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Socialismo: nuova identità di liberi uguali ma diversi

Premessa: socialismo e socialità della politica. Tema: fare una identità socialista, autonoma, laica e riformista che non c’é. Obiettivo: rispondere alle diseguaglianze economiche e sociali provocate dal neoliberismo, l’ideologia dominante in Europa dalla controrivoluzione della Thatcher e di Reagan degli anni Ottanta. Questo il motivo della Assemblea dei socialisti dell’Italia Centrale che, o ‘senza fissa dimora’ o vicini al Pd o a Sel oppure ‘iscritti insofferenti’ al devertebrato ed invisibile Psi di Riccardo Nencini, si tiene sabato 16 a Pietrasanta. Un’occasione per riprendere e ridiscutere vecchie ma sempre attualissime idee come libertà e uguaglianza o come una società più ricca perché diversamente ricca, che hanno avuto negli ultimi tempi ulteriori approfondimenti e sviluppi nella ricerca aperta nel Pse sul benessere delle persone che non necessita solo di quei bisogni materiali  indispensabili alla sopravvivenza uguali per tutti – un lavoro e un salario dignitosi; una casa, un’assistenza sanitaria, etc – ma soprattutto di quei bisogni immateriali attraverso cui – i diritti sociali e civili, la cultura, l’istruzione, il tempo libero, la qualità delle relazioni interpersonali e della vita – ciascun individuo si forma la propria ed originale identità. Tanto da proporre un pensiero nuovo alla sinistra per una società di liberi, uguali ma diversi. E’ il risultato delle elezioni a rendere urgente la riflessione e la ricerca, come dice il filosofo Giacomo Marramao, di una nuova teoria del simbolico [dell’essere umano] che vada oltre la razionalità, alla mobilitazione delle passioni, per lo tsumani cultural-politico che ha investito il sistema edificato nel ‘900 e basato sulla pratica politica del consociativismo e del compromesso storico. L’onda del 25% al Movimento 5 Stelle, i suoi 8 milioni e passa di voti, ha determinato una oggettiva crisi di governalibilità se non addirittura la crisi del sistema, la Seconda Repubblica. Si poteva prevedere? Certamente ma non si è fatto nulla, a sinistra, se non rifarsi al solito trito antiberlusconismo. Sostiene Marramao: “il guaio non è tanto il non aver previsto, ma il non aver visto quel che ribolliva nella società: il voto a Grillo è la reazione degli strati sociali che si sono sentiti esclusi, non rappresentati dalle logiche e dagli apparati dei partiti”. Si è rovesciata l’architettura del sistema, per cui non serve tanto etichettare il M5S, come se  tutto si riducesse all’ingresso di un nuovo soggetto politico in Parlamento, quanto riflettere sull’evidente debolezza strutturale delle altre forze: 13 milioni di astenuti, 2,5 milioni in più del 2008, 12 milioni usciti dai partiti tradizionali di massa. La somma di Pd e PdL non supera il 50%. Quale sistema di rappresentanza quando la metà dell’elettorato se n’è tirato fuori? “Grillo scivola sull’onda dello tsunami ma non è lo tsunami. Si è messa in moto una reazione per certi versi salutare, almeno questo è un bagno di realtà, una discontinuità radicale: ora in campo tutte le soluzioni possibili a cominciare dall’intransigenza e dalla radicalità democratica della cultura azionista”, osserva il politologo Marco Revelli. E di quella cultura azionista dell’intransigenza e della radicalità democratica l’acomunista Riccardo Lombardi fu uno dei massimi protagonisti.


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