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Così Antonio Tajani spinge il Parlamento europeo per investire di più sulla difesa europea

La difesa europea passa anche da un aumento del bilancio comunitario dell’Unione europea. Parola del presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, intervenuto a Bruxelles per partecipare alla riunione informale tra i capi di Stato e di governo. Tra le priorità del nuovo quadro finanziario pluriennale (Qfp) c’è difatti anche la difesa, che continua a procedere tra obiettivi comuni (dimostrati dalla conferenza G5 Sahel) e interessi divergenti (evidenti nella partita sul programma di sviluppo industriale, Edidp).

TUTTI I DOSSIER DEL VERTICE A BRUXELLES

In cima all’agenda dell’incontro tra i capi di Stato e di governo c’erano l’assetto istituzionale post-Brexit (con il dibattito relativo ai seggi dell’Europarlamento senza il Regno Unito e al processo di nomina del presidente della Commissione) e, per l’appunto, il quadro finanziario pluriennale dopo il 2020. Proprio in questo secondo aspetto rientra il tema della difesa. “In discussioni recenti abbiamo fissato nuove priorità, quali il contenimento della migrazione illegale, il miglioramento della sicurezza e della difesa europee”, ricordava nella lettera d’invito ai capi di Stato e di governo il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk.

LE PAROLE DI TAJANI

L’esigenza di proseguire sul percorso della difesa comune, investendo di più e aumentando il bilancio comunitario, è arrivata anche dal presidente Tajani. “Dobbiamo garantire a tutti i cittadini europei di poter circolare tranquillamente per le strade”, ha detto da Bruxelle. “Una politica di difesa europea farebbe risparmiare milioni di euro ai Paesi membri”, ha aggiunto Tajani. Questa intenzione deve però tradursi in un impegno di bilancio, da realizzare proprio nell’ambito della definizione del Qfp post-2020. “Sono necessarie più risorse”, ha detto Tajani. Difatti, “un bilancio inadeguato si tradurrebbe nella mera illusione di risparmio”, perché “in realtà comporterebbe più spesa nazionale e l’incapacità dell’Unione di attuare politiche efficaci sui temi chiave”, tra cui anche “difesa, lotta al terrorismo, controllo delle frontiere, gestione dei flussi migratori e Piano Marshall per l’Africa”. D’altronde, “ogni singolo euro speso a livello Ue in questi settori – ha aggiunto il presidente dell’Europarlamento – ha un effetto moltiplicatore maggiore rispetto a un euro speso a livello nazionale”. Da qui la proposta, ricordata da Tajani, che il Parlamento europeo ha presentato per il nuovo bilancio comunitario: un incremento dall’1% del reddito interno lordo all’1,3%. La scorsa settimana, lo stesso Tajani aveva spiegato la tabella di marcia: “Si sta andando avanti; l’esercito comune è un obiettivo di lungo periodo, serve una industria della difesa competitiva”.

DALLE RISORSE AL G5 SAHEL

Oltre le risorse, a tenere banco è stata anche la proiezione esterna dell’Unione, in particolare verso il nord Africa. Il vertice europeo è stato difatti preceduto da un incontro del G5 dei Paesi del Sahel, a cui è seguita una conferenza stampa a cui hanno preso parte, insieme, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, il presidente francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel. La conferenza è stata “molto importante per confermare l’impegno comune dell’Ue in Africa”, ha detto Gentiloni. “Solo con la cooperazione con questi Paesi e con il loro sviluppo” potremo contrastare il terrorismo e le cause dei fenomeni migratori. “Questo – ha aggiunto il premier – è il modo migliore per lavorare insieme e battere le posizioni populiste e antieuropee”.

INTERESSI A CONFRONTO

Eppure, accanto ai comuni obiettivi di sicurezza, interna ed esterna, ci sono anche interessi a confronto. Pochi giorni fa, il Parlamento europeo ha approvato la sua versione della proposta di regolamento che istituisce il Programma europeo di sviluppo del settore industriale della difesa (Edidp), uno dei temi maggiormente dibattuti. Per il programma si prevedono 500 milioni di euro per il biennio 2019-2020, risorse appetibili ai diversi comparti industriali nazionali. Ciò ha prodotto una disputa relativa ai soggetti che ne potranno beneficiare, con la spinta francese ad escludere le aziende che, seppur europee, sono controllate da Paesi esterni all’Ue. Rispetto a questa versione restrittiva, confluita nella proposta della Commissione di giugno, il Consiglio dell’Ue aveva offerto un correttivo utile a non escludere importanti realtà industriali del continente (come nel caso dell’italiana Avio Aero, business della statunitense GE Aviation, che nel nostro Paese conta oltre 4.200 dipendenti). La versione approvata al Parlamento torna però a una posizione più rigida, che l’Italia dovrà riuscire a limare nella fase dei negoziati interistituzionali appena avviatisi. Già prima del voto dell’Europarlamento, i presidenti delle regioni Piemonte, Liguria, Lombardia e Lazio avevano scritto una lettera a Tajani, e agli eurodeputati italiani membri della commissione chiamata a votare la proposta, per chiedere di confermare “il compromesso raggiunto in Consiglio”. In caso contrario, scrivevano, ci sarebbero “inevitabili ripercussioni in termini di mancato sviluppo tecnologico, perdita di competitività e mercato, impattando molto negativamente sui livelli occupazionali”.


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