Fosse stato un incontro di boxe qualcuno avrebbe gettato la spugna dopo 55 minuti. Tanto è durata la resistenza (se così si può chiamare…) del Milan al Camp Nou. E siccome il calcio non prevede l’abbandono del campo per manifesta inferiorità, ecco che i rossoneri si sono dovuti sorbire un’altra buona mezzora di gioco, nella quale hanno incassato anche il quarto gol. Che dire? Una grande delusione per il calcio italiano, che perde una squadra in Champions oltre che l’occasione di fare la storia, ma nessuna recriminazione. Perché se è vero che un palo avrebbe potuto cambiare il corso degli eventi, è altrettanto vero che il Barça ha stradominato dall’inizio alla fine. Si diceva che i blaugrana fossero a fine corsa, che il celebre tiqui-taca non avesse più segreti per nessuno, che Messi non sapesse fare gol su azione alle squadre italiane. Tutto spazzato via nel giro di una notte, anzi di 4 minuti, perché Leo ha deciso di non perdere tempo e dare subito il via alla storica remuntada.
Ora cominceranno i processi al Milan e al suo allenatore Massimiliano Allegri, ma forse sarebbe meglio limitarsi ad applaudire il gioco quasi illegale di questo Barça, ancora una volta dimostratosi di altra categoria. Uno spettacolo figlio di una cultura calcistica diversa, nata nei laboratori della Masìa, la storica cantera blaugrana, con un pizzico di genio olandese e tanto orgoglio catalano. “Som un equip” (siamo una squadra) ha urlato a squarciagola il Camp Nou prima del match, e a qualcuno sono cominciate a tremare le gambe. Vuoi per la giovanissima età (El Shaarawy, Niang), vuoi per l’inesperienza (Constant), o semplicemente per il basso tasso tecnico (Flamini, Ambrosini, Muntari), questo Milan non poteva fare molto di più. Le speranze erano legate al Barcellona e al suo possibile senso di appagamento, alla mancata ispirazione di Messi e compagni. Che invece hanno regalato al mondo una serata di grande calcio. Troppo bella per scatenare processi.