C’è un treno che corre veloce sui binari della trasformazione digitale e che l’Italia rischia di perdere se non sarà in grado di fare sistema, pure in questa fase di instabilità politica. È quello dell’Intelligenza artificiale (Ia), uno dei settori a più rapido sviluppo su cui la competizione globale si sta facendo sempre più forte.
Per riprende Stati Uniti e Cina, ormai all’avanguardia sul tema, il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato un investimento da 1,5 miliardi di euro entro il 2022 per l’Ia. Un piano ingente che punta a trasformare la Francia in una “nazione start up” e che prevede la forte collaborazione con il settore privato. L’annuncio è piaciuto al colosso americano dell’informatica Ibm, che parallelamente ha fatto sapere di voler assumere oltralpe 400 esperti di intelligenza artificiale nei prossimi due anni. “Ibm ha scelto la Francia per portare avanti l’Ia”, ha prontamente twittato il presidente francese.
Eppure, l’azienda statunitense aveva annunciato a marzo del 2016 un investimento da 150 milioni di euro per creare in Italia (in Lombardia) il centro europeo di Watson Health, il programma che applica al settore sanitario le innovazioni dell’Ia, un progetto che avrebbe benefici in termini di ottimizzazione delle prestazioni sanitarie oltre che rilevanti ricadute per la valorizzazione del territorio. A distanza di due anni però l’investimento non risulta ancora materializzato, nonostante il lavoro con le istituzioni competenti sia stato continuo.
Ad avere forse un peso eccessivo sono state le perplessità e le paure per il “nuovo”, probabilmente inevitabili di fronte alla rivoluzione digitale in un ambito delicato come quello della salute, ma sicuramente da evitare per un Paese che punta a seguire le maggiori economie del mondo. A prevalere sono state le polemiche, a tratti cavalcate da una certa strumentalizzazione politica, relative al trattamento dei dati dei pazienti, su cui però Ibm non ha mai iniziato a lavorare. Per di più, l’azienda ha sempre precisato in diverse occasioni che il percorso da seguire avrebbe avuto perfetta corrispondenza con quanto indicato dal garante per la privacy. Tra l’altro da maggio entrerà in vigore il nuovo regolamento europeo per la protezione della privacy (meglio conosciuto come Gdpr), che porrà l’Unione Europa all’avanguardia per questo particolare tema. L’investitore si è impegnato però anche a sviluppare un progetto che fosse in sinergia con le priorità delle istituzioni, con grande attenzione a tutti i temi, anche etici, legati al rapporto tra uomo e macchina. Non a caso, Ibm parla di intelligenza aumentata, e non artificiale, proprio nella consapevolezza che non sarà mai possibile sostituire l’intelletto umano. Il tema resta sicuramente sfidante e sembra dunque giusto e corretto che sia dibattuto tra il settore pubblico e quello privato. Tuttavia, pare difficile comprendere il perché, dopo due anni, un simile investimento resti ancora bloccato.
Avere un centro d’eccellenza europeo in tema di intelligenza artificiale applicata all’ambito sanitario sarebbe un’opportunità per valorizzare le eccellenze sul territorio, creerebbe un ambiente attrattivo per la ricerca e potrebbe affiancare le istituzioni nei temi della salute, dalla programmazione all’assistenza, ad esempio nella velocizzazione della diagnostica, senza sostituirsi al medico ma offrendo strumenti idonei alla gestione e analisi di grandi quantità di dati.
E così, mentre Macron annuncia investimenti enormi per l’intelligenza artificiale, l’Italia potrebbe restare indietro. L’instabilità di questa fase politica non può essere un alibi. Il tema dell’innovazione non ha colori politici e si presta piuttosto allo sforzo dell’intero sistema-Paese. Il treno delle innovazione digitale corre veloce, è vero, ma forse siamo ancora in tempo per montarci sopra.