“Anche in Europa, si discute in ogni ambito sulle misure da adottare per contrastare le fake news ed i reati commessi sui social. Nel frattempo la Germania si è dotata di una sua legge di regolamentazione con l’obiettivo di responsabilizzare i gestori. E noi vorremmo seguire il suo esempio”. È quanto ha detto all’agenzia Cyber Affairs la senatrice del Pd Rosanna Filippin, parlando della proposta di legge sulle fake news alla quale sta lavorando assieme al capogruppo del Pd al Senato Luigi Zanda.
Non è stato ancora depositato, ma suscita già dibattito il disegno di legge predisposto dal Partito Democratico “per contrastare la diffusione su internet di contenuti illeciti”. Insomma, le fake news, le bufale della Rete che oltre a danneggiare, sarebbero in grado di influenzare l’elettorato, quel “popolo bue” per definizione della stessa sinistra, che spesso abbocca alle false informazioni diffuse dai social network e che ha portato anche ad uno scontro frontale, come raccontato da Formiche.net, tra M5S e Pd.
A farsi promotore dell’iniziativa è stato il capogruppo del Pd al Senato, Luigi Zanda (nella foto) insieme alla senatrice Rosanna Filippin. Il disegno di legge che Formiche.net ha letto cerca di mettere ordine ad un tema che sta a cuore al segretario del Pd, Matteo Renzi anche se appare chiaro che in questa legislatura, visto i tempi molto stretti, è più un atto di testimonianza che altro.
OTTO ARTICOLI PER REGOLAMENTARE I SOCIAL NETWORK CON OLTRE UN MILIONE DI UTENTI
“L’obiettivo del provvedimento – si legge nel ddl – è quello di limitare fortemente la pubblicazione e la circolazione di contenuti che configurino delitti contro la persona e alcune altre gravi fattispecie di reato che potremmo definire complessivamente come delitti contro la Repubblica. Questi ultimi vanno dall’istigazione a delinquere alla propaganda all’odio razziale, dai reati con finalità di terrorismo ai reati di frode e falsificazione di documenti e comunicazioni informatiche. L’obiettivo è quello di indurre i fornitori di servizi di social network a costruire sistemi, procedure ed organismi di autoregolamentazione e controllo dei contenuti veicolati dalle proprie piattaforme, capaci di contrastare la pubblicazione di contenuti illeciti e di diminuire sensibilmente l’entità e la diffusione dei danni provocati da tali crimini”.
In particolare nel primo articolo si specifica che “la legge si applica ai fornitori di servizi di social network elettronici. È considerato social network ogni piattaforma internet che, a fini di lucro, consente agli utenti di condividere e scambiare qualsiasi tipo di contenuto con altri utenti o di renderlo accessibile al pubblico. Le piattaforme che offrono contenuti giornalistico-redazionali per i quali il fornitore o il gestore dei servizi è direttamente responsabile non sono considerate social network ai sensi della presente legge. Sono altresì escluse le piattaforme elettroniche che forniscono e gestiscono servizi di comunicazione individuale”. E poi individua i delitti che possono essere sanzionabili e riguardano la persona: diffamazione, pornografia minorile e virtuale, prostituzione minorile, minaccia, stalking e trattamento illecito dei dati personali. Poi vi sono elencati anche i delitti contro la Repubblica come la soppressione, falsificazione o sottrazione di atti o documenti che riguardano la sicurezza dello Stato, associazioni con finalità di terrorismo o le offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone.
DOPO IL RECLAMO ENTRO 24 ORE LA FAKE NEWS DEVE SPARIRE
Il secondo articolo analizza la gestione dei reclami, obbligando i social network ad avere a disposizione degli utenti “una procedura facilmente individuabile, direttamente accessibile e permanentemente disponibile”. Questo potrà portare alla rimozione “entro 24 ore dal reclamo” della fake news, salvo i casi in cui il social network abbia concordato con le autorità giudiziarie un termine più lungo per la rimozione o il blocco del contenuto pubblicato. Il fornitore di servizio dve inoltre “conservare il contenuto rimosso come materiale probatorio per un periodo di 10 settimane” e il management del social network assicuri il monitoraggio sulla gestione dei reclami attraverso controlli mensili e la rettifica tempestiva di eventuali carenze organizzative in materia di reclami in entrata. Nel terzo articolo del disegno di legge si disciplina la costituzione e l’accreditamento di specifici organismi di autoregolamentazione (riconosciuti però dal Ministero dello Sviluppo Economico) a cui i fornitori di servizi di social network possono affidare le procedure di gestione dei reclami, mentre l’articolo quattro mette ordine sugli obblighi di comunicazione dei fornitori di reti sociali: quelli che ricevono oltre 100 reclami annui devono produrre un dettagliato rapporto semestrale sulla gestione dei reclami pervenuti.
