Una grande delusione. Una fiducia tradita. E’ quasi unanime il coro di critiche che gli attivisti di Fare per Fermare il Declino stanno rivolgendo in queste ore ai vertici del partito. Motivo: lo stato di confusione che si è venuto a creare dopo la Direzione Nazionale del 27 febbraio scorso e la conseguente sequela di dimissioni.
Dopo le dimissioni di Michele Boldrin, provocate per il contrasto con la linea della coordinatrice nazionale, Silvia Enrico, la Direzione Nazionale – Enrico compresa – aveva deciso di rimettere le deleghe e convocare il congresso. Il solo gesto, secondo Boldrin, che può permettere al movimento di ripartire.
L’ultima novità però riguarda i fondatori. In una nota, Michele Boldrin, Paola Bruno, Sandro Brusco, Alessandro De Nicola, Silvia Enrico, Andrea Moro, Carlo Stagnaro, ammettono che “dopo il deludente risultato elettorale si é venuta a creare una situazione di tensione a voi ben tutti nota all’interno di Fare per Fermare il Declino. Il patrimonio culturale ed umano accumulatosi in questi mesi difficili ed entusiasmanti, benché solcati anche da momenti non felici, non merita di finire disperso in liti e ripicche. Abbiamo perciò deciso, con amarezza, ma con la consapevolezza che in questa fase si tratta dell’unica soluzione possibile, di procedere ad una separazione consensuale tra Fare per Fermare il Declino e Ali (Alleanza impresa e lavoro, ndr) – Fermare il declino, le due entità giuridiche del gruppo, che non necessariamente rimarranno con la medesima denominazione sociale. Esse – spiega la nota dei fondatori – continueranno nella loro attività politica e culturale aggregando ciascuna chi si sentirà di collaborare con l’una o l’altra (o entrambe, ovviamente) ed auspichiamo che in occasione di futuri appuntamenti elettorali possano collaborare insieme per l’attuazione dei 10 punti del programma che ci hanno fin qui unito. Entro 48 ore dovremmo formalizzare l’intesa definitiva e per il momento chiediamo a tutti di pazientare ancora.
Le reazioni dei militanti
Dalla lettura dei commenti alla nota dei fondatori, emerge il generalizzato sentimento di delusione dei militanti. “State deludendo troppe persone. Cari signori fondatori, signori della Direzione, siete riusciti a distruggere un movimento nato in 3 mesi con 80 mila aderenti”, scrive un iscritto. Qualcun altro fa appunto notare che “se non supererete le vicende personali, questo patrimonio si disperderà” e qualcun altro arriva persino a dire “ridatemi i soldi”. “Speravo in un movimento che volesse unire le tante anime liberali e/o repubblicane presenti in Italia delusione e sgomento”. “E’ un vero peccato, bruciati ancor prima di partire”.
“Credo siamo tutti addolorati e anche arrabbiati per quello che sta succedendo – scrive Antonio Narducci -. Siamo in tanti, abbiamo avuto fiducia in questo neo partito perché se la meritava. Allo stesso tempo la stima che conservo per Michele Boldrin, per Silvia Enrico, per tutti i fondatori mi fa esigere rispetto per le vostre prese di posizione ma proprio in virtù della vostra intelligenza mi chiedo se non ci si possa sedere ad un tavolo (nella forma di assemblea della direzione nazionale o di congresso nazionale del partito), fare tutti un passo indietro, e sforzarsi di ripartire assieme in maniera pulita e onesta”.
Le spiegazioni di Boldrin
Anche stavolta, Michele Boldrin utilizza il suo profilo Facebook per spiegare – cercando di tranquillizzare i militanti – il momento che sta vivendo il partito. “Dentro al movimento Fare per Fermare il Declino vi sono almeno due visioni diverse di come procedere per andare avanti – ammette l’economista -. Queste visioni si sono rivelate inconciliabili. Potrei riassumerle qui una volta ancora, ma mi sembra polemica assurda a questo punto. Solo i fatti che verranno decideranno per tutti noi se una delle posizioni era corretta o lo erano entrambe, o nessuna. Io credo di aver fatto ciò che a me sembrava e sembra corretto. Se ho sbagliato i fatti si incaricheranno di darmi torto. Ora voglio guardare avanti”.
Secondo Boldrin serve un forte cambio della dirigenza di Fare. “Io credo, assieme a migliaia di altre persone, che l’attuale struttura organizzativa di Fare per Fermare il Declino andasse immediatamente cambiata perché’ non funzionava e non funziona assolutamente” e sottolinea la libertà di non aderire ad un movimento che non desidera cambiare. “Come uomo libero credo di avere il diritto di farlo. Credo di avere il diritto di non cooperare con persone in cui non ho fiducia e che pubblicamente disprezzano il mio lavoro e le mie idee. Credo di avere il diritto di dire che non accetto diktat ed imposizioni e che mi scelgo a chi donare le mie idee, il mio tempo, le mie energie”. Boldrin presenta la ricetta per ripartire. Bisogna partire “dal basso: nei prossimi giorni, con centinaia di persone che condividono questa impostazione, lanceremo questa proposta e chiederemo ai circoli/comitati di organizzarsi territorialmente secondo regole trasparenti, semplici, democratiche”.
Gli “schieramenti”
Non sono pochi i consensi che circondano Michele Boldrin. Secondo diversi iscritti l’abbandono dell’economista sarebbe un’altra grave perdita per il movimento, dopo quella del leader Oscar Giannino e del professor Luigi Zingales. Boldrin può contare sull’appoggio del coordinatore friulano e professore di economia politica a Trieste Luciano Mauro e su quello del Veneto Franco Bocchini. Dalla parte dell’ex coordinatore nazionale, Silvia Enrico, l’altro coordinatore Fulvio Pasotti, il portavoce Lorenzo Gerosa e il coordinatore della campagna elettorale Fabio Pazzini.