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L’intelligence italiana lancerà una campagna cyber rivolta ai giovani

Di Alessandro Pansa
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Signor Presidente della Repubblica, Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, Autorità civili e militari presenti, cari colleghi del Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica, Signore e Signori,

la mia riconoscenza, unita a quella dei direttori delle Agenzie, va anzitutto al Signor Presidente della Repubblica, la cui presenza in questa cerimonia costituisce motivo di immenso onore per le donne e gli uomini che con altissimo senso dello Stato ed ammirevole spirito di servizio operano al DIS, all’AISE ed all’AISI: si deve a tutti loro se l’intelligence è sin qui riuscita ad essere all’altezza dei suoi doveri e delle sfide che le spetta fronteggiare.

Rivolgo altresì il mio ringraziamento caloroso, sempre insieme ai due direttori, al Signor Presidente del Consiglio dei Ministri. Certamente per la particolare vicinanza che egli ha riservato alla comunità intelligence nazionale nel suo esserne responsabile politico, e per essere qui con noi oggi testimone di quest’evento celebrativo dei dieci anni della Legge di riforma degli Organismi informativi. Lo ringrazio anche per quanto ci dirà nell’intervento conclusivo.

Signor Presidente,

La qualità dei Servizi Segreti dipende anzitutto dalla qualità della loro committenza. Una elevata cultura istituzionale dell’intelligence produce un servizio ad alto valore aggiunto, ed alimenta la cognizione di quanto sia importante investire in sicurezza.

E se è orientamento condiviso quello di valutare in termini molto positivi il bilancio del decennio trascorso, lo si deve proprio al fatto che nella costruzione riformatrice trovò espressione una grande scelta culturale, prima ancora che legislativa: quella di emancipare la struttura dall’alveo angusto della cultura della segretezza, per consentirle di operare in un mondo che non si esauriva più nel planisfero delle frontiere fisiche, e che richiedeva una nuova cultura della sicurezza diffusa e partecipata a tutti i livelli, dal circuito istituzionale al tessuto produttivo ed imprenditoriale, dalla comunità scientifica ed accademica alla società civile.

Dieci anni fa i tempi erano maturi a sufficienza per scrivere una nuova pagina, per mettersi nuovamente al passo con l’evoluzione della minaccia. Le strutture sin allora operanti non avevano nel loro DNA tutte le abilità necessarie ad operare con l’efficacia dovuta nell’era della globalizzazione. All’epoca in cui quelle agenzie erano nate e si erano formate ed evolute, la globalizzazione non esisteva, e non aveva ancora esercitato il suo impatto dirompente non solo sulla tecnologia e sulle professioni, ma anche sul modo di pensare degli individui, sulla cultura, sulla postura strategica delle Nazioni, sul significato dell’interesse strategico e sul concetto stesso di sicurezza nelle sue varie accezioni, perciò anche sulla sicurezza nazionale.

Il nuovo carattere globale delle minacce e delle incognite esigeva coerenza ed unitarietà, nel discernimento dei rischi per la sicurezza come nella prevenzione e nella reazione.

Tanto che la forte convergenza, sia politica che tecnica, nella quale si tradusse la volontà di cambiamento ci fa comprendere nitidamente come la nozione di unitarietà del Comparto non fosse semplicemente una costruzione organizzativa, ma una precisa volontà del potere legislativo, rispondente alle consapevolezze maturate. Una nozione allora nuova, oggi patrimonio acquisito e proiettato nel futuro.

Le architravi della nostra Riforma concepite dieci anni fa sono riassumibili in due parole chiave. Il “sistema”, perno ingegneristico ed interpretativo vuoi dell’impianto, vuoi delle successive direttrici attuative della riforma. Il “controllo”, a garanzia di correttezza e di legittimità democratica.

La gittata del provvedimento è misurabile con l’ampia elencazione di interessi alla cui tutela l’intelligence è stata chiamata a concorrere fornendo al Governo il suo supporto informativo. Le finalità delle attività di ricerca attribuite ad AISE ed AISI – e colgo qui l’occasione per ringraziare con profonda gratitudine il direttore Manenti e il direttore Parente – videro ampliarsi il loro spettro, non più limitato alla difesa dell’indipendenza, dell’integrità e della sicurezza interna ed esterna della Repubblica e delle sue istituzioni democratiche, ma esteso agli interessi economici, industriali e scientifici del Paese.

