Il rapporto fra centrodestra e Movimento 5 Stelle è definitivamente compromesso? L’apertura di Luigi Di Maio al Pd e la reiterata chiusura nei confronti di Silvio Berlusconi riduce molto gli spazi di manovra. Tuttavia, ci sono segnali evidenti che la partita non è affatto chiusa. Per provare a trovare una chiave di lettura occorre guardare alle mosse che sono seguite al primo giro di consultazioni avendo chiaro che i tempi non sono quelli del giorno dopo.
La tattica prevede infatti che si compino una serie di passi in tempi relativamente lunghi, anche se Sergio Mattarella fa capire che non vuole andare troppo per le lunghe. Se si leggono i fatti in prospettiva allora si possono cogliere due elementi significativi: da un lato Di Maio ha costretto il Pd a prendere una posizione, di fatto barrando la strada ad una intesa fra gli stessi Dem con Forza Italia. Come potrebbero Martina e compagni sostenere un esecutivo di centrodestra con Berlusconi dopo aver detto di no ai pentastellati? L’astuzia di Matteo Salvini è persino maggiore. Con la formalizzazione del suo ruolo di leader della coalizione che si presenta al Colle unitariamente, incassa di fatto un bonus per guidare le eventuali trattative per la formazione di un governo.
Non sarà un caso se Gianfranco Rotondi ammonisce che un governo senza i grillini sarebbe un errore, un vero e proprio boomerang. Giancarlo Giorgetti, numero due della Lega e leale interprete del pensiero salviniano, può affermare in diretta tv che non c’è una pregiudiziale alla possibile premiership di Di Maio. Concetto peraltro espresso, sia pure con maggiore prudenza, pure dal capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Rampelli, intervistato da Formiche.net.
Certo, i rapporti fra M5S e Forza Italia sono ai minimi termini e tutto questo gridare alla impresentabilità di Berlusconi ha finito per scavare un solco profondo anche nell’elettorato del partito che ha ottenuto il 32%. Insomma, lo spiraglio di una intesa ampia c’è ancora ed è assicurata più dalla diplomazia di Salvini che dalle dichiarazioni di Di Maio. Certo, restano sul tavolo diverse altre opzioni e ci vorranno ancora una decina di giorni per avere le idee più chiare. Nel frattempo, non vanno sottovalutati alcuni punti non trascurabili delle proposte dei partiti e delle coalizioni.
Il leader della Lega infatti non perde occasione per ricordare non solo la sua contrarietà alle sanzioni contro la Russia ma anche l’impegno solenne a farle venire meno, nonostante l’Amministrazione Usa a guida Trump ne abbia prescritte ulteriori. Se tutta la politica italiana ha chiara l’idea di posizionare il Paese dentro un dialogo più forte con Putin, soltanto Salvini sembra orientato a voler determinare una frattura – insanabile? – fra Italia ed Occidente (sarebbe infatti una rottura fortissima sia con l’Unione Europea che con gli Stati Uniti). Questa posizione leghista può essere una enorme fonte di imbarazzo non solo per Di Maio che deve già contrastare la diffidenza internazionale nei confronti del Movimento ma anche lo stesso Berlusconi. Difficile immaginare che questo fattore possa finire per rafforzare un accordo fra Pd e 5S ma certamente non va sottovalutata, neppure da Salvini stesso.
Al secondo giro di consultazioni manca pochissimo e non si hanno notizie se il Capo dello Stato concederà un terzo giro. I “due vincitori” non hanno molto altro tempo per le loro tattiche, che continuano ad apparire del tutto speculari. A breve le carte saranno scoperte ed entrambi saranno chiamati ad una scelta che, soprattutto per Di Maio, non sarà indolore anche se potrebbe portarlo al vertice di Palazzo Chigi.