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La rosa dei papabili per il Conclave

Di certezze, al Conclave che eleggerà il successore di Benedetto XVI, ce ne sono poche.
Forse solo una: che non esiste, al contrario di quanto accadde nel 2005, un candidato che spicca. Non c’è, insomma, un nuovo Ratzinger entrato e uscito Papa dalla Cappella Sistina.

Candidature solide, certo, si stanno delineando. Ma la situazione inedita creata dal Papa con l’annuncio-choc della rinuncia al soglio petrino rende friabile ogni prospettiva e non esclude sorprese, alleanze impreviste, l`affermarsi di un outsider. Una situazione implicita nella stessa figura di Benedetto XVI. Uomo di Chiesa legato alla tradizione, capace, però, di un gesto rivoluzionario. Parte integrante dell”establishment’ wojtyliano, eppure estraneo da sempre ai giochi di corte. Guida suprema della Curia romana, alla quale, con l’annuncio delle dimissioni, ha però dato una sorta di ‘schiaffo’.

Fu scelto, tra l’altro, per solidità dottrinale, e molti vorrebbero che anche il suo successore sia portatore di un cattolicesimo identitario e capace di rilanciare la Chiesa nel mondo odierno. Ma nel suo gesto si possono intravedere altre indicazioni, a partire dalla necessità di un Pontefice capace di operare cambiamenti. Se, poi, ha validità una sorta di legge del ‘pendolo’, si può pensare che dopo un Papa anziano e proveniente dalla Curia, la scelta dei cardinali elettori cada su un porporato più giovane e magari a capo di una diocesi del mondo. Sbiadisce la distinzione tra conservatori e progressisti, si delinea piuttosto il confronto tra chi vuole un Papa forte e chi preferirebbe un Pontefice capace di dialogare.

In `pole position` c`è sicuramente il cardinale Angelo Scola, cultura vasta, un comune retroterra con Ratzinger nella rivista ‘Communio’, grandi capacità di governo dimostrate a Venezia prima ancora che a Milano, una proiezione internazionale con la rivista ‘Oasis’ e diversi viaggi all’estero. Sebbene nel corso del tempo si sia emancipato da Comunione e liberazione, dove ebbe anche uno strappo con il fondatore don Giussani nei lontani anni Settanta, la sua storia resta ancorata nel mondo ciellino. E` forse l`unico vero candidato italiano, ma proprio questo potrebbe essere il suo maggiore handicap. Anche perché potrebbe non riuscire a raccogliere tutti i voti italiani (che con 28 cardinali sono il gruppo più numeroso). Difficile, ad esempio, che la ‘pattuglia’ bertoniana voti per lui. Difficile che conquisti i favori di un `grande elettore` come Giovanni Battista Re.

Per tentare un fronte compatto, ed evitare una diatriba come quella tra Benelli e Siri che, nel 1978, aprì la strada prima al breve governo di Papa Luciani e poi al primo Papa polacco, Karol Wojtyla, i cardinali italiani potrebbero puntare su una figura più defilata ma con maggiore capacità di mediazione, quella dell’arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco. Nel corso degli anni, del resto, il presidente della Cei si è smarcato da entrambi i suoi ‘tutor’ di un tempo, i cardinali Bertone e Ruini, mantenendo cordiali rapporti col Papa, riequilibrando una certa insistenza presente in Cei negli anni precedenti sulla bioetica con maggiori accenti sul sociale. Solo il Conclave, ad ogni modo, dirà se, dopo Wojtyla e Ratzinger, il Papato tornerà in Italia.

Un ruolo centrale al Conclave verrà svolto, prevedibilmente, dai cardinali statunitensi. Sono all’avanguardia in questioni-chiave della Chiesa cattolica nella società secolarizzata (lo si è visto nei ripetuti attriti con l’amministrazione Obama su temi come le nozze gay o l’aborto), e, più prosaicamente, rappresentano il primo paese contributore delle casse del Vaticano. Sono tra i primi ad aver affrontato lo scandalo della pedofilia, sebbene – lo dimostrano le deposizioni in tribunale a cui sono stati sottoposti, prima di partire per Roma, i cardinali Timothy Dolan e Roger Mahony, nonché le fin troppo tempestive dimissioni per raggiunti limiti di età del cardinale Justin Rigali – le ombre non siano svanite. Non è scontato che la pattuglia di 14 cardinali nord-americani riesca a coagulare i 77 voti necessari all’elezione del Papa (i due terzi dei 115 in Conclave).

Per più di un osservatore la super-potenza americana non può esprimere il Papa. Candidati in realtà non mancano, a partire dallo stesso arcivescovo di New York Dolan, esuberante presidente della Conferenza episcopale a stelle e strisce, e dal cardinale di Boston Sean O’Malley. Cappuccino, ha affrontato il dramma dei preti pedofili ereditando una devastante situazione dal predecessore Bernard Law. Segno della sua tempra spirituale, appena nominato ha abbandonato la sede sontuosa nella quale viveva Law ed è andato a vivere in un’abitazione dimessa. Se gli statunitensi non dovessero eleggere uno dei loro, potrebbero comunque preferire che sul soglio di Pietro salga un altro ‘americano’.

Il nuovo Papa, però, potrebbe venire dall’Europa. Sono ben 60 i porporati del Vecchio continente, e non mancano personalità di spicco come il cardinale di Budapest Peter Erdo, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, o il cardinale arcivescovo di Vienna, Christoph Schoenborn, ‘ratzingeriano’, conservatore ma con grande capacità di dialogo con i settori più ribelli della sua Chiesa, ‘padrino’ di YouCat, un catechismo per giovani molto apprezzato nelle chiese di tutto il mondo. Difficile che la Chiesa sia pronta per un Papa africano, continente numericamente esiguo in Conclave, sebbene non manchino porporati di valore come i curiali Robert Sarah e Peter Turkson, e pastori di spessore come il nigeriano John Onaiyekan o il sudafricano Wilfrid Fox Napier.

Più probabile, se lo Spirito Santo soffiasse lontano da Roma, che la scelta del Conclave cadesse su un asiatico. Molto citato il neocardinale di Manila Luis Antonio Tagle, pastore amato dai fedeli, un passato da storico del Concilio vaticano II con la ‘scuola di Bologna’, che, però, con i suoi 56 anni è forse un po’ giovane per il Papato. L’Asia, però, è un continente vasto e denso di talenti. Che i cardinali giunti a Roma potrebbero scoprire e apprezzare, a partire dall’indiano Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay che, dopo qualche problema di salute, ha preso la guida della federazione dei vescovi d’Asia. O l’arcivescovo indiano di Ranchi Telesphore Placidus Toppo, `fuori casta` asceso ai vertici della Chiesa indiana, poliglotta (conosce kurukh, sadri, hindi, inglese, latino, santhali, italiano, tedesco), membro di diversi dicasteri vaticani, compresa la commissione di sorveglianza dello Ior.

Se i cardinali non si accordassero su un Papa giovane, non è escluso che prenda corpo la soluzione “Giovanni XXIII”, un Pontefice più in là con gli anni ma saggio e capace di sorprese.
Forse pensando a Papa Roncalli qualcuno tira fuori il nome del gesuita argentino Jorge Maria Bergoglio, il principale contendente del Conclave che elesse Benedetto XVI.



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