Se erano attese schiarite dalle consultazioni di oggi di Giorgio Napolitano, sicuramente non sono arrivate dall’incontro con la delegazione del Pdl e della Lega.
Silvio Berlusconi e Roberto Maroni sono pronti a dire sì a Pierluigi Bersani ma, hanno ribadito, nella cornice che hanno sempre sostenuto: quella di un governissimo Pd-Pdl-Lega-Scelta civica.
La stessa che Bersani ha sempre avversato, convinto che la maggioranza di governo sia una cosa, e precisamente cosa del Pd, e la corresponsabilità per le riforme istituzionali un’altra. Proprio stamattina il giovane turco Matteo Orfini, ai microfoni di Radio 24, ha spiegato: “A cosa servirebbe un governo del Pdl? Non è Berlusconi il problema. Acqua e olio non stanno insieme: Pd e Pdl hanno idee diversissime su cosa serva al Paese per uscire dalla crisi. L’idea che mettendo insieme cose alternative si trovi un punto di mediazione utile è un`idea un po’ strampalata”.
In realtà, tra Berlusconi e Bersani una cosa in comune c’è: entrambi sembrano avversare l’idea di un “governo del Presidente”, ipotesi invece molto in auge nelle ultime ore dalle parti del Colle. Questa mattina dalla delegazione Pdl-Lega è stato aupiscato specificatamente che il governo sia “politico” e non “tecnico”. E proprio su questa idea avanzata ieri dal capo dello Stato nel suo colloquio con il segretario del Pd, raccontano i retroscena, Bersani si sarebbe irrigidito, garantendo al massimo un appoggio esterno da parte del suo partito.
Insomma, se per la soluzione A le posizioni restano distanti, sulla soluzione B Bersani e Berlusconi sembrano essere d’accordo: tornare al voto.