SANZIONI FINO A 5 MILIONI DI EURO PER CHI SI MACCHIA DEL REATO DI FAKE NEWS
Mentre gli articoli 5 e 6 mettono in rilievo le procedure per tutelare le persone o le istutuzioni danneggiate dalle fake news è nell’articolo 7 del provvedimento che arriva una “rigorosa disciplina sanzionatoria delle infrazioni commesse deliberatamente o per negligenza” dai social network. Si rischia fino ad una multa di 5 milioni di euro: per la mancata, incorretta o incompleta pubblicazione del rapporto semestrale così come la carente predisposizione per la gestione dei reclami sottoposti dagli organismi di reclamo o dagli utenti che hanno la propria residenza o la propria sede sul territorio nazionale. Infine l’articolo 8 del disegno di legge si occupa di norme transitorie per permettere ai social network di organizzarsi adeguatamente.
IL MODELLO TEDESCO SPIEGATO A CYBER AFFAIRS
“Nel momento in cui i social network sono diventati uno dei principali canali attraverso i quali le persone si informano, è evidente che l’esistenza di campagne di ‘disinformazione’ operate da vari soggetti proprio sulla rete diventano un problema per il sistema democratico. Indirizzare l’opinione pubblica in una certa direzione attraverso campagne ben orchestrate può certamente avere riflessi sulla stabilità politica di un Paese. Del resto, vi sono regole per ogni mezzo di comunicazione. Perché i social dovrebbero esserne esenti?”. È quanto ha detto all’agenzia Cyber Affairs la senatrice del Pd Rosanna Filippin, parlando della proposta di legge sulle fake news alla quale sta lavorando assieme al capogruppo del Pd al Senato Luigi Zanda: “Non c’è una risposta sola”, prosegue la senatrice dem. “La strategia per combattere efficacemente le fake news non può che essere complessa. Educazione digitale, trasparenza di siti e dei finanziamenti, riconoscibilità dei soggetti che operano, responsabilizzazione dei gestori ed efficaci sistemi di esame di reclami e segnalazioni”. Per Filippin, per quanto riguarda le fake news, “certamente la soluzione migliore sarebbe l’intervento legislativo a livello europeo. Su un tema così ‘globale’ la risposta deve esserlo altrettanto. Esistono già direttive in materia di trattamento dei dati personali. E certamente, anche in Europa, si discute in ogni ambito sulle misure da adottare per contrastare le Fake news ed i reati commessi sui Social. Nel frattempo la Germania si è dotata di una sua legge di regolamentazione con l’obiettivo di responsabilizzare i gestori. E noi vorremmo seguire il suo esempio”.
L’INTERVISTA DI CYBER AFFAIRS A FILIPPIN
“Censura? Nessuno interviene prima”, sottolinea la senatrice. “Ognuno può pubblicare liberamente ciò che pensa. Ma se poi il contenuto pubblicato configura un reato, ad esempio diffamazione di una persona o minacce o istigazione all’odio razziale, che si fa ? Certo, il soggetto autore del post illecito può essere perseguito, può essere querelato, giudicato e magari anche condannato. Ma nel frattempo il suo post diffamatorio può continuare tranquillamente a circolare? Fermare la condivisione di contenuti illeciti: questo dovrebbe essere il primo dovere del gestore del social network. Mi si dirà: ma allora affidiamo solo ai gestori il ‘giudizio’ sulla illiceità dei post”. Per questo, evidenzia ancora, “nel nostro disegno di legge è prevista una seconda istanza. Cioè una autorità terza ed imparziale a cui possono rivolgersi sia l’utente che non ha ottenuto soddisfazione con il suo reclami sia il social network che non sa come procedere. Per noi è il Garante per la privacy ed il meccanismo utilizzato è già stato introdotto nel nostro ordinamento con la legge sul cyber bullismo. Perché dunque non utilizzarlo anche per altri reati commessi sui social?”.