E’ solo l’ennesimo caso di un fallimento disastroso dell’Europa? Non solo, nella questione di Cipro ci sono anche precise responsabilità di Nicosia. Vediamo fatti, numeri e analisi.
Il voto
La prima impressione è che il “no” netto con cui il Parlamento cipriota (36 voti contro, 19 astenuti e nessun voto a favore) ha respinto l’accordo con l’Eurozona per il salvataggio finanziario dell’Isola e delle sue banche sia un disastro politico per l’Ue.
Il disastro politico dell’Ue
Un disastro che suggerisce di “abbassare la cresta” alla sempre più arrogante leadership tedesco/nordica dell’Eurozona, le cui posizioni sono quasi sempre acriticamente avallate dalla Commissione europea (soprattutto dal presidente José Manuel Barroso, e dal commissario agli Affari economici, Olli Rehn), e di tornare ad ascoltare con il dovuto rispetto la democrazia.
Le colpe di Nicosia
A una lettura più attenta, tuttavia, le cose appaiono più complicate. Ed emergono anche responsabilità gravi delle autorità cipriote, e in particolare del presidente Nicos Anastasiades; il quale ha prima impedito un accordo all’Eurogruppo che avrebbe tutelato i piccoli risparmiatori, per non intervenire in modo troppo pesante sulle fortune oltre i 100.000 euro, una gran parte delle quali (si parla di 32 miliardi di euro) in mani straniere, soprattutto russe.
Il primo accordo dell’Eurogruppo
L’accordo dell’Eurogruppo prevedeva che, a fronte di 10 miliardi di prestiti del Fondo salva-Stati, comportava anche prelievi forzosi una tantum sui depositi bancari del Paese pari al 6,75% sotto i 100.000 euro e 9,9% al di là di questa cifra.
La correzione
Anche se nelle ultime ore c’era stata una correzione, con l’esenzione dei depositi sotto i 20.000 euro, la misura ha creato un terremoto finanziario prevedibile, e il rischio che la corsa agli sportelli (il temibile bank run) tendenzialmente già in atto nell’Isola – sebbene neutralizzata dalla chiusura straordinaria e prolungata delle banche – potesse contagiare anche gli altri paesi finanziariamente deboli dell’Eurozona, a partire dalla Spagna.
La rottura di un tabù
L’accordo approvato sabato mattina dall’Eurogruppo ha rotto il tabù secondo cui i soldi depositati in banca sono sacrosanta proprietà del risparmiatore e non possono essere confiscati, in parte o in tutto, dallo Stato, e fatto scendere sottoterra la già traballante fiducia nel sistema bancario dei paesi più vulnerabili dell’Eurozona.
Le stranezze
Strano che nessuno ci abbia pensato, nell’Eurogruppo, e strano che la Commissione europea non si sia opposta a questa misura, considerato anche che il diritto Ue, di cui l’Esecutivo comunitario è custode, prevede una protezione dei risparmiatori fino a 100.000 euro per deposito, con una garanzia che tutti gli Stati membri devono fornire in caso fallimento e insolvenza della banca che custodisce i soldi.
La cronostoria
Torniamo alla sciagurata notte fra venerdì e sabato scorsi, a Bruxelles, quando l’Eurogruppo ha negoziato per 10 ore l’accordo che doveva salvare e che ora sembra stia affondando Cipro. Si è arrivati con quattro cifre chiare: 1) Cipro aveva bisogno di una manovra da 17 miliardi di euro; 2) con la consueta rigidità di principio, la Germania, spalleggiata dai soliti Paesi creditori (Austria, Finlandia, Olanda) aveva deciso che a Nicosia il Fondo salva-Stati Esm non dovevano prestare più di 10 miliardi di euro; 3) per i 7 miliardi mancanti, Cipro avrebbe dovuto provvedere a trovare le risorse con manovre interne: un piano di privatizzazioni da 1,4 miliardi di euro, un aumento della bassissima imposizione societaria locale, dal 10 al 12,5 per cento, e una tassa una tantum sui depositi, in particolare quelli superiori ai 100.000 euro (soglia corrispondente, certo non per coincidenza, alla garanzia prevista dal diritto Ue); 4) tolte le privatizzazioni e il gettito supplementare dell’imposta societaria, la cifra da coprire con la tassa sui depositi veniva individuata in 5,8 miliardi di euro.
