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Tamburrano: Un errore il Fronte Popolare del 1948

“Un Psi cosi’ non ha ragione di esistere”. Pronunciata il 30 giugno 1984, ossia dieci anni prima di Tangentopoli, ai piu’ apparve la solitaria profezia di un presbite, come era vissuto, dentro e fuori il Psi, Riccardo Lombardi. Profezia avveratasi con dieci anni d’anticipo! Tanto che da allora il Psi non ha piu’ contato nel confronto culturale e politico del Paese: e oggi quel che resta del glorioso Psi e’ stato messo in liquidazione. Questo ha deciso il ‘mini stato maggiore’ del minuscolo Psi di Riccardo Nencini: ossia cambiare ‘la ragione sociale’ del Psi, vale a dire lo scioglimento o la liquefazione nel Pd. Nel 1974, al ‘compromesso storico’ di Enrico Berlinguer, Lombardi replico’ con un secco ‘no’ e cosi’ lo motivo’ “sia il compromesso storico che l’alternativa socialista per vincere hanno bisogno di un programma comune”. Non solo, ma senza ‘un programma comune’ Pci e Psi sarebbero andati incontro alla sconfitta. Sono state le vicende storiche a dare ragione a quel visionario e presbite che si era formato, all’epoca dello spietato fascismo, nella cultura ‘giellista’ prima ed ‘azionista’ poi senza trascuare quei minuscoli ‘marxisti eretici’, messi alla porta dal Pcd’I – da Antonio Gramsci ad Angelo Tasca, a Giuseppe Di Vittorio – prima di portare la sua cultura ‘riformatrice’ nel Psi che lo spinse a battersi contro il ‘Fronte Popolare’ del 18 aprile ’48, orchestrato con maestria dal ‘cinico e freddo’ Palmiro Togliatti. Dall’autore della ‘svolta di Salerno’ del ’44, il governissimo con il Re, del famigerato decreto di amnistia per i reati commessi dai fascisti, del voto favorevole all’.7 della Costituzione da cui prese il via il ‘catto-comunismo’ che ha dominato tutto il ‘900, impedendo ogni riforma radicale del sistema ereditato dal ventennio clerico-fascista. “Il Fronte Popolare e’ stato un grosso errore: oggi la sinistra paga la mancanza di egemonia culturale, di memoria gramsciana, per cui di fronte alla crisi del capitalismo invece di introdurre gradualmente elementi di socialismo resta inerte e succube di Mario Monti”, ha osservato lo storico Giuseppe Tamburrano, nel corso della presentazione del libro di Elisabetta Amalfitano ‘Dalla parte dell’essere umano. Il socialismo di Rodolfo Mondolfo’ (ed. L’Asino d’oro). E se c’e’ stato ‘il boom’ del M5S di Beppe Grillo, e’ perche’ “la societa’ civile si e’ sentita esclusa, non rappresentata dai partiti, o meglio dalle logiche e dagli apparati di partito e, per reazione, ha utilizzato quel canale contro la politica: a sinistra non ha fatto difetto tanto la capacita’ di far previsioni ma di vedere quel che succedeva nella societa’”, ha poi aggiunto il filosofo ‘comunista eretico’, Giacomo Marramao. Insomma, dal voto il fallimento dei due vecchi partiti storici del ‘900, Pci e Psi, era stato ampiamente previsto da Riccardo Lombardi: unita’ si’, ma nella diversita’, ciascuno con la propria identita’ culturale e politica. Si e’ ancora fermi alla visione ‘togliattiana’ della politica: ossia ‘adattare’ la strategia – come la nota ‘via italiana al socialismo’ tradottasi nel consociativismo catto-comunista – alla situazione data e non al ‘radicale  cambiamento’ dello status quo, che richiede qualcosa che infrange e rompe il ‘principio’ del partito per il prevalere di valori, come liberta’ e uguaglianza, riformismo e laicita’, che fanno “il socialismo umano”, come sostenevano Mondolfo e lo stesso Lombardi, i fratelli Rosselli e Piero Gobetti, fino al ‘nuovo’ Gramsci – proposto da Carmine Donzelli e Franco Lo Piparo – depurato dalle ‘lenti deformate’ di Togliatti e dei suoi nipotini. Come Giuseppe Vacca: “Togliatti e’ stato un grande politico, Gramsci resta un illuminista. Capito?”. O come Massimo D’Alema che nell’ultima direzione del Pd per teorizzare la necessita’ del ‘compromesso’ – o dell’inciucio – e’ ricorso a Gramsci che diceva: “la paura dei compromessi è una forma di subalternità culturale”. Ma Gramsci si riferiva al ‘compromesso’ con le forze democratiche e progressiste con cui dar vita alla ‘Costituente contro il fascismo’. D’Alema al ‘compromesso’ con la ‘destra’, che, si e’ quasi dispiaciuto, oggi non e’ possibile: “non dobbiamo essere noi ad alzare uno steccato. Lo steccato sta lì, nella guida della destra, lo steccato è Berlusconi”. Seguito da un intellettuale e studioso di Giordano Bruno – che e’ stato vittima dell’oscurantismo fascista di Roberto Bellarmino, cardinale fatto santo – Michele Ciliberto che sull’Unita’ scrive: “la formazione di una nuova destra – con la quale poter affrontare la riforma del nostro sistema politico, specie in una fase di profonde trasformazioni come questa – è una questione di carattere nazionale”.


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