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Vigevani, un lombardiano che sognava una societa’ di liberi ed uguali

Dieci anni fa se ne andava, in silenzio, Fausto Vigevani, uno dei tanti ‘uomini di cultura’ che hanno segnato, con il loro stile di vita sobrio, rigoroso e intransigente con quei valori oggi se non smarriti, certamente sbiaditi, come liberta’, uguaglianza, giustizia sociale, la storia della Cgil, del Psi e della sinistra italiana. Sognare e perseguire l’utopia di una societa’ di “liberi ed uguali”, senza cancellare le diversita’ di ciascuno, e’ stata la loro grande eresia. Proprio per questa eresia e’ piu’ pertinente sostituire subito l’aggettivo ‘tanti’ con ‘pochi’, lasciando invariato il resto: ‘uomini di cultura’ prestati al sindacato e alla politica, dove quasi immediatamente sono risultati scomodi all’establishment. Lo scontro con l’establishment lo si puo’ circoscrivere su un punto fondamentale che vale ancora oggi: se a prevalere nell’azione sindacale e politica debba essere il principio della struttura in quanto tale – il sindacato o il partito – oppure se a prevalere debbano essere quei valori – liberta’, uguaglianza e diversita’, giustizia sociale e socialismo – che in quanto universali riguardano la vita e l’identita’ delle persone che si e’ chiamati a rappresentare. Domani la Cgil ricordera’ uno dei suoi ‘cervelli’ piu’ brillanti, vivaci, autonomi, acomunisti, il socialista riformista Vigevani, un ‘lombardiano senza se e senza ma’. Il solo socialista che nella storia della Cgil, prima di passare nel 1994 alla politica attiva nell’Ulivo, mediante la piccola associazione, Labour, ebbe l’onore di ricevere, da un altro ‘uomo di cultura’, l’allora leader della Cgil, Bruno Trentin, ‘il lombardiano del Pci’, (nella foto con Foa, Santi e Lombardi) il prestigioso incarico di dirigere la Fiom, la potente categoria dei metalmeccanici, dopo aver portato alla ribalta delle  cronache sindacali la categoria dei chimici quale ‘apripista’ nei rinnovi dei contratti di lavoro con ogni volta innovazioni sul salario, l’orario di lavoro, l’ambiente e le relazioni industriali e nei grandi processi di ristrutturazione del settore. Anche se e’ del tutto superfluo dire oggi: ‘uomini di cultura’ come Vigevani e Trentin mancano nella sinistra italiana, non dirlo sarebbe un inaudito atto di vilta’ e di irresponsabilita’. “Riccardo? E’ stata la persona piu’ importante della mia vita: mi sono sempre ritrovato nel suo pensiero, nelle sue proposte, tanto da criticare il mio partito, l’ex-Pci, quando rifiuto’ il suo programma comune delle sinistre […] aveva ragione Riccardo a dire che la questione morale ha un senso solo se riguarda la coerenza tra enunciazione e comportamento, tra quel che si dice e quel che si fa”, fu la risposta di Trentin. Di Vigevani resta indelebile quel che scrisse su Rassegna Sindacale: “Si e’ detto e si e’ scritto che Riccardo con le sue intuizioni aveva ragione con dieci anni di anticipo ma che in politica cio’ significava avere torto e cosi’ si spiegherebbero i suoi ‘fallimenti’ e le sue ‘sconfitte’. Tutto cio’ e’ vero se la storia si scrive sul metro dei vincitori di giornata, delle greche di comando e delle prebende. Ma se si va oltre, non e’ difficile cogliere l’identita’ quasi sempre evidente tra i ‘fallimenti’ e le ‘sconfitte’ di Riccardo con i ‘fallimenti’ e le ‘sconfitte’ della sinistra italiana e dello sviluppo della democrazia in tutto questo dopoguerra. Allora i conti non torneranno piu’! Allora la politica emerge per quel che e’, un qualcosa fatto da uomini per milioni di uomini”. Belle e forti parole dettate da una stima ed amicizia profondissime per chi sognava ‘una societa’ piu’ ricca perche’ diversamente ricca’ cosi’ da poter rispondere non solo alla soddisfazione dei bisogni materiali per una vita decente – un salario, un lavoro, una casa – ma pure ai bisogni ‘non materiali’, la cultura, la conoscenza, lo studio, piu’ tempo libero per se e per gli altri, una migliore qualita’ della vita, indispensabili per permettere “a ciascun individuo la massima liberta’ di decidere la propria esistenza e di costruire la propria vita”. Forse, allora proprio per questo, notava argutamente Vigevani “nemmeno per poche ore i ‘vincitori’ possono permettersi che appaia e resti sulla scena oltre il minimo indispensabile”. E, concludeva, “Riccardo e’ stato e resta un uomo, uno dei rarissimi che ha acceso un credito altissimo nel suo partito, il Psi, nella sinistra intera, nelle istituzioni, anche le piu’ alte: e’ soprattutto questo che nessuno ha inteso prima e intendera’ ora ripagargli per se’ e per la democrazia italiana”. La Cgil di Susanna Camusso con l’evento di domani nel ricordare uno dei suoi migliori ‘cervelli’ inevitabilmente ricordera’ insieme a Lombardi, quel ‘riformista padano’ Fernando Santi che guido’ la Cgil del dopoguerra con Giuseppe Di Vittorio, cui Vigevani e’ stato profondamente legato e che lo spinse giovanissimo all’attivita’ e all’impegno sindacale.


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