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Elezioni, la sfida è al Sud e la vincerà il centrodestra con Berlusconi. Parla Mara Carfagna

È una campagna elettorale difficile, dominata dal tentativo di parlare alla pancia del Paese o attraverso proposte al limite della fantasia (il ministro Calenda cita spesso Asimov) oppure attraverso accuse pesantissime, da rimborsopoli allo scandalo De Luca. Non è rilevante l’entità effettiva dei fatti. Il clamore mediatico sembra prevalere. Per i candidati non è certamente facile. Formiche.net ha incontrato una personalità importante del centrodestra, Mara Carfagna. Ex ministra nei governi guidati da Silvio Berlusconi ha saputo conquistare sul campo una sua autorevolezza. Lei non dirà mai tutte le avances politiche ricevute per lasciare Forza Italia in nome del bene patrio. Chissà, forse sarebbe tornata al governo. Lei è rimasta coerente con il suo mandato ed anzi ha raddoppiato il suo impegno e non certo per ragioni di potere. Si è candidata al Comune di Napoli dove da anni ormai guida l’opposizione. Il sindaco De Magistris è il primo a riconoscerle le qualità di una donna “dura” ma allo stesso tempo competente. È proprio dalla sua terra, dalla Campania, che oggi Mara Carfagna guida con i suoi colleghi una battaglia collegio per collegio, dove la sfida è con il Movimento 5 Stelle. Nel concederci questa intervista la deputata di Forza Italia ci chiede espressamente di non toccare i temi delle prime pagine dei giornali ma di provare a raccontare quel Meridione in cerca di riscatto ed oggi cruciale per il risultato elettorale del 4 marzo.

Mancano ormai meno di due settimane al voto e la gran parte degli analisti ritiene che la sfida sia sui collegi al Sud dove si registra un forte malcontento. Lei è una figura fra le più rappresentative di Forza Italia. Pensa sia possibile vincere mantenendo una identità popolare senza scivolare nel populismo?

Il Mezzogiorno deve ritornare ad essere una priorità nell’agenda politica del prossimo governo. Legalità e lavoro sono le leve su cui bisogna investire per dare opportunità e speranza, per recuperare un ritardo storico e colmare un divario che gli anni della crisi hanno reso più profondo. La ripresa è di fatto già cominciata, ma deve essere sostenuta. Di tutto c’è bisogno al Sud tranne che di Masanielli e di improvvisatori e per questa ragione il centrodestra si offre agli elettori come una coalizione affidabile che saprà trasformare la rabbia e il malcontento in esigenze a cui dare risposte.

Quali possono essere le proposte credibili del suo partito a favore del Mezzogiorno e perché gli elettori non dovrebbero raccogliere la sirena protestataria dei grillini?

Assecondare l’idea che nel 2018 un terzo del Paese – a Sud risiede il 34% della popolazione – possa essere mandato avanti soltanto con misure assistenziali, come il reddito di cittadinanza, significa condannarlo a rimanere tra le aree meno sviluppate del Continente. Oggi che le infrastrutture centrali sono quelle digitali, invece, dobbiamo creare le condizioni per lo sviluppo, a partire dall’abbattimento del costo del lavoro. La precondizione è che lo Stato torni ad imporre la legalità, poi, con la detassazione, bisogna favorire l’apertura di nuove imprese, creare lavoro. Il prossimo governo inoltre dovrà ristabilire giustizia e fare ciò che avrebbe dovuto già fare in passato: mettere fine al furto di risorse che si è verificato negli ultimi anni. Il 34% degli investimenti pubblici devono seguire la popolazione e rimanere al Sud, gli asili e le altre strutture per l’infanzia devono essere costruiti dove non ci sono e non finanziati con metodi che favoriscono le Regioni del Centro-Nord… In sintesi, basterebbe un po’ di giustizia. Ma il Sud deve trovare voce nel prossimo parlamento attraverso rappresentanti che non trasformino i voti in inutili proteste.

Berlusconi sta svolgendo una campagna elettorale tutta all’insegna dei media (tv, radio e social media). Pensa sia finito il tempo delle piazze? Consiglierebbe a Berlusconi di concludere la campagna elettorale nel Sud?

Le piazze oggi sono digitali. È un’immagine meno affascinante, lo so, ma un video in diretta su Facebook o una “storia” di Instagram ci consentono di essere in contatto nello stesso momento con più persone di quante ce ne stiano a Piazza Santi Apostoli o a Piazza Navona… Il che non significa che non sia un bene o che, soprattutto, non sia utile e necessario parlare alle persone guardandole negli occhi, ascoltare ciò che hanno da dire, stringere le loro mani. Bisogna fare un po’ e un po’, io credo. Penso che Silvio Berlusconi, che sta conducendo una campagna generosissima, modernissima e senza risparmiarsi, verrà a Napoli e nel Sud, dove, come è noto, è molto amato. Grazie a lui possiamo conquistare anche le decine di seggi che si giocano sul filo, dove combattiamo quasi corpo a corpo per garantire governabilità al Paese il 5 marzo.

È difficile immaginare scenari post-voto mentre è in corso la campagna elettorale. Se il centrodestra non dovesse ottenere la maggioranza parlamentare pensa che dovrebbe comunque assumersi la responsabilità di aprire alla eventuale collaborazione di altre forze politiche o ritiene che non ci sarebbe altra scelta che il ritorno alle urne?

Io sono ancora convinta che il centrodestra riuscirà a conquistare la maggioranza dei seggi. Tutte le rilevazioni degli ultimi giorni dimostrano che siamo ad un passo, ne mancano davvero pochi per riuscire ad avere la maggioranza anche a Montecitorio. Non penso a piani B fintanto che stiamo lavorando al piano A. Di sicuro il 5 marzo non finisce l’Italia, anzi. Mi rassicura molto sapere che il presidente della Repubblica è Sergio Mattarella e che l’“arbitro” a cui sono affidati quei passaggi così delicati è un uomo particolarmente saggio.

Se la sua coalizione vincesse le elezioni, chi potrebbe essere il premier? Se non può fare nomi, ci dica l’identikit.

Non sarebbe serio fare dei nomi. Una cosa mi sento di dire: il prossimo premier sarà una persona competente, autorevole, affidabile, non improvvisata, e dovrà essere capace di unire il Paese, invece che dividerlo.

Cosa le sta piacendo di più di questa campagna elettorale e cosa meno?

Non mi piacciono i toni da “Ok Corral” e la strumentalizzazione esagerata dei fatti di cronaca, non mi piace l’abuso delle pluricandidature, ma, invece, trovo positivo il ritorno dei collegi uninominali che in qualche modo riavvicinano elettori ed eletti. Mi piace pensare, poi, che dal 5 marzo l’Italia avrà finalmente un governo stabile e legittimato dal voto popolare.


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