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Concertare non stanca. Il caso del contratto chimico-farmaceutico

Un contratto innovativo, frutto della collaborazione tra imprese farmaceutiche e chimiche e organizzazioni sindacali. Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria, commenta così, in un’intervista a Formiche.net, la firma del rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro per gli addetti all’industria chimica, chimico-farmaceutica e delle fibre chimiche. Un accordo frutto dell’intesa tra Farmindustria e Federchimica e tutte le componenti sindacali di settore, Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil, Ugl Chimici, Failc-Confail, Fialc-Cisal.

Un ottimo risultato

“Per noi si è trattato di un rinnovo importante perché viene in un momento di grossa difficoltà del settore – dichiara Scaccabarozzi -. Il nostro mercato è in sofferenza, come dicono gli indici di produzione e abbiamo avuto nel 2012 dal governo quattro norme in pochi mesi che ci hanno penalizzato. Gli indici di produzione, sempre positivi in passato, ora toccano il segno meno”. Serviva quindi l’assunzione di “una grande responsabilità, che nasce da lontano, dallo scorso settembre, quando abbiamo firmato in soli quattro giorni un’intesa preliminare che doveva portare al rinnovo contrattuale”.

Il presidente di Farmindustria giudica l’accordo positivo sia per i contenuti, che per i modi e i tempi nei quali è maturato. Se per questi ultimi, Scaccabarozzi sottolinea la velocità con la quale si è giunti all’intesa, per quanto riguarda i contenuti “vorrei ricordare l’aspetto che riguarda l’assunzione dei giovani e la possibilità di ampliare il contratto di apprendistato. Inoltre, e questo per me è un altro punto importante, il progetto Ponte, che riguarda sia il lavoro senior che quello junior. Oggi si va in pensione sempre più tardi – spiega -, e con il progetto Ponte il lavoratore senior può ridurre il carico di lavoro per consentire il subentro di un lavoratore junior. Infine, segnalerei la possibilità di derogare al contratto nazionale” e le misure sulla flessibilità, aspetto trasversale e direi quasi indispensabile per le aziende farmaceutiche. Il riferimento è alla flessibilità organizzativa all’interno degli stabilimenti produttivi e alla opportunità di avvalersi di forme contrattuali a loro volta flessibili, come ad esempio  modulando l’orario di lavoro alle concrete esigenze aziendali, utilizzando il telelavoro, la somministrazione, il part-time in tutte le potenzialità che offre. E la possibilità di posticipare, previo accordo in azienda, l’erogazione delle tranches di aumento dei minimi contrattuali sino a sei mesi in caso di crisi.

Il presidente ci tiene a ribadire che le organizzazioni sindacali “hanno dimostrato una grande unità e senso di responsabilità. E’ stato fatto un buon lavoro tra loro e le imprese del farmaco e della chimica, perché hanno compreso le difficoltà che stiamo vivendo”.

Le richieste al Governo e i prossimi obiettivi

Il lavoro per le imprese del farmaco non è finito. “Adesso stiamo già lavorando al prossimo contratto, in quanto quello appena rinnovato scadrà fra tre anni. Quello firmato qualche giorno fa è buono ma si può sempre migliorare tutto”.

Scaccabarozzi si attende novità dal prossimo Esecutivo: “Il nostro è un settore dove le regole cambiano continuamente. Solo nel 2012, in otto mesi, sono cambiate ben quattro volte. In questo modo – osserva il presidente di Farmindustria – fare un piano industriale è difficile. In più, l’accesso all’innovazione qui in Italia non c’è e, quando c’è, è comunque in ritardo di più di due anni. I farmaci arrivano nel nostro Paese due anni dopo, a prezzi bassi e con limitate possibilità di impiego. Tutto ciò non aiuta gli investimenti”.

Farmindustria chiede pertanto “un patto di stabilità che ci dia per i prossimi tre anni delle regole certe e stabili per poter tornare a crescere”. Il settore farmaceutico, ricorda, “conta su 165 fabbriche che esportano il 65% di quello che producono. Un settore come il nostro contribuisce come pochi altri all’economia italiana. Il Governo si sieda con noi e proponga un patto di stabilità che attiri gli investimenti”. E, per finire, c’è anche il problema del ritardo nei pagamenti. “Oggi – conclude – dobbiamo aspettare 250 giorni per ricevere i pagamenti. Il mercato vale 12 miliardi e noi vantiamo 4 miliardi di crediti. Le nostre imprese sono pronte a fare la loro parte per rilanciare gli investimenti e l’occupazione, ma serve una collaborazione da parte di tutti”.

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