Grazie all’autorizzazione dell’editore e dell’autore, pubblichiamo l’articolo di Emilio Gioventù apparso sul numero odierno del quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi.
A Napoli un incendio, quasi certamente doloso, distrugge Città della scienza della Fondazione Idis, che ospitava incubatori d’impresa, un centro congressi e un museo con una serie di esperimenti e dimostrazioni dal vivo per far conoscere la scienza a migliaia di studenti. Realizzata nell’area ex Italsider negli anni ’90, su iniziativa di Vittorio Silvestrini, e per volontà di Antonio Bassolino, Città della Scienza era un simbolo della città tanto che il sindaco Luigi de Magistris, in un tweet non esita a scrivere che «oggi (ieri per chi legge, ndr) migliaia di ragazzi e bambini di Napoli si sono svegliati piangendo per la distruzione di Città della Scienza, Napoli è sotto attacco!».
Coloro che bambini non sono legano la città della scienza ai ricordi dell’era bassoliniana. La crescita della struttura di Silvestrini e il rinascimento bassoliniano camminarono infatti di pari passo sul finire degli anni Novanta. I due erano legati dal filo rosso dell’allora Partito comunista. Tanto che non si incorre in errore nel sostenere che la stagione del rinascimento napoletano sicuramente ha avuto anche in Silvestrini e nella sua fondazione Idis un punto di riferimento.
Ci sono stati anni gloriosi culminati con il conferimento, da parte del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a Città della Scienza e Silvestrini di una speciale medaglia commemorativa per il decennale del Science Centre.
Poi, la struttura della Fondazione Idis, controllata dal comune di Napoli e dalla regione Campania, ha conosciuto negli ultimi anni una grave crisi. Una media di 350mila visitatori l’anno e i contributi degli enti locali non sono bastati a difendere quella che era diventata una delle poche oasi felici tra le società partecipate. Per fare fronte ai segnali di crisi si deciso di scorporare Città della Scienza dalla Fondazione Idis. La prima così è diventata una società in house della Regione, in grado di ricevere affidamenti diretti, la seconda, invece, una fondazione partecipata da Regione, Comune e Provincia di Napoli. Per la sua nuova forma giuridica, la fondazione non poteva più ricevere contributi in conto gestione e così la Regione ha deciso di sostenere le attività di divulgazione scientifica finanziando progetti. Non è stato sufficiente tanto che nel 2010 Silvestrini ha lanciato un grido d’allarme: «Città della Scienza è senza fondi: rischia di chiudere». Il presidente della Fondazione Idis ha così sottolineato la necessità di un finanziamento pubblico considerando il deficit nel bilancio della struttura: «Uno stanziamento è stato fatto nel 2008, ma i fondi ancora non sono arrivati». Silvestrini ha spiegato che «la Fondazione Idis-Città della Scienza vanta dalla Regione Campania crediti immediatamente esigibili per circa 7,5 milioni di euro» ovvero «3 milioni per attività di promozione della cultura scientifica svolti nel 2008 nell’ambito di un accordo di programma tra Regione e ministero dell’Università, altri 2 milioni quale contributo istituzionale della Regione per l’anno 2009 emanato con colpevole ritardo solo nel marzo 2010 in attesa del rinnovo dell’accordo di programma per gli anni successivi al 2008; i rimanenti 2,5 milioni di euro, infine, per attività e contratti, con gara, vari». Ha così sottolineato che «alcune di queste risorse, allocate ma mai corrisposte, non solo sono attualmente bloccate, ma anche a rischio di tagli», facendo notare che «cancellando crediti pregressi, derivanti da contratti per lo svolgimento di attività effettuate, rendicontate, approvate dagli uffici regionali competenti e addirittura liquidabili, comporta il mancato pagamento degli stipendi, dei fornitori, delle utenze. Insomma la forzata cessazione delle attività».
Dalla Regione Campania hanno fatto immediatamente sapere che si stava lavorando proprio in quelle ore allo stanziamento di 2 milioni di euro. La difficoltà finanziaria era dovuta di fatto ai ritardi accumulati dall’accordo di programma siglato tra Ministero di Università e Ricerca scientifica e Regione nelle annualità 2006-2007-2008.
La crisi ha avuto conseguenze inevitabili sui bacini occupazionali. Due anni fa 100 dipendenti di Città della Scienza hanno bloccato le vie di accesso alla struttura. C’erano in ballo 3 mensilità arretrate, 8 milioni di crediti maturati e soprattutto il futuro lavorativo.
Non se la passa meglio la società Campania Innovazione. Lo fa capire a chiare lettere lo scorso maggio il presidente Giuseppe Zollo in una audizione alla commissione per la trasparenza e il controllo delle attività della Regione. «Abbiamo 64 dipendenti su circa 80 che sono in fitto di ramo d’azienda», questo «significa che il 31 dicembre 2013 devo restituire questi dipendenti a Fondazione Idis», dice. Da ciò ne deriva «anche un elemento di criticità sul piano finanziario perché il fitto di ramo d’azienda, per una buona parte dei costi, non può essere scaricato sui progetti che la Regione ci affida» e «questo significa che il nostro bilancio viene avvelenato da costi che non sono rendicontabili e che diventano crediti verso la Regione». Il presidente di Campania Innovazione non nasconde la preoccupazione: «Ancora oggi non sappiamo in che modo si chiuderà il bilancio del 2011 né sappiamo ancora come verrà formulato» e poi «c’è il problema della predisposizione del budget 2012».
Zollo non è da solo nella valle di lacrime. « Città della scienza aveva difficoltà finanziarie», dice a fiamme spente Pietro Greco fra i soci fondatori del polo scientifico, «perché vantava una montagna di crediti da parte dello Stato per cose già fatte. Una montagna che non è mai stata soddisfatta e per la quale aveva acceso una collina di debiti che è inferiore alla montagna, ma stava cominciando a divorare la montagna stessa. Paga un pegno all’incapacità dello Stato di soddisfare i suoi impegni». E sottolinea che l’incendio ha distrutto «un pezzo importante della città che dava lavoro, in modo diretto e indiretto, a oltre mille persone».
Sulla vicenda è intervenuto proprio l’ex sindaco e governatore della Campania, Antonio Bassolino: «Napoli è ferita ma non bisogna arrendersi, si deve reagire». Mentre l’attuale primo cittadino partenopeo, de Magistris ha sottolineato che per Napoli ci sarebbe bisogno di un piano Marshall.