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Di Maio si converte sull’euro? Criticarlo sempre rafforza la sua leadership

Grande sorpresa. Luigi Di Maio annuncia che non è più tempo di referendum sull’euro. Alla stampa e ai larghi settori dell’establishment cui il Movimento 5 Stelle proprio non va giù non è sembrato vero di avere una nuova ragione per sbandierare una critica al giovane leader pentastellato. Che il candidato grillino sia anti-sistema o che prenda posizioni ragionevoli, comunque sbaglia.

Per eterogenesi dei fini, questo approccio che vorrebbe evidenziare i limiti del Movimento finisce invece per rafforzarlo presso il proprio elettorato (facendolo semmai crescere). Se Di Maio non è coerente perché chi lo criticava quando voleva uscire dall’euro continua a criticarlo anche ora che ci vuole restare?

Certo, evidenziare le contraddizioni è un compito sacrosanto dei giornalisti ma ergersi a nomi tutelari della coerenza altrui rende più simpatico i giudicati invece che i giudicanti. La verità è che – con tutta trasparenza – Luigi Di Maio ha deciso di manifestare l’obiettivo di conquistare Palazzo Chigi. Ci riuscirà o meno è tutto da vedere.

Ma, intanto, perché non dovrebbe essere preso sul serio? Se il capo politico del primo partito italiano (tale oggi è il Movimento 5 Stelle) organizza una visita istituzionale a Washington ed annuncia (o, meglio, conferma) che l’euro non è in discussion, perché non prendere atto di un progresso positivo?

Il ribaltamento delle posizioni con Renzi che propone l’abolizione del canone Rai, il centrodestra che propone l’abolizione della riforma Fornero e Grasso che propone l’abolizione delle tasse, siamo sicuri che regga ancora la distinzione fra moderati e populisti come l’abbiamo interpretata in questi mesi?

Se il Pd si fa grillino e il M5S si fa gentiloniano, chi ci guadagna? Di Maio sembra avere fatto una scelta. È consigliato, anche se non richiesto, di non prenderlo troppo sotto gamba. Non è un caso che a non sottovalutarlo ci sia un campione della comunicazione come Silvio Berlusconi…



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