è, per il monsignore, questo aspetto mistico? “L’esperienza che diventa convinzione attraverso una identificazione e una trascendenza con la vita spirituale, che ha scoperto in Gesù la risposta per la sua esistenza”.
LA CONDIZIONE DELL’INDIVIDUO CHE SE “SI RIPIEGA SU SÈ STESSO TROVA IL VUOTO”
Per il religioso, nel testo si ritrova anche la tradizione dell’incompiutezza di sant’Agostino, “che diventa fonte di ricerca in varie direzioni finché non trova l’incontro giusto”. Mentre nella cultura pubblica contemporanea la “lettura della persona umana diventa impatto”, in cui se “essa è cosciente della sua incompiutezza e trova l’apertura verso l’altro, comincia il suo cammino”. Ma se “l’individuo si piega su sé stesso, nella convinzione di avere tutto, la strada che imbocca porta alla morte, al vuoto”, ha affermato. Oggi “troviamo tanto vuoto, tanta indifferenza verso i problemi di fondo dell’esistenza”, ha proseguito il religioso, e “nelle società pluralistiche questa porta all’isolamento”, bloccando “la possibilità di creare un’azione comune, di una comunità”.
LA “GRANDE QUESTIONE” DI “ANNUNCIARE IL VANGELO NEL MONDO CHE CAMBIA”
È per queste ragioni che la domanda del titolo, ha spiegato in conclusione il giornalista de La Stampa Andrea Tornielli è “radicale e interpella tutti”. Come altresì la questione di “come si annuncia il Vangelo in un mondo che è profondamente cambiato”: è questo il motivo “per cui la Chiesa riflette, fa i concili, celebra i sinodi”, ha spiegato l’autore dell’intervista. “Portare il Vangelo vicino a noi e tra di noi è la grande questione”, e “alcuni spiriti che sapevano leggere nelle pieghe della storia hanno visto prima di altri”. Ad esempio “tutta l’opera di Papa Montini è per rispondere a questa domanda”. E Benedetto XVI a Fatima disse che “quando la fede cattolica non è più patrimonio comune della società, non può toccare i cuori mediante discorsi o richiami morali”.
LA CONCLUSIONE DI TORNIELLI: “IL METODO DEL CRISTIANESIMO È LA TESTIMONIANZA”
Ciò che infatti “affascina è l’incontro con persone credenti, che mediante la loro fede attirano verso la grazia di Cristo rendendo testimonianza”. “Il metodo con cui il cristianesimo si è comunicato è stato proprio questo”, ha chiosato Tornielli: “è andata così. Gesù attirava una folla di peccatori, borderline, gente che aveva domande e ferite, considerata estranea alla società dei buoni. E questo scandalizzava. Chi incontrava Gesù, e il cristianesimo nel corso della storia, incontrava un’esperienza positiva, bella, e si sentiva guardato, amato e abbracciato, prima che giudicato”. Perciò “si può guardare al mondo come a un abisso di perdizione, pensando che ti devi difendere. Oppure, come diceva Montini, si può vedere un campo di messe: c’è la zizzania, e c’è lo sguardo positivo del cristiano che cerca Dio nei luoghi più impensati, tra i poveri, gli emarginati, i disperati, in tutte le situazioni della vita”. Come chiede Papa Francesco.