Le trattative
Bisognava decidere, con questi numeri, con che aliquote tassare i depositi e come evitare di colpire troppo duramente i piccoli risparmiatori. Secondo le fonti, la proposta iniziale è di applicare tre aliquote progressive, del 3, 5 e 7 per cento, ma alla fine passa, con il consenso del ministro delle Finanze cipriota, Michalis Sarris, una soluzione più semplice: tassare del 5% i depositi sotto i 100.000 euro e del 12,5% quelli superiori. A questo punto, però, interviene il presidente Anastasiades (rimasto a Bruxelles dopo la fine, poche ore prima, del Consiglio europeo a cui aveva partecipato). Il presidente cipriota impone un limite chiaro: non bisogna superare il 10%, anzi meglio il 9,9, per i depositi oltre i 100.000 euro. A questo punto basta fare due conti: per raggiungere la soglia di 5,8 miliardi di euro, che ormai si è deciso devono venire da questa tassa straordinaria, bisogna alzare l’aliquota sui depositi sotto i 100.000 euro, portandola almeno al 6,75%.
La tempesta
Queste cifre restano quindi nell’accordo siglato a Bruxelles. Ma nelle ore successive si scatena la tempesta.
Cominciata su Twitter, prosegue il giorno dopo sui giornali, soprattutto britannici, che accusano l’Ue di voler rubare i soldi agli anziani cittadini di Sua Maestà (pare siano ben 18.000) che a Cipro si godono la pensione al sole. Ma le critiche più serie vengono da fior di economisti ed esperti bancari, che accusano l’Eurogruppo di aver sottovalutato il rischio di panico bancario, caduta della fiducia e fuga dei risparmiatori che la misura potrebbe innescare e che potrebbe contagiare anche altri paesi, accendendo una nuova crisi nell’Eurozona.
La questione dei russi
E’ evidente che Anastasiades pensava ad addolcire la pillola per i russi, sapendo che nei prossimi giorni si dovrà negoziare anche un riscadenzamento dei rimborsi e una riduzione degli interessi del prestito da 2,5 miliardi di euro che Mosca ha concesso a Nicosia. E’ chiaro anche che vorrebbe limitare, almeno parzialmente, il danno che sarà inflitto a Cipro come paradiso bancario di chi (in Russia, Gran Bretagna, Medio Oriente) ha capitali, vuole evitare rischi rischi e controlli, e intascare lauti interessi per i depositi (il 5% circa) molto più alti di quelli praticati altrove nell’Ue. Ma nelle ore successive all’accordo, viste anche le durissime reazioni russe, il presidente e il governo ciprioti devono aver capito che il danno non poteva essere limitato, che si rischiava inutilmente di pagare l’impopolarità del balzello sui piccoli risparmiatori, e che comunque si andava alla sconfitta sicura in parlamento. E hanno deciso di fare marcia indietro, astenendosi nel voto al Parlamento.
Il ricatto
Adesso è facile far ricadere la responsabilità di questo “ricatto” (come lo hanno definito nel dibattito parlamentare), giustamente bocciato, sulla Germania, sull’Eurogrupoo e su Bruxelles. Ma, riferiscono le fonti, bisognerebbe anche dire che durante la teleconferenza dell’Eurogruppo di lunedì sera tutti gli altri Stati membri e la Commissione si erano dichiarati a favore di un’esenzione per i depositi sotto i 100.000 euro. La bocciatura del parlamento cipriota, insomma, non sarebbe stata necessaria per salvare i ‘piccoli’ risparmiatori, ed è servita invece soprattutto a evitare di toccare i grossi depositi, per convincere i loro detentori a restare nel Paese. Con il rischio, per i ciprioti, di finire per legarsi mani e piedi ai russi, e andare alla rottura con l’Eurozona.