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Cosa pensano di Grillo, Berlusconi e dell’impasse italiana fuori dai nostri confini

Pierpaolo Cazzola è un cervello in fuga. Lavora a Ginevra. La prova provata dell’adagio che in lingua di Sicilia recita “Cu nesci arrinesci”, ovvero che chi emigra ottiene successo, si realizza. L’abbiamo raggiunto con alcune domande per avere un contributo su come il recente transitorio politico italiano è visto da loro, innanzitutto, dalle persone che frequentano nei paesi in cui vivono e lavorano.

PC: non mi piace essere definito un “cervello in fuga” o un “cervello fuggito”. Non nego di avere delle competenze, ma non sono fuggito perché non avevo chances in Italia. Sono andato via dall’Italia per scoprire il mondo, poi (questo sì) le circostanze hanno fatto sì che mi convenisse restare fuori. Pur avendo voglia di tornare (perché credo che l’Italia possa offrire un’ottima qualità della vita), non ho mai avuto la fortuna di un’offerta per un lavoro che fosse al tempo stesso interessante e ben pagato. Lavori interessanti ce ne sono eccome. Lavori ben pagati no. Punto.

MF: Inutile riassumere quello che è venuto fuori dalle urne. Veniamo al punto. L’Italia è in un’impasse istituzionale con l’aggravante di dipendere dalle scelte di Grillo e Berlusconi. Come la vedi e come è vista da lì?
PC: prima delle elezioni de febbraio 2013, io vedevo il movimento 5 stelle come uno strumento che avrebbe potuto essere utile ad una riforma del sistema politico italiano. Questo perché, credevo, lo avrebbe obbligato da una maggior trasparenza, perché avrebbe messo in luce l’importanza di temi nuovi (compresi quelli legati alla sostenibilità, particolarmente importanti visto che in Italia non c’è un partito ambientalista) e lo avrebbe messo con le spalle al muro sulla questione dei costi della politica, obbligandolo a delle scelte di “autoriforma” (come quella della riduzione dei privilegi dei parlamentari) che, sino ad ora, non hanno avuto la possibilità di emergere. Ora però è diverso. Il 25% del movimento 5 stelle (ed il suo peso al Senato) non consente di vedere uno scenario in cui i partiti tradizionali governano, mentre il movimento 5 stelle agisce da “cane da guardia” del Parlamento. I proclami via web di Grillo, così come le dichiarazioni dei neo-parlamentari del movimento 5 stelle, non sembrano aprire la porta alla possibilità di un contributo propositivo, con l’obiettivo di contribuire al governo. Tutti vedono che questo, unito all’eccezione di Berlusconi ed alla sua spinta polarizzatrice, porti a grandi difficoltà per la governabilità dell’Italia.
Inutile negare che, vista la stazza dell’Italia in Europa, l’impasse politico sia tale da destare non poche preoccupazioni. Personalmente, trovo che quello che spaventa di più sia la tendenza a voler rifiutare la necessaria assunzione di responsabilità dettata dalla difficoltà del momento storico dell’Italia, sia dal punto di
vista di chi offre proposte politiche (penso a Grillo e Berlusconi), sia da quello di chi le sceglie (visti i risultati elettorali – ancora peggio – e le voci che emergono sulle tendenze per il futuro…).

MF: supponiamo che Grillo legge questa intervista e ti contatta per affidarti un importante incarico di governo o comunque di funzionariato nelle istituzioni italiane. Che fai, torni per servire il tuo paese?
PC: Pur apprezzando la chiamata al rinnovamento rappresentata dal movimento a 5 stelle, ma non credo che questo basti. Sono convinto che le cose si debbano migliorare a poco a poco, e che serva molta competenza per fare in modo che i cambiamenti avvengano con successo. Non mi pare che Grillo sia dello stesso avviso.
Non solo: non condivido quel poco che si sa del programma, né il metodo di comunicazione del movimento 5 stelle, né l’idea che la democrazia diretta sia la soluzione di tutti i problemi. Al contrario: non solo non mi pare che democrazia diretta e competenze specifiche vadano molto d’accordo, ma credo che il bello di
un sistema come quello democratico sia la possibilità di delegare. Ammesso che si garantiscano gli strumenti per scegliere. Purtroppo, non è questo il caso della legge elettorale italiana. Ma questo è un altro discorso…

MF: alcuni attribuiscono a Grillo solo una vigorosa verve protestataria e populista. E temono certe sue derive: la decrescita felice, l’uscita dall’Euro, il non voler saldare il debito che l’Italia ha accumulato nel tempo. Lì qual è l’impressione diffusa? Veramente l’Italia è considerata un paese pericoloso per l’Europa?
PC: Beh, per ora no. Mi sembra che ci sia più che altro scetticismo su quello che sta succedendo. Nonostante tutto, non mi sembra che proposte come la decrescita felice, l’uscita dall’Euro, il non voler saldare il debito vengano considerate come opzioni effettivamente verosimili per il futuro dell’Italia. Mi sbaglio?

MF: sei all’estero da ormai quasi quindici anni. Che idea ti sei fatto. Cosa c’è di diverso nella politica italiana rispetto a quanto accade nel paese dove vivi. Possibile che varcate le Alpi c’è la perfezione, la sobrietà, la trasparenza, e solo al di qua tutti gli esatti contrari?
PC: No. Varcate le Alpi non ci sono perfezione, sobrietà e trasparenza. Ma ci sono più controlli, un senso civico molto più spiccato (a cominciare dalla guida), maggiore sobrietà (visto il puttanaio di Arcore, ci vuole davvero poco…), maggiore trasparenza delle istituzioni, anche grazie a strutture istituzionali che obbligano all’analisi dell’impatto delle iniziative legislative (è il caso dell’ “impact assessment” in Europa, per esempio). E, di riflesso, maggiore senso dello stato, maggior rispetto per quello che è di tutti, ed una considerazione di chi è chiamato ad amministrarlo che, pur non essendo eccelsa, è ben lontana dai livelli di discredito che si vedono (spesso, ma non sempre, giustamente) in Italia. E poi non c’è un imprenditore della comunicazione che ha tratto vantaggio dei favori della politica per decenni, dalla grande capacità di comunicazione, privo di principi etici solidi, dal grande potenziale di corruzione, dotato di una schiera di yes-man senza spessore etico che eseguono il suo volere e proteggono i suoi interessi, costi quel che costi, in tribunale, in parlamento, sulla stampa, ed in televisione.



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