Con la fissazione della data del conclave, il cui inizio è previsto per domani pomeriggio, è oramai quasi tutto pronto per l’elezione del successore di Benedetto XVI. I cardinali si godono gli ultimi momenti di “libertà” prima di venire chiusi nella clausura della residenza di Santa Marta celebrando la messa domenicale nelle parrocchie romane di cui sono titolari. Nel frattempo su tutti i giornali italiani e internazionali impazza il “toto-papa”: Scola, Scherer, Dolan, Ouellet, Turkson, Schonborn sono alcuni tra i nomi più ricorrenti. Ma, come sempre, e come vuole la Chiesa, sarà lo Spirito Santo a scegliere il nuovo Papa. E guardando alle diverse idee dei 115 cardinali che si riuniranno in conclave, lo Spirito Santo avrà parecchio da fare.
Un papa nero?
Secondo i bookmaker inglesi, sarebbe il cardinale ghanese Peter Turkson uno dei maggiori candidati a succedere a Benedetto XVI. E potrebbe quindi essere il primo Papa nero nella storia millenaria della Chiesa. Lui stesso sembra esserne conscio: “La maturazione dei tempi per un cardinale africano dipenderà eventualmente dalla scelta dei cardinali elettori che entreranno in Sistina. L’Africa certo è un continente importante per il cattolicesimo ma lo è anche l’Asia”. Qualche giornalista, poi, prova a fare un paragone tra il primo presidente di colore nella storia degli Stati Uniti e il primo (possibile) Papa nero. E Turkson non si tira indietro: “E’ possibile che magari tra i cardinali elettori vi sia un’ispirazione simile a quella che hanno avuto gli americani, tuttavia lo scenario ecclesiale è ben diverso. L’elezione del Papa non è un processo elettorale, fatto di exit poll ma qualcosa di più grande e alto”. Anche il cardinale sudanese Zubair Wako pensa all’ipotesi di un Papa nero, ma è più cauto: “Non so cosa ne pensa lo Spirito Santo, ma lo capiremo. Non bisogna avere fretta, mancano ancora pochi giorni per il conclave”.
Meglio rimanere in Europa, se non addirittura in Italia
Non sono molti, però, i cardinali a credere nella possibilità di un Papa nero. C’è chi, ad esempio, come il cardinale Velasio De Paolis, guarda con interesse e speranza alla possibilità di un pontefice europeo: “In conclave voterò guardando alla persona, non alla sua provenienza. Però, nonostante la sua crisi di fede, l’Europa ha ancora moltissimo da dare alla Chiesa: è una preziosa miniera di spiritualità sconosciuta alle statistiche”. L’Europa conserva radici cristiane, il suo contributo è fondamentale”. E alla domanda se il nuovo Papa possa essere italiano, De Paolis risponde: “la decisione va presa senza guardare da dove proviene il candidato. Certo è che l’Italia, e l’Europa, hanno potenzialità pastorali e spirituali di straordinaria ricchezza”. Sulla stessa linea anche il cardinale australiano George Pell, già presente al conclave del 2005: “Il Papa è il Vescovo di Roma e non penso che sarebbe una buona cosa lasciare la Chiesa senza un Papa italiano per così tanti anni. Penso che i candidati italiani competenti abbiano tutti un lieve vantaggio in conclave”.
Un Papa globale
Per alcuni porporati chiamati a scegliere il successore di Benedetto XVI, però, la nazionalità del futuro pontefice non conta. Il cardinale portoghese Saraiva Martins (che in realtà non entrerà in conclave avendo già compiuto gli 80 anni richiesti dal diritto canonico ma che rientra, senza dubbio, nei “grandi elettori”) ritiene che “la Chiesa non ha colori. Non è bianca occidentale, nera africana o gialla asiatica. La Chiesa cattolica è universale”. E’ anche il cardinale spagnolo Vallejo a respingere l’idea che la nazionalità possa giocare un ruolo chiave in conclave: “credo che nell’invito ai fedeli di lingua ispanica a pregare per lui e per il suo successore, pronunciato da Benedetto XVI, non vi fosse la volontà del Santo Padre di riferirsi ad eventuali candidati spagnoli o latinoamericani. Aspiranti a succedergli sono tutti i sacerdoti battezzati nella Chiesa cattolica”. Più diretto il cardinale italiano Versaldi, da pochi giorni commissario dell’IDI: “il criterio della nazionalità non solo è insufficiente, ma anche deviante. Il criterio che deve guidare i cardinali è la idoneità ad assumere il ministero universale della Chiesa, indipendentemente dalla provenienza del soggetto”. La pensa così anche il cardinale sudamericano Maradiaga: “La provenienza geografica non ha nessuna importanza, la Chiesa non ha colore. Non è bianca, nera, gialla, africana, asiatica, europea. Il nuovo Papa può essere di qualsiasi colore”.
