Il tempo delle elezioni è, o almeno dovrebbe essere, tempo di novità. Un tambureggiare d’idee e candidati.
In quest’ultima settimana, con l’avvicinarsi delle elezioni, ecco l’ex presidente Giorgio Napolitano(92) fare un bell’endorsement al premier Gentiloni definendolo una garanzia di governabilità. L’elogio dello status-quo.
Giusto la sera prima, a Cartabianca, ospite di Bianca Berlinguer, Andrea Camilleri(92), in una lunghissima intervista, ha risposto a tantissime domande dicendo, tra le altre cose, che: – Non ha mai visto il festival di Sanremo/Non ha mai seguito il calcio/Il fascismo può tornare, va fermato in tempo – . Difficile capire quale sia la minchiata.
Quasi contemporaneamente a Dimartedì, Eugenio Scalfari(92) si confrontava duramente con Matteo Renzi rievocando l’ormai proverbiale – stai sereno – .
A Ottoemezzo, invece, Lilli Gruber invita il giorno prima un pessimista cosmico come Giampaolo Pansa(82) e il giorno dopo l’inguaribile ottimista di Silvio Berlusconi(81).
Tra tutti Berlusconi, ex-presidente di Mediaset, ex-patron del Milan, ex-premier dell’ultimo governo eletto democraticamente, è sembrato quello più in forma e con maggiore lucidità. Un gigante, consapevole delle proprie forze e della propria immagine. Capace di capitalizzare al meglio la propria posizione non più schiacciante come un tempo sia in termini assoluti sia all’interno della coalizione di centrodestra.
Se a candidati siamo datati, non va meglio con le idee. Dai fatti di Macerata in avanti è tutto un ripetersi di ammonimenti sul pericolo della deriva fascista. La prossima settimana sono attese le lacrime di qualche Madonna.
La macchina del Fatto, attraverso le sue varie forme di propaganda, pensa di aver ormai creato nell’opinione pubblica un indifferenziato clima d’indignazione prevalente. Un magma di stupidaggine arrabbiata che è il lievito della base elettorale del movimento cinque stelle. Si sbaglia, però. Scanzi ad esempio, che gira l’Italia con il monologo “Renzusconi”, prova a fare politica portando Berlusconi a teatro. Ma Berlusconi, che è un teatrante, senza i colpi di teatro d’un tempo si avvia a vincere a mani basse.