Mentre l’Austria, che ha votato a metà ottobre, dovrebbe già prima di Natale annunciare la costituzione del nuovo governo, a Berlino a quasi tre mesi dalle elezioni si è ancora in alto mare. Certo, si potrebbe dire che almeno un passo avanti è stato fatto. I vertici dei socialdemocratici si sono dichiarati disponibili a confrontarsi con l’Unione (Cdu e Csu) sulla possibilità di formare per la terza volta una grande coalizione, e la maggioranza dei delegati socialdemocratici, al congresso del partito ha votato a favore.
Ma è solo un primo passo, al quale già dopodomani, mercoledì, quando i vertici dei tre partiti si incontreranno, potrebbe non seguirne un altro. I segnali di un possibile brusco risveglio ci sono già.
Durante il congresso Spd di settimana scorsa a Berlino, il leader Martin Schulz ha posto precisi paletti circa un accordo di governo, paletti che non sarebbero (il condizionale è sempre d’obbligo) trattabili. Tra questi c’è la riforma della contribuzione sanitaria alla quale Schulz vorrebbe che in futuro contribuissero tutti i cittadini. L’ex presidente del Parlamento europeo ha inoltre puntato sull’importanza dell’Ue e sul ruolo che la Germania insieme alla Francia, ovviamente, deve avere nel riformarla perché sia al passo con i tempi e diventi un interlocutore importante sullo scacchiere internazionale. Da qui la sua visione degli Stati Uniti d’Europa che vorrebbe si realizzasse entro il 2025. Infine, Schulz ha tenuto a sottolineare di essere disponibile “ad aprire un confronto con l’Unione, ma questo non vuol dire aver automaticamente detto di sì alla grande coalizione o a qualsiasi altro tipo di accordo”. Non vi sarà alcun automatismo, ha assicurato Schulz dal palco prima di promettere che ad essere decisivi saranno “prima i contenuti e poi la forma”.
Nessuna certezza dunque, eppure l’apertura dei socialdemocratici – dopo i due no a una nuova grande coalizione pronunciati da Schulz la sera stessa delle elezioni e poi all’indomani del fallimento delle trattative per costituire una coalizione Giamaica (Unione, Verdi e liberali dell’Fdp) – è stato come il segnale di partenza. Se fino a quel momento gli altri partiti si erano come imbavagliati, nessun commento, nessuna dichiarazione veniva rilasciata, semmai solo tentativi – a volta quasi imbarazzanti – di ingraziarsi il socialdemocratico di turno ospite di talk show, chiusi i battenti del Congresso Spd si è scatenata un vera e propria gara a chi poneva i paletti più alti ai, chi cassava i punti non trattabili indicati da Schulz.
Giusto per non dare l’idea di essere ormai rassegnati ad accettare qualsiasi compromesso, il capogruppo parlamentare dell’Unione Volker Kauder e il ministro dell’Interno Thomas de Maizière hanno fatto sapere ai socialdemocratici che l’accordo non sarà a qualunque prezzo. Julia Klöckner, membro del direttivo Cdu, ha messo a sua volta in guardia i socialdemocratici dal non esagerare con le richieste, mentre Jens Spahn ha fatto sapere che mal che vada, si potrebbe prendere in considerazione l’idea di un governo di minoranza. Peccato che questa alternativa non sia gradita alla Kanzlerin, mentre e i Verdi gli facevano sapere a stretto giro di dichiarazioni, che no, loro sarebbero più disposti a far da cavalier servente.
Tra le richieste irricevibili formulate da Schulz la riforma del sistema sanitario, ma prima ancora l’idea degli Stati Uniti d’Europa. Il ministro del Land Sachsen Anhalt – il cristiano-democratico Reiner Haseloff – in un’intervista al sito online del settimanale die Zeit gli ha replicato che non è proprio tempo di fare “esperimenti insensati”. A parte il fatto, ha aggiunto Haseloff “che i socialdemocratici sanno benissimo cosa possono e cosa non possono avere da noi”. E tra le cose che non potranno avere c’è anche la questione del ritorno al ricongiungimento familiare più o meno automatico anche per chi ha ottenuto solo protezione sussidiaria. Una questione sulla quale l’Unione era riuscita a trovare già un accordo con i Verdi nei precedenti discorsi esplorativi.
Sempre riguardo all’idea degli Stati Uniti d’Europa, interveniva poi l’attuale ministro della Difesa, la cristianodemocratica Ursula von der Leyen, la quale più diplomaticamente nel talk show Berlin direkt ha osservato: “E’ una visione bellissima… Ma una visione che forse si avvererà per i miei nipoti (…) mentre Schulz la vuole trasformare in una marcia forzata. (…) Solo che così non si rimettere in piedi l’Ue e non si riguadagna fiducia e interesse per la causa europea”. Insomma l’Unione mostra i muscoli, per non dare proprio l’idea di essere disposta a concedere tutto.