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Europa pavida sui marò

Per l’Unione europea, la soluzione nel caso dei marò è semplice: la Convenzione di Vienna deve essere rispettata da tutte le parti. Secondo il portavoce di Catherine Ashton, commissario europeo al commercio e responsabile degli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Ue, l’Ue ha preso nota della sentenza della Corte indiana e non ha nessun commento su quale dei due Paesi stia violando le normative. Semplicemente sia Roma che New Delhi devono rispettare la normativa. Nel dubbio, però, l’ambasciatore dell’Unione europea in India è stato convocato per spiegare la posizione del governo indiano.

L’immunità diplomatica di Mancini

Secondo il Times of India, la Corte Suprema indiana ha aggiornato al prossimo 2 aprile l’udienza sul caso del mancato rientro dei due marò in India. Nella nuova sentenza ha deciso che l’accusa di oltraggio alla Corte sarà formulata solo nel caso in cui l’ambasciatore italiano Daniele Mancini, che ha garantito personalmente sul rientro dei due militari, non li riporterà in India entro il 22 marzo. C’è, dunque, un’altra chance per risolvere il conflitto.

Ma la Corte Suprema ha anche detto che non può più fidarsi del diplomatico dopo che il governo di Roma ha annunciato che non intende rimandare in India i due marò. Ed è per questo che Mancini non può rivendicare l’immunità diplomatica dopo che si è sottoposto alla giurisdizione indiana per ottenere con una dichiarazione giurata il permesso per i due soldati a recarsi in Italia.

La disputa sulla giurisdizione

Per il settimanale indiano Tehelka, la vicenda dei marò è stata gestita in modo non proprio ortodosso da parte dell’India. “Secondo la guardia costiera indiana, la nave italiana era a 22,5 miglia nautiche dalla costa del Kerala, e cioè oltre le 12 miglia che rappresentano il limite delle acque territoriali entro le quali vige in maniera esclusiva la giurisdizione indiana. Ma l’incidente è avvenuto anche all’interno delle 24 miglia della zona contigua e delle 200 miglia della Zona economica esclusiva (Zee), oltre la quale cominciano le acque internazionali”, sostiene la pubblicazione settimanale. Nella spiegazione si dice che in quel caso avrebbe prevalso la giurisdizione del Paese a cui appartiene la nave da cui sono partiti i colpi ma “la disputa avviene perché bisogna decidere quale paese ha il diritto di giudicare l’incidente avvenuto nelle 188 miglia tra l’inizio della Zee e le acque territoriali”.

Sulla legge della pirateria

Poi, c’è un’altra questione ed è quella della legge sulla pirateria. Salvatore Girone e Masimiliano Latorre hanno sparato contro il peschereccio St. Anthony – uccidendo i due pescatori indiani – perché avevano scambiato la nave per una barca di pirati. La legge indiana sulla pirateria del 2012 riprende una particolare interpretazione della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Unclos), che estende alla Zee, oltre ai diritti economici, anche le decisioni sulla sicurezza. Tehelka ha spiegato che “l’Italia contesta questa interpretazione e sostiene che l’Unclos garantisce l’immunità a chi svolge funzioni ufficiali per conto di uno Stato”. Inoltre, secondo Roma, l’articolo 1 del codice penale indiano non contempla la Zee.

Ma l’interpretazione indiana dell’Unclos rimanda all’articolo 188 del codice di procedura penale, per cui chiunque commetta un crimine in territorio indiano può essere processato in India”. Ma, dall’altra parte, l’India sostiene che l’articolo 6 della convenzione per la repressione di atti illeciti contro la sicurezza della navigazione marittima dà il caso alla giurisdizione indiana.

Alla ricerca di una soluzione diplomatica

Il partito Communist Party of India (Cpm) “ha in programma di aumentare le pressioni e l’agitazione contro l’approccio del governo nella vicenda dei due marines italiani”. La notizia è riportata dal sito New Indian Express ed è un presagio di quanto può accadere se non si trova unavia d’uscita dal conflitto. Con questo quadro di normative e competenze, la soluzione giuridica sembra essere una via troppo intasata per portare all’accordo.



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