Esame di coscienza
Voglio buttare là qualche pensiero controcorrente. Sono contentissimo del nuovo Papa e anche di qualche segnale che sta dando. Ma mi sento in dovere di sottolineare qualche attenzione necessaria.
Premessa uno: la Chiesa è composta da uomini, e come tale fallibile (basti ricordare i primi dodici scelti da Gesù stesso), e sicuramente sta vivendo dei problemi e ha bisogno che si metta mano a certe questioni aperte.
Premessa due: il cattolico è tenuto prima di tutto alla propria conversione, all’esame di coscienza, a capire quando non fa abbastanza bene e cosa può fare di più e di meglio; deve guardare alla trave nel proprio occhio e deve porgere l’altra guancia.
Ciò detto, e se le riforme di cui ha bisogno la Chiesa non fossero quelle che certa opinione pubblica occidentale invoca?
Abbiamo potuto tutti apprezzare la semplicità di Papa Francesco, ma spero che potremo presto comprenderne il vero significato e la vera forza. La Chiesa forse deve affrontare certe problematiche e certe riforme per essere di più se stessa, per spingersi sempre più avanti sulla via del Signore, non per cedere alle mode del tempo.
Sono sicuro che questo è esattamente lo spirito del nuovo Pontefice, e che in questo sia in piena condivisione e continuità con i suoi grandi predecessori. Ma non vorrei che ci fossero fraintendimenti. Non credo che la rinuncia alla croce d’oro o all’auto ammiraglia possano voler dire che chi prima le usava sbagliasse. Si scoprirà anche che certe cose (non è detto proprio queste) sono necessarie per tanti motivi, e che ciò che all’apparenza può sembrare un di più, in certe circostanze diventa invece un elemento assai utile.
Strumenti in funzione dell’amore di Cristo per l’uomo
Che si voglia dare un senso di maggiore semplicità è un bene. Senza buttare il bambino con l’acqua sporca. Ci sono molte cose che sono poi funzionali a tanti aspetti non secondari. Certo, il centro deve essere Cristo e l’amore per l’uomo, ma senza dimenticare che per esercitare l’amore per l’uomo servono degli strumenti.
Un’incosciente pressione esterna a volte vorrebbe che si buttasse tutto all’aria, che la Chiesa cedesse alle richieste populistiche e superficiali di chi non ha alcun interesse a capire. L’esempio più facile (e quello che meno mi sta a cuore) è quello del denaro, dello IOR e di ciò che è connesso.
La cosa fondamentale è che il denaro sia al servizio della missione della Chiesa (anche Gesù aveva un tesoriere), che si faccia il massimo sforzo di trasparenza, che ci si faccia guidare dalla carità.
Quali siano gli strumenti giusti (IOR o non IOR) è secondario, è da capire di volta in volta, e sapendo che bisogna essere sempre vigili perché certo ci possono sempre essere uomini corrotti o comunque sbagliati anche dentro la Chiesa. Questo è senz’altro un problema aperto.
Nella Chiesa ci sono molte vocazioni alla povertà anche radicale, e un esempio è proprio san Francesco, ma questa non è mai stata né poteva essere una vocazione universale: conta la povertà di spirito, non la miseria. Solo dei fanatici, degli illusi o qualcuno in malafede possono pensare che la Chiesa si occupi solo di spirito e non utilizzi denaro: quanto bene in meno ci sarebbe senza gli sforzi della Chiesa!
Il vero Francesco
Ma il punto non è solo economico e non è neanche solo morale. Il punto è che la Chiesa di Papa Francesco spero sia sempre più francescana. Ma non nel senso edulcorato e falsato che si dà di questo termine.
Ho motivo di pensare con molti storici che Francesco di Assisi, pieno di amore e misericordia infinita, fosse anche un uomo dal carattere “spigoloso”, non certo uno che si piegava facilmente, uno che non transigeva né sulla dottrina né sull’amore e il rispetto (anzi l’obbedienza) verso la Chiesa.
La Chiesa deve autoriformarsi oggi come ha sempre dovuto fare, ma lo deve fare con la schiena dritta, con la coscienza a posto, con la ferma serenità che le viene dalla fede. Vale a dire: la Chiesa non si deve sentire all’angolo, in crisi, in dovere di giustificarsi e adattarsi rispetto al “mondo”. Perché non lo è.
La Chiesa è viva, ha avuto grandi pontefici e ha fatto grandi scelte, ha compreso il mondo prima degli altri e continua a guidarlo e ad anticiparlo. Può e deve fare tutti i mea culpa che la propria coscienza le impone, ma rispetto alla propria strada in Cristo, non rispetto ai giochi mediatici-politici-finanziari di altri.
Porgere l’altra guancia ma non chiudere la bocca
La Chiesa deve giocare all’attacco, col sorriso e la semplicità del nuovo Papa in continuità con la forza timida e il rigore teologico di Benedetto XVI e con il grande carisma di Giovanni Paolo II. Deve andare incontro all’uomo portando con sempre più forza e convinzione il suo messaggio, tutto intero, senza sconti. Un messaggio di gioia e di speranza, ma che è anche scomodo. Deve farlo sforzandosi di essere ogni giorno sempre più credibile e quindi cavando dal proprio corpo le inevitabili imperfezioni umane che danno scandalo. Le questioni della pedofilia e del denaro su tutte. Ma sapendo che quei gravi problemi prima di tutto sono nati da una fede debole, non certo dalla coerenza di fede. E in secondo luogo che a scagliare la prima, la seconda e le altre pietre sono spesso realtà che non cercano la verità.
La Chiesa deve mantenere la forza di farsi giudicare severamente dalla propria coscienza e in base a questo avere il coraggio di intervenire con decisione dove serve, deve anche accettare apertamente il confronto con l’opinione pubblica, ma non deve avere soggezione dei processi mediatici e delle linee dettate da qualche opinion maker. Deve togliersi la trave dall’occhio, ma non legarsi le mani.
Deve porgere l’altra guancia ma non chiudere la bocca. Per questo servono, oggi come ieri, riforme, e oggi come ieri saranno fatte, ma nelle serena fiducia dei propri mezzi, in fede, speranza e carità. E devono essere riforme non rivoluzionarie, ma reazionarie: nel senso che non serve una Chiesa nuova imposta dai dettami esterni, ma serve una Chiesa vera che ogni giorno cerchi e ritrovi se stessa alla luce di Cristo, usando tutto l’equilibrio e gli strumenti necessari.