Il controllo fu il secondo muro maestro dell’edificio riformatore, poiché venne concepito ed articolato in termini assai più estesi rispetto al quadro normativo precedente. Si previde nel Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica un soggetto di alto livello politico-istituzionale impegnato nella verifica sistematica e continuativa della rispondenza dell’attività degli Organismi informativi al dettato costituzionale e legislativo ed all’esclusivo interesse della Repubblica.

È nel COPASIR che la riprova quotidiana dell’equilibrio fra sicurezza e libertà, imprescindibile in ogni democrazia, trova il suo alveo fisiologico, e di tanto rendo testimonianza a tutti i suoi componenti, con un ringraziamento vivo per la congiunzione virtuosa fra il rigore nell’azione di vigilanza e lo spirito costruttivo e propositivo che ne caratterizza l’operato.

Ringrazio il presidente e tutti i componenti del Comitato il cui lavoro è un punto di riferimento certo e rassicurante per tutti noi.

La Legge 124 è stata sin da subito messa alla prova, e lo è stata nella sua essenza, vale a dire nell’idea di approccio integrato alle diverse minacce alla sicurezza nazionale. E, se vi è una dimensione che più delle altre presuppone una risposta organica, è quella della sicurezza cibernetica, che pertanto ha sostanziato, giocoforza, l’ambito naturale di verifica della riforma, in particolare su due terreni: da una parte, il binomio fra solidità e flessibilità al cambiamento dell’impianto legislativo; dall’altra, l’amalgama di strumenti, professionalità e sinergie istituzionali che tale impianto postulava.

Quanto al primo aspetto, lungo un sentiero attuativo marcato da un tasso altissimo di condivisione delle decisioni legislative e regolamentari, che ha visto il COPASIR svolgere il suo ruolo consultivo in maniera straordinariamente feconda, tappa cruciale è stata quella di metà percorso, allorché il provvedimento del 2007 è stato affinato e completato al fine di rafforzare le attività di informazione a tutela delle infrastrutture critiche e della sicurezza informatica.

Grazie alla pietra miliare rappresentata dalla Legge 133 del 2012, già l’anno dopo è stato possibile disegnare una prima architettura nazionale, con un Decreto del Presidente Monti al quale va ascritto il merito di aver fatto nascere la consapevolezza della portata della minaccia cyber. Da quella esperienza siamo ripartiti per mettere a punto, quest’anno, un nuovo Decreto col quale il Presidente GENTILONI ha disegnato un’architettura per la cyber security vera e propria nonché disposto l’ulteriore, ampio ammodernamento della filiera di reazione, dettato dalle evoluzioni travolgenti intervenute nel frattempo, che hanno reso abnorme l’asimmetria tra la facilità di accesso alla rete e la difficoltà della sua difesa oltremodo onerosa.

Peraltro, e vengo alla seconda pietra di paragone del testo normativo oggetto oggi di celebrazione, la velocità delle trasformazioni è destinata a costituire la cifra più autentica del futuro che ci attende.

Merita evidenziare che, per rispondere a dinamiche di questa magnitudine, il connubio fra l’uomo e la tecnologia è certamente essenziale, ma a condizione di non dimenticare mai che il fattore umano, che nel gergo specialistico si definisce “humint”, sarà sempre quello decisivo.

Gli investimenti in tecnologia rimarranno fondamentali, ma spetterà ai professionisti del Comparto intelligence avvalersene con il dovuto bagaglio di competenze ed abilità. Servirà sempre di più, allo scopo, un sapere trasversale e multidisciplinare, tenuto conto che cambierà, sì, la tecnologia, ma, come accaduto più volte sin dall’89, cambierà anche la geopolitica, segnata come è da crisi continue e da fattori di instabilità inediti, che già oggi ci impegnano intensamente.

