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Caro Bersani, ora tocca a Renzi

Il giorno della resa dei conti. Domani si riunisce la direzione nazionale del Pd che tenterà di mettere d’accordo le tante anime (inquiete) all’interno del partito di fronte a quello che Michele Ainis sul Corriere della Sera chiama l’ingorgo delle scelte.

Nonostante gli inviti alla “flessibilità”, ieri quello di Paolo Gentiloni, e le ripetute porte in faccia da parte di Beppe Grillo, Pierluigi Bersani sembra determinato ad andare avanti con il suo piano, “un governo da lui guidato e basato su 8 punti o tutti a casa”.

Ma sarà la strada giusta? Formiche.net lo ha chiesto a Peppino Caldarola, giornalista dalla lunga esperienza, già direttore del quotidiano l’Unità e ora blogger di Lettera 43: “Sarebbe la strada giusta di un programma ma Grillo dirà di no all’accordo. L’obiettivo del leader del M5S è logorare il sistema politico, sperando in elezioni in cui il M5S possa diventare partito di maggioranza. L’inseguimento di Bersani verso di lui non ha molte chance di successo”.

E allora come si esce da questo “stallo messicano” (copyright Maurizio Crozza)?
“Bersani pone un aut un aut tra un suo esecutivo e il voto ma in mezzo c’è anche un’altra ipotesi: un governo tecnicissimo che faccia le riforme, dalla legge elettorale alle misure anticasta e solo dopo si può tornare alle urne”.

Tecnico per tecnico allora non è meglio prorogare il governo di Monti, come ha proposto il professor Paolo Becchi, simpatizzante grillino?
“Escluderei la prorogatio di Monti perché il Professore non rappresenta più i tecnici ma si è trasformato in questa campagna elettorale in un contendente in campo. All’Italia serve invece una figura terza. Il punto è che serve un governo che abbia una base parlamentare che garantisca di poter fare le riforme come il ridisegno del Senato, il dimezzamento del numero dei parlamentari, che affronti il presidenzialismo. In questo caso, l’esecutivo potrebbe durare anche un paio d’anni, in caso contrario meglio un governo di transizione per la riforma elettorale e poi il voto”.

E dentro al Pd ora che dovrebbe succedere?
“La stima per Pierluigi Bersani rimane immutata ma regola vuole che chi ha perso la tornata elettorale debba fare un passo indietro. È giusto che ora Renzi abbia il diritto di provarci”.

Consigli per “Matteo”?
“Renzi ha un problema ed è ciò che non gli ha consentito di vincere le primarie. Nel suo impianto innovatore c’è un punto che sottovaluta e cioè il rapporto con l’elettorato che ha una precedente cultura politica. Se vuole essere leader, deve imparare a essere inclusivo”.

Nel suo blog lei ha scritto che il Pd rischia di venir schiacciato tra la destra e il populismo che nasce a sinistra.
“Il Pd è in una situazione abbastanza drammatica e si riapre l’antico problema su cosa diavolo sia questo partito. C’è un tema di identità che va affrontato con un cambio generazionale, purché non sia una tabula rasa. Altrimenti la prospettiva è un inevitabile declino”.

Cosa è stato sbagliato in questa campagna elettorale?
“È stata sbagliata la campagna stessa, soprattutto quella dell’ultimo mese. Si è pensato che il vantaggio accumulato fosse talmente alto da mettere al riparo dalla contesa. Il Pd è stato poco aggressivo, di una fiacchezza imbarazzante. E poi è prevalsa un’immagine chiusa, quella di un fortino ristretto ai più stretti collaboratori. È il maledetto vizio del cerchio magico che affligge la leadership moderna mentre si dovrebbero prendere ad esempio i partiti americani che hanno team aperti, colti, grintosi”.

Emanuele Macaluso in un’intervista a Formiche.net ha detto che il Pd ha sbagliato a non proporre agli elettori un’alleanza esplicita con il centro di Mario Monti. Condivide?
“C’è un fondo di verità in questo. L’alleanza tra Pd e Sel di Nichi Vendola era un rinnovato fronte popolare ma è stato un limite. Non dobbiamo dimenticare che in Italia la sinistra come tale non vale più del 25-27%. Per questo, al di là di simpatici alleati come Bruno Tabacci, la sinistra deve capire due cose: che da sola non va da nessuna parte. E che ha il dovere di allearsi con un centro vero, come lo è quello di Mario Monti”.

 

 



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