Oggi è il grande giorno del ritorno di Matteo Renzi. Riapparirà sugli schermi della tv pubblica in prima serata. Non una apparizione in piazza a stuzzicare la “base” del partito. Quella da Fabio Fazio sarà la premessa ed anche la conclusione della direzione fissata per il 3 maggio. L’ex segretario Dem ha infatti deciso la linea che, salvo sorprese dell’ultimo momento, dovrebbe consistere in un ragionamento così articolato: 1) M5S e Lega hanno vinto le elezioni e tocca a loro dimostrare di essere capaci di realizzare le loro promesse; 2) considerato lo stallo e l’invito del Capo dello Stato, il Pd non può che dimostrare ancora una volta il suo senso di responsabilità e quindi non si sottrarrà al dialogo con i 5S ben consci della impossibilità di una alleanza; 3) per una eventuale intesa di governo, l’ex premier chiederà che in premessa a qualunque contratto vi sia l’impegno solenne ed esplicito dei 5S che non saranno in discussione nessuna delle riforme fatte dai governi del centrosinistra, dal Jobs act alla buona scuola. Servirà anche la garanzia a non bloccare le opere strategiche (da Tav a Tap, oppure il progetto di salvataggio e vendita di Ilva ed Alitalia); 4) infine, la richiesta più forte in termini di comunicazione. Renzi chiederà che la discussione con il 5S sia avviata senza che sul tavolo vi sia l’indicazione di Di Maio premier. Non avendo vinto le elezioni, si tratta – spiegherà Matteo – di azzerare le pretese e di arrivare alla definizione dell’assetto di governo solo alla fine della discussione sui contenuti. Su questa piattaforma – e forte dei numeri in Parlamento (gestire manu militari la formazione delle liste non è stata una forzatura vana) – l’ospite di Che tempo che fa avrà buon gioco a trovare un consenso larghissimo nel partito. Sebbene in molti manifesteranno forti mal di pancia, chi può opporsi alle condizioni che verosimilmente Renzi porrà ai 5S? Aprendo al dialogo, Renzi riuscirà a mettere una pietra tombale ad ogni idea di collaborazione con Di Maio e senza spaccature interne troppo evidenti.
Nonostante il tentativo generoso di dare credito al secondo forno (troppo secondo ed assai poco forno, nel confronto la relazione ben più strutturata con Salvini), il capo politico del Movimento fondato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio è chiuso in un angolo sempre più stretto. La lettera al Corriere della Sera, così come il lavoro fatto dal professor Della Cananea, lascerà il tempo che troverà (poco). D’altronde, anche se Renzi e Di Maio si rimpalleranno la responsabilità di aver fatto cadere l’ipotesi di formare un governo politico, pur di coalizione, il candidato M5S deve biasimare solo se stesso per le sue ingenuità. Compreso l’avere avuto (troppa) fiducia dei suoi interlocutori, da Salvini a Matteo. Grillo – che non sembra amare troppo il più giovane Di Maio (solo una interpretazione maliziosa?) – ha avuto buon gioco, anche grazie alla abilissima penna di Marco Travaglio, a mettersi di traverso al momento giusto con gli argomenti giusti. Abilissimo, il comico ligure. Quello che appare come una azione di sistematico sabotaggio da parte dell’inventore del Vaffa Day, se effettivamente c’è stato e c’è – è stato un grande successo ai danni dell’ormai celebre cittadino di Pomigliano d’Arco. Riuscirà quest’ultimo a resistere e magari ad ottenere il via libera a restare in sella per i tempi supplementari? Questa storia è tutta da scrivere.
Allo stesso modo toccherà guardare con grande attenzione alle prossime scadenze, specie se si tornerà a votare a breve. E’ qui che è concentratissimo Matteo Salvini. Il leader della Lega, galvanizzato dai sondaggi, è convinto che il suo giro sarà il prossimo. Se sa tenere la barra dritta e Silvio B. al suo fianco, potrebbe proprio farcela senza ricorrere ad altre alleanze. Le incognite sono tante ma lui, Matteo S, si sente forte. Al punto di “promettere” (minacciare) di organizzare una manifestazione di piazza per provare a condizionare il Presidente della Repubblica. Una chiamata preventiva alla mobilitazione che certo non avrà fatto piacere al Quirinale e che rivela un certo grado di “spregiudicatezza” (che in quantità minime può anche essere utile). Proprio Sergio Mattarella è quello a cui tutti stanno tirando la giacca. Da qualche giorno anche lui è oggetto di dichiarazioni non proprio gentili che già lo vedono sotto accusa di parzialità da parte del centrodestra. Se la situazione non è delle migliori, ahinoi non ci sono segni di un possibile miglioramento. L’ipotesi di fare un governo restano basse. Al contrario, le probabilità di nuove elezioni si fanno più alte. I credenti hanno una chance: la preghiera. Naturalmente preceduta dal segno della croce. Amen.