L’uomo, dunque, al centro di tutto, a cominciare dal nostro impegno costante su un duplice versante: da un lato la formazione, dall’altro la promozione di una cultura della sicurezza generalizzata e sempre più matura, commisurata all’era del web e dei social media.  Sottolineo, al riguardo, che la decisione di far coincidere la memoria del decennale con l’apertura dell’Anno Accademico della Scuola di Comparto riveste proprio questo significato.

Abbiamo consacrato il nostro incontro ad un bilancio condiviso di questi dieci anni, ricorrenza che meritava di essere onorata. Al riguardo, tengo, fra le varie iniziative, a sottolinearne in particolare una, di elevatissimo valore simbolico e destinata a rimanere a futura memoria, ossia l’emissione del francobollo commemorativo che vedete alle mie spalle, il cui cromatismo e le cui linee evocano sia l’essenza dello spirito riformatore, che il valore di quanto è stato sin qui fatto e la dedizione della comunità intelligence grazie alla quale è stato possibile conseguire i risultati importanti sui quali ci stiamo soffermando oggi.

Naturalmente è all’avvenire che intendiamo ora guardare, forti dell’esperienza maturata. Se è infatti chiaro a tutti noi dove eravamo prima e dove siamo potuti arrivare grazie alla riforma, deve essere altrettanto chiaro dove dovremo andare.

L’imperativo, per le donne e gli uomini dell’intelligence, è quello di proseguire con coerenza e determinazione nel cammino che ieri li ha visti gestori di segreti, oggi li vede professionisti della sicurezza, domani, e più che mai, li dovrà vedere cittadini del mondo, compreso quello virtuale. È a tutti loro che rivolgo il mio ringraziamento personale perché è merito loro se al Comparto viene riconosciuto un ruolo importante nel rendere l’Italia un Paese sicuro e li vedrà ancora protagonisti nelle sfide alla sicurezza che il futuro ci riserva.

Proprio su questo futuro, che nasce da una realtà nuova, innovativa e complessa, che fra poco ci intratterrà il Prof. Mario Rasetti, che ringrazio di cuore per avere accettato di intervenire oggi per illustrarci gli innumerevoli risvolti della rivoluzione digitale. Professore Emerito di Fisica Teorica presso il Politecnico di Torino, Presidente della prestigiosa Fondazione ISI, il Prof. Rasetti incarna a perfezione, se mi si permette un ossìmoro solo apparente, la figura del “visionario rigoroso”. Il filo conduttore della sua attività di ricerca è il concetto di complessità, che egli ha continuamente ampliato ed approfondito, talché abbiamo fortemente voluto che fosse lui a tenere la prolusione per questo decennale.

Le sue parole e il suo contributo di pensiero sono essenziali affinché l’intelligence faccia la sua parte rivolgendosi al terreno più fertile: quello delle menti dei giovani, ai quali la blogosfera offre una sconfinata prateria di libertà. La vivono, giustamente, come terreno d’elezione del loro essere “cittadini digitali”, come grande conquista del nostro tempo, dalla quale dipenderà il loro domani, e dalla quale non si torna indietro. I giovani debbono essere incoraggiati nella loro fame di futuro, che spetterà comunque ai “nativi digitali” costruire. Allo stesso tempo, è fondamentale che essi siano utenti consapevoli delle nuove tecnologie, che sviluppino autonome capacità di giudizio, ed anche, quando necessario, di autodifesa. Il web, i social, i sistemi di comunicazione relazionale che vengono utilizzati portano con sé un numero consistente di insidie e la mancanza di regole e di controlli – peraltro ben difficili anche da concepire – lo rendono un mondo ad altro rischio per chi non è ben attrezzato alla navigazione e non è ben consapevole di cosa stia accadendo. Consapevolezza: questa oggi è una parola chiave per la sicurezza, perché più consapevolezza vuol dire più libertà.

A tale scopo, il sistema di sicurezza nazionale, in collaborazione col mondo della ricerca, si accinge a lanciare una nuova iniziativa: la prima campagna nazionale cyber rivolta ai giovani. Ne seguirà una seconda indirizzata alle piccole e medie imprese. Vi lascio ora alla visione di un breve video che, meglio delle mie parole, ne rende il significato e l’ambizione. Due testimonianze d’eccezione introdurranno la versione integrale dello spot televisivo rivolto ai giovani.

Grazie ancora a tutti.

 



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