Serve un Papa giovane?
E’ stato lo stesso Benedetto XVI che, involontariamente, ha dato alcuni suggerimenti ai porporati: serve un Papa con vigore fisico e d’animo. Quindi, sottinteso, un Papa giovane. Ma come la pensano i cardinali che tra poco si riuniranno in conclave? Secondo il cardinale australiano Pell “il fattore età è sempre un fattore importante. Secondo me è improbabile che sceglieranno qualcuno di 77 o 78 anni. A mio parere è anche improbabile la scelta di un cardinale troppo giovane perché penso che cambiare un pontificato ogni 10, 15 o 20 anni sia una cosa positiva”. Per il portoghese Saraiva Martins, invece, servirebbe un Papa giovane: “Ci vuole un Papa giovane che sappia parlare ai giovani, interpretare la loro sensibilità che è grande, assecondare la gioia che mostrano per la vita, arricchirli nel percorso di scoperta della fede e valorizzarli nella passione per il prossimo. So bene, però, che l’anagrafe non è il criterio prevalente nella scelta del nuovo pontefice ma credo che il conclave discuterà anche di questo”. L’età non conta, invece, per il cardinale italiano Lajolo: “Lo si deve scegliere perché è capace. A quel punto che viva e che guidi la Chiesa il più a lungo possibile. E poi, col precedente di Benedetto XVI, se a 80 anni non se la sente più potrà rinunciare”. Va nello specifico, invece, il cardinale Tauran. Secondo il “diplomatico” francese, infatti, il nuovo Papa potrà avere “più o meno 65 anni, anche 70 anni, se in buona forma fisica”.
Quale profilo per il nuovo Papa?
E’ la domanda che i cardinali elettori si faranno una volta entrati nella Cappella Sistina: quali qualità deve possedere il nuovo Papa? Ha le idee chiare il cardinale De Paolis: “Dobbiamo scegliere chi possa guidare al meglio la Chiesa e servire la causa della fede, non chi abbia una presa maggiore sui mass media o una più accattivante immagine esterna. La Chiesa è il prolungamento di Gesu’ nel tempo, quindi i contenuti prevalgono sulla forma”. Secondo l’arcivescovo di Vienna Schonborn, il nuovo Papa non deve essere troppo diverso da Benedetto XVI: “Servono le stesse qualità che hanno portato all’elezione di Ratzinger, ovvero la capacità di avvicinare gli uomini alla strada che porta a Dio, di distinguere i pilastri della fede dal contorno, di testimoniare anche attraverso i media, di entusiasmare”. Per il cardinale francese Poupard il nuovo Papa “dovrebbero essere bilingue, ovvero parlare il linguaggio di Dio e quello degli uomini”. Non dovrà essere, secondo il cardinale Lajolo, un Papa proveniente dalla diplomazia: “Non voterei un cardinale col mio stesso profilo. Serve un pastore d’anime, che abbia slancio ed energia e sia figura con un peso internazionale”. Per il cardinale Napier, poi, “la caratteristica determinante è che abbia la saggezza e le energie per affrontare le sfide che attendono la Chiesa in ogni angolo del pianeta” mentre per il porporato americano O’Malley, uno dei veri candidati alla successione, “serve un uomo di fede profonda, che sia in grado di toccare i cuori dei giovani, e di continuare l’opera della nuova evangelizzazione”.
Io Papa? No, grazie!
Anche i cardinali leggono i giornali. Molti di loro leggono il proprio nome nella rosa dei possibili successori di Benedetto XVI. E non mancano, quindi, di allontanare da loro questa possibilità. Tra questi vi è il cardinale ghanese Turkson, che potrebbe essere il primo Papa nero: “Mi fanno tutti questa domanda e io rispondo sempre allo stesso modo. Ogni cardinale è candidato e posso garantirvi che tra di noi non vi è alcuna lobby”. Meno diplomatiche le risposte dei cardinali statunitensi che rientrano nella lista dei “papabili”. Un giornalista, che ha chiesto all’arcivescovo di New York Dolan cosa pensasse del fatto che il suo nome era nei papabili, si è sentito rispondere: “Chi mi vede favorito per salire sul trono di Pietro ha fumato marijuana”. Mentre il cappuccino O’Malley, quando sente parlare di una sua possibile elezione, parla di “Alice nel Paese delle meraviglie”. Esclude in maniera categorica una propria elezione al soglio pontificio il cardinale italiano Lajolo: “Non so se esiste in matematica, ma dico che le probabilità sono pari allo zero assoluto”. Più sobrio, invece, uno dei grandi favoriti, il cardinale canadese Marc Ouellet: “Devo tenermi pronto. Non è possibile non pensare alla possibilità dopo aver letto così tante volte il mio nome sui giornali. E’ una cosa che mi fa riflettere. Mi fa pregare. Mi spaventa per il peso del compito”.