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Caro Gentiloni, al Cnel non servono nuove nomine. Urge invece una riforma

Sono consigliere del Cnel (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) dall’estate 2010, in prorogatio, quindi, dall’estate 2015. Presiedo la Commissione dell’Informazione, incaricata, per legge, di predisporre il documento annuale sul mercato del lavoro e della contrattazione collettiva e della tenuta dell’archivio dei contratti collettivi di lavoro nel settore privato. Sono stato nominato dal Presidente della Repubblica Sen. Giorgio Napolitano. Ho avuto una lunga carriera alle spalle sia internazionale sia nazionale. Non aspiro ad incarichi di sorta né al Cnel né altrove, anche se negli anni che mi restano, spero di continuare ad essere utile al Paese.

Il Cnel è un organo di rilievo costituzionale, al pari della Corte dei Conti, del Consiglio di Stato, del Consiglio Superiore della Magistratura e del Consiglio di Difesa. Ci sono circa ottanta organi simili al mondo che contribuiscono con osservazioni e proposte all’azione legislativa. A differenza degli altri organi di rilievo costituzionale e di numerosi organi analoghi nel resto del mondo, il Cnel ha anche funzione di proposta legislativa. Stava per essere soppresso, ma il 60% dei votanti al referendum del 5 dicembre 2016 si è espresso contro la sua abolizione. Per anticiparla, il governo dell’epoca abolì nel 2014 le indennità di carica (25.000 euro l’anno lordi) ed i rimborsi per trasferte. Ciò causò le dimissioni di numerosi consiglieri che non erano in grado di sostenere le spese per partecipare ai lavori. Se fosse stato utilizzato uno strumento simile per impedire il funzionamento della Corte dei Conti, del Consiglio di Stato, del Consiglio Superiore della Magistratura e del Consiglio di Difesa, l’Italia si sarebbe bloccata e si sarebbe parlato di colpo di Stato. All’estero, specialmente nelle istituzioni Ue, sono state espresse preoccupazioni nei confronti del funzionamento della democrazia in Italia quanto a fine 2014 queste misure sono state adottate.

A differenza di altri colleghi, non ho dato le dimissioni quando sono stati aboliti emolumenti e rimborsi spese sia per rispetto nei confronti del Capo dello Stato che mi ha conferito l’incarico sia per continuare ad espletare, pur in condizioni difficili, i compiti affidatomi sia per impedire che con le dimissioni di tutti i consiglieri, il governo dell’epoca riuscisse nel suo intento di chiudere l’organo, nonostante i risultati del referendum costituzionale. Infine, anche quando c’è l’ammutinamento del Caine, qualcuno deve restare a bordo se non altro per spengere le luci.

L’incidenza, l’efficacia e l’efficienza del Cnel dipendono, in gran misura, dai suoi ‘azionisti di maggioranza’, espressione del mondo del lavoro e della produzione. In questi anni, nonostante una campagna di stampa contro l’organo, il Cnel ha contribuito puntualmente all’azione legislativa con pareri e proposte ed ha elaborato, con l’Istat, gli indicatori di benessere equo e sostenibile per arricchire quelli derivanti dalla contabilità economica nazionale. Credo nelle finalità del Cnel, come molti altri, ritengo che il Cnel abbia urgente esigenza di riforma; a questo fine, con altri colleghi e con il supporto dell’Assemblea tutta dell’organo, è stata predisposta una proposta di legge. Senza una riforma, il lavoro di una nuova Consiliatura potrebbe risultare poco utile ove non futile.

Corre voce che il governo Gentiloni stia per procedere la settimana che inizia il 12 marzo alla nomina, in blocco, di 64 consiglieri per un mandato di cinque anni. Ciò pone un problema giuridico, politico e di efficacia ed efficienza.

Sotto il profilo giuridico, il governo Gentiloni non è stato sfiduciato dal Parlamento e non si è dimesso. Tuttavia, i risultati delle recenti elezioni hanno comportato una severa sconfitta per le forze politiche che le compongono. Probabilmente unicamente la Corte Costituzionale può dire se in queste condizioni può ricostituire un intero organo di rilevanza costituzionale.

Sotto il profilo politico è possibile che la nuova maggioranza voglia esprimere almeno un parere su nomine che pare vengano fatte quasi di sotterfugio (e con la promesse implicita di re-instituzione di indennità). Ancora una volta in ambienti delle le istituzioni Ue, dell’Ocse e della la stessa Organizzazione Internazionale del Lavoro si esprimono perplessità.

Sotto il profilo economico e sociale, dal 2010, l’Italia è profondamente cambiata; ad esempio, il lavoro autonomo, le professioni e le piccole e medie imprese hanno oggi un ruolo più significativo che otto anni fa mentre la ripartizione dei seggi è la fotocopia di quella di allora; con la rapidità della trasformazione dell’economia e della società, tra cinque anni sarà vetusta. Già ora gli ‘azionisti di maggioranza’ avranno difficoltà ad esprimere autorevolmente il pensiero del mondo dell’economia e del lavoro ed ad avere, quindi, l’incidenza e l’efficacia richiesta.

Anche l’efficienza sarebbe a repentaglio perché tutti riconoscono che il Cnel necessita una riforma. Una volta creata una nuova Consiliatura, l’attenzione sulla riforma scemerebbe. Mentre aumenterebbe quella sui compensi che alcuni vorrebbero allineare a quelli della Corte dei Conti, del Consiglio di Stato, del Consiglio Superiore della Magistratura e del Consiglio di Difesa. Con un enorme aggravio sui conti dello Stato.

Trenta anni fa si parlava di glasnost. È quanto mai necessario che ci sia un dibattito franco ed aperto.


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