Finora le delegazioni dei partiti consultati dal capo dello Stato stanno ripetendo le rispettive posizioni iniziali.
Il Pdl e la Lega sono disponibili a partecipare a un governo di larghe intese, ma politico che possa dare risposte immediate alla crisi economica e rispettare impegni e scadenze già prefissate, oltre che per consentire la decantazione del quadro politico e una condivisione della scelta per il prossimo inquilino del Quirinale.
Un governo di scopo è ribadito da Scelta Civica, il movimento fondato da Mario Monti che si concentra nel sostenere la necessità di proseguire il cammino del governo tecnico ma auspica che i maggiori partiti possano partecipare a una fase politica con un esecutivo basato su pochi punti programmatici.
Dal Movimento 5 Stelle è arrivata una disponibilità finora solo sussurrata o pronunciata in maniera a volte provocatoria: siamo disponibili a guidare il Paese con un governo capitanato da una personalità da noi indicata.
Una sfida, fors’anche un azzardo, che imbarazza le altre forze politiche. E forse tenta alcuni settori più a sinistra del Pd.
Il partito capeggiato da Pierluigi Bersani è quello che appare più paralizzato o comunque in difficoltà dopo il preincarico per il segretario che non è andato a buon fine. Enrico Letta a Napolitano ha detto: no a governissimi, sì a collaborazione con altri partiti in una Convenzione per le riforme.
In ambienti del Pd si rincorre la voce e il nome di Matteo Renzi per dare una svolta allo stallo. Un nome che potrebbe mettere d’accordo sia il Pdl che Scelta Civica, ma che forse spaccherebbe il Pd, con l’ala più progressista e dialogante con Sel che rimarrebbe spiazzata.
Quel che è certo è che Giorgio Napolitano vuole tempi rapidi e ha già in serbo nomi utili per un governo del Presidente. E le parole di Enrico Letta costituiscono di fatto una sorta di via libera.
Ma in caso di ulteriore stallo Napolitano potrebbe ricorrere all’idea-minaccia delle sue dimissioni.