L’opposizione del Movimento 5 Stelle alle missioni militari decise dal governo è totale. Secondo i pentastellati bisogna uscire completamente dall’Afghanistan ed evitare una missione, in Niger, che “ci porterà a presidiare il deserto”. Mentre la Camera dei deputati si appresta ad autorizzare la partecipazione dell’Italia alle missioni per il 2018, deliberata dal Consiglio dei ministri a fine dicembre, il Movimento di Beppe Grillo ribadisce così la propria contrarietà alla politica estera e di difesa degli ultimi cinque anni: “Confusionaria e inaccettabile”, ha detto il senatore Vincenzo Santangelo; il risultato di “una politica estera ormai esercitata solo con lo strumento militare”, gli ha fatto eco il deputato Luca Frusone.
DISACCORDO TOTALE SULLE TEMPISTICHE
La prima critica rivolta al governo è sulle tempistiche istituzionali. Secondo il Movimento, la rapida delibera governativa nell’ultimo giorno della legislatura e la successiva e necessaria convocazione della Camere in fase di prorogatio è una forzatura istituzionale. Per questo, lunedì, durante la riunione delle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato a Palazzo Madama, Santangelo ha parlato de “l’inopportunità di fare delle scelte da parte del governo che andranno a impegnare non solo il 2018 ma anche gli anni a venire e i futuri governi: probabilmente questi passaggi dovevano essere fatti dal prossimo governo”. Lo stesso ha detto oggi, a Montecitorio, il deputato Luca Frusone: “C’è un governo dimissionario che impegnerà per i prossimi mesi tutta la nazione, impegnando anche il futuro governo per delle missioni che avranno una valenza di almeno nove mesi; sinceramente sarebbe stato più corretto prorogare le missioni in atto, magari fino a giungo, e dare la palla al nuovo governo; sarebbe stata un scelta più etica”.
LE PERPLESSITÁ SULLA POLITICA DI DIFESA
La critica riguarda però la politica di difesa nel suo complesso condotta dai governi degli ultimi cinque anni che, secondo il Movimento, non hanno risposto alle esigenze e agli interessi italiani. Lunedì, di fronte ai ministri Pinotti Santangelo, tra l’altro vice presidente della commissione Difesa, si è detto “assolutamente in disaccordo” con il governo, esprimendo “la contrarietà del Movimento verso un sistema di politica estera e di difesa confusionario e inaccettabile”.
“Le decisioni prese – ha aggiunto oggi Frusone – confermano che siamo ancora in balia di Paesi più grandi di noi e non riusciamo a incidere come vorremmo soprattutto in aree importanti per noi come nel Mediterraneo”. C’è poi la questione finanziaria: “Le spese totali sono aumentate, per un miliardo e mezzo totali, con un fondo che andrà a coprire solo nove mesi”. In definitiva, ha affermato il pentastellato, “l’Italia manca di una politica estera ormai esercitata solo con lo strumento militare. Abbiamo perso il soft power”.
I DUBBI SULLA MISSIONE IN NIGER…
Oltre alle tempistiche e alla politica generale però, le questioni avanzate dai 5 Stelle riguardano anche la sostanza delle missioni volute dall’esecutivo, a iniziare da quella in Niger che porterà un massimo di 470 militari italiani ad operare nel Paese con lo scopo di rafforzare le capacità delle Forze armate nigerine di controllo del territorio, al fine di contrastare i traffici illegali e concorrere alla sorveglianza delle frontiere e allo sviluppo della componente aerea. “L’interesse nazionale è solo quello di contrastare il traffico dell’immigrazione clandestina o c’è qualche altro tipo d’interesse che andiamo a perseguire nel centro dell’Africa?”, ha chiesto Santangelo al ministro Pinotti. Emergono poi dubbi in merito ai compiti che saranno affidati ai soldati italiani: “Andremo a concorrere alla difesa di questo spazio al confine con al Libia sì o no, e se sì con quale modalità?”, si è chiesto il senatore 5 Stelle. Perché in caso affermativo, “i nostri militari potrebbero trovarsi in situazioni non semplici”, ha spiegato rimarcando il fatto che la base in cui saranno dispiegati è “nel deserto, a circa 100 chilometri dai confini che dovrebbero essere attenzionati, con una serie di problematiche logistiche non indifferenti che ne conseguono”.
In realtà, ha spiegato oggi Frusone, “non siamo in disaccordo sull’impegno nel Paese. L’Italia ha bisogno di dialogare con l’Africa. Siamo però in disaccordo nel merito della missione, soprattutto rispetto ad alcune dichiarazioni: pensare che questa missione nasca in funzione di contrasto ai flussi migratori è paradossale, in un certo senso noi andiamo a presidiare il deserto”.
…E SULL’AFGHANISTAN
Il dibattito ha offerto al Movimento anche la possibilità di ribadire una posizione tradizionale in tema di politica estera e di difesa: “Via dall’Afghanistan”. Già a novembre, il candidato premier Luigi Di Maio aveva chiarito: “Sull’intervento in Afghanistan siamo sempre stati chiari, per noi quello è un intervento che per la spesa pubblica italiana è insostenibile”. In visita a Washington come vicepresidente della Camera, aveva aggiunto: “È già nel nostro programma ed era già nelle nostre proposte, ma non siamo pregiudizialmente contro missioni di pace all’estero, specialmente quelle a guida italiana che hanno reso lustro alle nostre truppe. Non c’è pregiudizio ideologico”. E oggi Frusone ha ribadito: “Stiamo lì da una marea di tempo, abbiamo speso miliardi e miliardi di euro per quella missione, è chiaramente un do ut des con gli Stati Uniti”. L’Italia, ha aggiunto, “non è in grado di farsi carico delle proprie esigenze e utilizza lo strumento militari per potersi sedere al tavolo dei potenti”.
IL BOTTA E RISPOSTA CON LA PRESIDENTE BOLDRINI
Nel corso del suo intervento, Frusone ha tirato in ballo il regolamento della Camera, criticando l’impossibilità per l’aula di esercitare “poteri di indirizzo come previsto dalla legge”. Inevitabile la replica della presidente Laura Boldrini che ha interrotto il deputato pentastellato: “Siamo in linea con quanto deciso dall’ufficio di presidenza”. Alla fine dell’intervento inoltre, la presidente ha corretto nuovamente Frusone: “Il governo non è dimissionario”.