Fiere e politica: un’endiadi mercadora che non ha ascendenze poi così antiche. Strappiamo alla memoria solo le inaugurazioni della Fiera del Levante di Bari, che coincideva grosso modo con l’avvio della stagione politica prima che i partiti prendessero l’agio di farsi le feste di fine estate, con la corsa ad anticipare l’appuntamento per bruciare i concorrenti, cosicché negli ultimi anni si è saliti, ormai, a ferragosto.
A Bari parlava uno solo: il presidente del Consiglio – allora nessuno lo chiamava premier, anche perchè era cosa risaputa dai giornalisti che in Costituzione ‘sto premier non ci stava, come ancora oggi non c’è – e partiva con solennità l’annata politica dopo la pausa estiva. Il presidente parlava delle prospettive d’autunno, di politica internazionale, di economia, di legge finanziaria, di società ma, soprattutto, di Mezzogiorno, cui veniva attribuito il valore di tema centrale della politica italiana.
Oggi, caduto in desuetudine il Mezzogiorno (o allargatosi a tutta la penisola), declinata la Fiera del Levante e squagliatasi completamente la democrazia dei partiti, tornano miracolosamente in auge le Fiere. Quelle del Nord. Affollato di protagonisti politici. Il Vinitaly è stato, sotto questo profilo, certamente un successo strepitoso, in cui il tasso etilico della politica italiana si è ben rappresentato negli stand che ospitavano le eccellenze vinicole del Belpaese. In una esplosione allocutoria esercitata col calice alto in mano (e con qualche sospetto di pubblicità occulta che forse potrebbe interessare l’Agicom), i nuovi leader si sono alternati nella kermesse veronese facendo spola col Quirinale probabilmente conservando anche gli spiriti residui.
Beninteso: nessuno ha propinato discorsi paragonabili minimamente alle prolusioni soporifere delle inaugurazioni delle fiere del Levante, per carità! Tutte cose toste e veloci: battute, l’equivalente di qualche tweet, allusioni a quel che avveniva a Roma, facce rubizze, cravatte lasche, brindisi, chi non brinda con me peste lo colga e via dicendo. Poi l’alibi etilico, appunto, era una bella scusa per fare coming out, testare la battuta ad effetto, il fuori onda potendo chiosare “è colpa del vino”.
Comunque a Verona sono andati tutti e non solo per le degustazioni! La procedura si ripete a Milano, salone del mobile. Da Milano esternerà il 20 aprile Salvini ai giornalisti accorsi in frotta al suo seguito, certificando che dalla Red Lounge di Rho-Pero avrebbe fatto le sue personali consultazioni in vista del nuovo governo chiamando a telefono “Di Maio, Berlusconi, la Meloni e tutti quanti. Poi vi dico se c’è qualcosa di nuovo” (ANSA). Insomma: fieri nelle fiere i leader della politica esternano distillando sapienze inarrivabili.
A volerla leggere con fiducia diremmo che la location testimonia forse la fede nella ripresa dello spirito mercadoro dell’eccellenza italiana. Ma c’è anche un’altra chiave, meno rassicurante: trattative-stand-fiera. Mercanti in fiera.