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Marò: al di sotto dell’8 settembre

La vicenda dei fanti di marina è arrivata ad un culmine disgraziato, ingiusto ed ignobile, a confronto della quale nella crisi dell’8 settembre 1943 si è conservato in maggior misura il senso dello Stato e della nazione.

La storia ha ancora molti lati poco chiariti dal governo, ma nei suoi tratti essenziali si conosce. I nostri fanti di marina sono accusati di aver ucciso colposamente dei pescatori scambiati per pirati, il che non è contestato dalla difesa dei militari ed è stato oggetto di un risarcimento. Il tragico fatto di sangue è avvenuto nella zona contigua (entro 24 miglia nautiche dalla costa).

Dal canto lo stato indiano ha unilateralmente e senza alcun riconoscimento né bilaterale né multilaterale dichiarato che qualunque crimine commesso nella Zee (Zona Economica Esclusiva, cioè entro i 200 miglia dalla costa) vada giudicato da un proprio tribunale.

L’Unclos dice molto chiaramente qual è la giurisdizione nella cosiddetta area contigua. (art. 33 della Convenzione) “The Contiguous Zone is a region of the seas measured from the baseline to a distance of 24 nautical miles. Within this region, a nation may exercise the control necessary to prevent the infringement of its customs, fiscal, immigration or sanitary laws and regulations within its territory or territorial sea, and punish infringement of those laws and regulations committed within its territory or territorial sea.”

Detto in altri termini, a 20,5 miglia di distanza dalla costa (distanza a cui è avvenuto il tragico), non si è in acque territoriali e quindi non si può essere perseguiti dallo stato rivierasco nella zona contigua per questioni fiscali, migratorie o sanitarie.

È comprensibile che uno stato voglia con un atto d’imperio estendere la propria sovranità oltre quanto riconosciuto dal diritto internazionale, ma si tratta in altri termini di una pretesa, se rimane sul piano verbale, e di un sopruso, se si passa a vie di fatto.

C’è il caso particolare del vapore francese Lotus (1926) che viene infatti invocato dalle corti indiane come precedente di giurisdizione anche in acque internazionali, ma non c’entra né con la Zee né con la zona contigua. Soprattutto è stato reso meno dall’art. 11 della High Seas Convention del 1956, che riafferma la sovranità paese violatore in caso di qualunque incidente di navigazione sui propri marinai in alto mare

Le corti indiane hanno discusso e discuteranno se si applica l’immunità a personale militare in servizio di protezione antipirateria oppure no, ma una cosa è certa: le leggi italiane non prevedono una contratto privato tra armatore italiano e truppa nazionale, ma un ristoro dei costi (ovvero rimborso). Tanto è vero che la fattispecie di un contratto privato è prevista (ma sinora non applicata) con speciali guardie giurate. Quelle truppe sono truppe dello stato italiano, vestono l’uniforme dello stato, hanno attribuzioni di polizia giudiziaria e non sono subordinate all’armatore.

Conclusione: l’armatore è tornato indietro contro espressa volontà dello Stato italiano; l’Italia ha proceduto alla visita ufficiale di una delegazione commerciale che invece andava rinviata per la gravità dell’accaduto; poi si è affermato il principio della nostra sovranità nell’affare senza però far agire la magistratura italiana competente sul caso ed alla fine si è fatta marcia indietro.

Qual è il motivo cogente di tanta esitazione ad affermare giuridicamente e soprattutto politicamente i nostri diritti e sovranità: l’1% che il commercio indiano rappresenta sul totale del nostro commercio? La posizione dell’India come 17° partner commerciale dell’Italia? Se questa è la causa, allora si è consumata un’onta molto peggiore di quella dell’8 settembre tanto più che a Sigonella tenemmo il punto nei confronti di ben altro interlocutore.

La mediocrità della gestione nel 1943 poteva giustificarsi in parte con la guerra e la minaccia d’invasione, qui no. Il danno della non-Italia è particolarmente flagrante e la natura tecnica del governo aggrava la situazione precisamente perché la sua azione poteva essere svincolata dalla tirannia dei sondaggi.

Il governo ha rinunziato ad affermare politicamente la sovranità nazionale, non ha fatto valere la nostra legge una volta tornati in patria i fucilieri, ha mancato di parola due volte ed ha chiarito al mondo che le truppe italiane sono dei “diversamente contractor”, spendibili per qualche dollaro in più d’export.

Alessandro Politi è analista politico e strategico



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