Quello del centrodestra è il primo programma ad essere stato reso noto e pubblico. Difficile quindi, per ora, fare comparazioni. Tuttavia, seppure è giustificabile l’euforia per l’intesa raggiunta fra Berlusconi, Salvini e Meloni, si fa fatica a non sottolineare le tante contraddizioni di un programma che pur facendo emergere la prevalenza delle tesi di Forza Italia evidenzia la capacità degli alleati di destra di imporre la loro agenda.
L’impronta leghista è soprattutto nella scelta di “azzerare” la legge Fornero. È vero che la formula scelta (abolire una riforma per farne un’altra, senza precisare quale e su quali basi) non si limita alla sola cancellazione, ma non vi è dubbio che si tratta di uno strappo non banale che può incidere molto nella credibilità di Berlusconi e del suo progetto di governo.
Altro punto dolens dal punto di vista degli elettori moderati è quello relativo all’Europa. Intanto, va detto che manca il riferimento culturale dell’adesione del centrodestra ai valori dell’Unione Europea e dell’Alleanza atlantica, una premessa – questa – che in passato era sempre presente nei programmi berlusconiani (soprattutto il riferimento “americano”). Se poi, tornando alla Ue, esprimere il “No alle politiche di austerità” è una formula che dice tutto senza dire nulla, ben diverso è affermare la “prevalenza della nostra Costituzione sul diritto comunitario, sul modello tedesco (recupero di sovranità)”. Al netto delle valutazioni squisitamente giuridiche, pur non secondarie, appare chiaro che il messaggio politico sovranista (con tanto di “tutela in ogni sede degli interessi italiani”) sia ancora in bilico fra laffermazione dell’ovvio la dichiarazione ufficiale di antieuropeismo.
Il capitolo della sicurezza contiene quindi un buon e largo catalogo dei buoni propositi: dalla lotta al terrorismo al piano Marshall (fanno il paio con l’azzeramento della povertà assoluta). Non mancano però anche elementi che faranno discutere: la revisione della legge sulla tortura e l’introduzione del principio che “la difesa è sempre legittima”. Anche il “rimpatrio di tutti i clandestini” è una promessa di quelle che viene il sorriso a leggerla.
L’elezione diretta del presidente della Repubblica e il “federalismo responsabile” sono quindi il segno di una Lega meno Nord e più Nazionale (nel senso di partito di destra). Per il resto c’è la famiglia, c’è il taglio delle tasse e davvero una sventagliata degna del “chi più ne ha più ne metta”. Quello che comunque colpisce, alla fine, non è il numero sconfinato di promesse (illusioni?) elettorali quanto l’imprinting dato un Salvini, sempre meno ‘alleato’ e sempre più ‘socio paritetico’ di Berlusconi. Conquistare la maggioranza sarà arduo ma governare lo sarà, nel caso, ancora di più.