Il 10 marzo del 2011, prima della caduta di Gheddafi, e ancor prima dell’intervento della coalizione voluta dalla Francia per far fuori il Rais, l’agenzia ufficiale libica Jana rivelava: “Un grave segreto porterà alla caduta di Sarkozy (…), un segreto in linea con il finanziamento della sua campagna elettorale”. Quella che allora pareva una fosca profezia, oggi sembra avverarsi. L’ex Presidente della Repubblica francese da questa mattina è in stato di fermo nell’ambito dell’indagine sul possibile finanziamento libico alla vittoriosa campagna presidenziale del 2007. Si riapre, così, una pagina, forse mai chiusa, dei rapporti tra la Libia e la Francia. Andiamo per gradi.
Nel maggio del 2012, il sito d’informazione francese Mediapart pubblica un documento libico sui finanziamenti da parte del regime di Gheddafi. La vicenda si tinge di giallo nel 2012 quando emergono documenti, appartenenti all’ex ministro del petrolio libico Shoukri Ghanem, morto nel 2012 in circostanze misteriose, che menzionano l’esistenza di pagamenti libici a Nicolas Sarkozy. Scende, poi, una cortina fumogena sulla vicenda fino a quando, nel novembre del 2016, durante le primarie dei Repubblicani, l’intermediario libico Ziad Takieddine afferma senza mezzi termini di avere trasportato a Parigi una parte del “bottino” – circa 5 milioni di euro in contanti – tra la fine del 2006 e l’inizio del 2007. I destinatari erano Claude Guéant, divenuto poi Segretario generale della Presidenza della Repubblica e Nicolas Sarkozy, all’epoca ministro dell’Interno.
Non credo che la cosa debba coglierci di sorpresa. Si tratta dell’ennesimo tassello che compone il complesso mosaico delle motivazioni che hanno spinto “i cugini d’Oltralpe” a intervenire in Libia nel 2011. Giova fare un passo indietro. È il 2007, l’anno delle elezioni che incoroneranno Sarkò a leader della Francia. Gheddafi pianta, fra mille polemiche, la sua tenda berbera davanti all’Eliseo, firmando contratti per oltre dieci miliardi di dollari che avrebbero permesso alla Francia di vendergli un’intera flotta aerea da combattimento, confezionata dal colosso dell’aeronautica francese Dassault e un mega investimento per costruire centrali nucleari a Tripoli e dintorni. Sulla scia dei ricuciti rapporti tra la Francia e Gheddafi, Paribas aveva acquisito, alla fine del 2010, il 19% della Sahara Bank libica, con un aumento del capitale della filiale francese Bnp Paribas in Libia, pari al 146% dei precedenti fondi a disposizione e a garanzia delle operazioni. Sembrano chiudersi, così, anni di frizioni tra l’egocentrico leader libico e i vari presidenti che si sono susseguiti alla guida dell’Eliseo.
Tuttavia il Rais, non diverrà mai “uno stinco di santo” e non rinuncerà a intervenire nelle dispute africane, spesso in chiave anti-francese, dal conflitto in Sierra Leone fino agli interventi di conciliazione in Darfour, Kenya, Niger e Mali. Non pago, poi, nonostante gli sforzi diplomatici, si rifiuta di entrare nel grande progetto francese dell’Unione per il Mediterraneo, ritenuto una forma di nuovo colonialismo. Non solo, il leader libico non onorerà mai gli accordi del 2007, preferendo rispettare il Trattato italo-libico, grazie al quale intasca assegni annuali per 250 milioni di dollari da spendere in opere infrastrutturali, a tutto beneficio delle imprese italiane. Eppure Sarkozy le aveva provate tutte, coinvolgendo finanche gli Emirati, disposti ad addestrare piloti libici per gli aerei francesi Rafale e a cofinanziare l’operazione rinnovando la propria flotta con la già ricordata Dassault.
Ci sarebbe, poi, la questione della moneta panafricana. In una delle mail inviate a Hillary Clinton, e pubblicate dal dipartimento di Stato americano il 31 dicembre del 2015, il funzionario Sidney Blumenthal rivelò, tra le altre cose, che Gheddafi voleva sostituire il franco Cfa, utilizzato in 14 ex colonie, con un’altra moneta panafricana, un’iniziativa che avrebbe rischiato di creare l’indipendenza economica del Nord Africa con la nuova valuta. Ce n’è abbastanza per indispettire il Presidente francese che, non appena iniziano i primi tumulti a Bengasi, nel febbraio del 2011, coglie la palla al balzo e inizia a tirare per la giacchetta un poco convinto Barak Obama e tutta una serie di altri “coscritti” per dare il via all’azione internazionale per spodestare quel volta gabbana di Gheddafi.
Sarà anche per questo che il Colonnello, sentitosi pugnalato alle spalle, in un’intervista rilasciata a Fausto Biloslavo ne Il Giornale, qualche mese prima di essere ucciso, dichiara: “Penso che Sarkozy ha un problema di disordine mentale. Ha detto delle cose che possono saltar fuori solo da un pazzo”.
D’altra parte da uno a cui hai dato quasi 50 milioni di euro per assicurarti il suo appoggio, ti aspetti ben altro!