Quindi il contratto nazionale 2016/2019 per la scuola è operativo. Quello che interessa tutti giustamente è l’aspetto economico, che docenti e non docenti vedranno in busta a breve. Ma il testo contiene novità che forse sono sfuggite ai non addetti e che proseguono una linea di rivincita del sindacalismo scolastico e di smantellamento della Buona scuola.
Negli ultimi mesi dalla Flc-Cgil si sono levati una serie di “no” diretti dal passato al prossimo governo (no alle ore di alternanza scuola-lavoro, no ai licei quadriennali, no alla valutazione dei docenti e così via), confermando la scelta di voler esercitare una sorta di rivincita della contrattazione privata (art. 40 D.Lgs. 165/2001) sulla legge, entrando nel merito delle scelte politiche fatte.
Non è una novità di oggi: dall’inizio del ministero attuale si è ridato spazio e potere al sindacalismo a scuola su materie che dovrebbero appartenere alla funzione legislativa e di governo sulle principali scelte di politica educativa. Di che si tratta?
1. Innanzitutto la questione della valutazione dei meriti dei docenti. La legge 107/15, pur timidamente e solo attraverso l’assegnazione annuale di un bonus (un po’ striminzito a dire il vero), tuttavia aveva attribuito al dirigente scolastico, con criteri discussi negli organi collegiali, la possibilità di premiare i docenti più impegnati nella collaborazione al progetto complessivo di istituto. Il contratto (art. 22) ha di fatto disapplicato la legge, riportando in Rsu le scelte sul bonus. Teoricamente (il Miur l’ha precisato ieri) non si dovrebbero discutere in contrattazione anche i criteri, ma solo i fondi da distribuire; ma su questo (poiché la norma contrattuale è al solito equivoca) la battaglia in Rsu sarà dura e i contenziosi sono già stati minacciati. Che il “bonus docenti” stia per diventare una parola vuota lo ha annunciato esplicitamente la Flc-Cgil durante i rinnovi delle Rsu. Infatti scrivono sul loro volantino che “il comitato di valutazione docenti continuerà a fornire i suoi indirizzi, ma sarà il contratto di istituto a stabilire quali criteri … per la remunerazione delle prestazioni del personale docente”. La battaglia è dichiarata.
2. Il Ccnl ha ridotto poi la potestà di progettazione formativa dei docenti visto che, senza una modifica del D.Lgs 297/1994, nel consiglio di classe e nelle commissioni del collegio docenti entreranno a far parte i bidelli per decidere la programmazione di uscite didattiche e attività con gli alunni con disabilità. Dopo che, per la prima volta in un contratto scuola nazionale, si è definito la scuola una “comunità educante” (concetto etico e non certo sindacale), se ne comprende la strumentalizzazione quando nell’art. 40 si afferma che “il personale Ata partecipa ai lavori delle commissioni o dei comitati per le visite ed i viaggi di istruzione, per l’assistenza agli alunni con disabilità, per la sicurezza, nonché all’elaborazione del Pei”. Risulta difficile comprendere a quale tipo di professionalità specifica si faccia riferimento — per il solo fatto di essere membri della “comunità educante” — al fine di elaborare progetti per attività formative.
3. L’altra mazzata alla vita della scuola dal sindacato arriva dalla prosecuzione del carosello docenti di inizio anno e quindi dalla fine ingloriosa di ogni desiderio di continuità didattica per gli allievi. Si tratta della disapplicazione contrattuale del vincolo stabilito in materia di mobilità dalla legge 107/2015 (c. 108) che prevedeva l’obbligo di permanenza triennale per i docenti assunti a partire dall’a.s. 2015/16. Con il contratto per la mobilità sono stati ripristinati i trasferimenti in deroga al vincolo triennale. Si torna al trasferimento, che, vera e propria giostra italica, permette ogni anno a decine di migliaia di insegnanti di cambiare istituto, ambito o provincia. Si parla di 80/90mila domande. L’anno scorso 141mila istanze e 207mila presentate in quello precedente. Si tratta del permanere (contro la legge!) di un fenomeno che dura da decenni, che però, passando del 21,9% del 2004/2005 è aumentato al 29% nel 2016/2017. Il sindacalismo prosegue così una scuola finalizzata agli interessi corporativi dei docenti e non degli studenti.
4. In un precedente articolo era già stato ripreso un altro tentativo di smontare una norma scolastica recente tramite la contrattazione. Riguarda la cosiddetta esclusione dalle commissioni per gli esami di maturità dei dirigenti delle scuole medie. Anche in questo caso l’invadenza contrattuale mette in discussione una legge votata dal Parlamento, non certo per beneficio degli studenti.
5. Il sindacalismo scolastico ha appena terminato la propria liturgia elettiva per le Rsu di istituto ed è i corso la battaglia dei numeri su chi abbia vinto. In questo modo non perde occasione per alimentare il clima di conflitto non a caso enormemente cresciuto nelle comunità scolastiche in questi anni: le diatribe giudiziarie che vengono dalla scuola nei tribunali sono numericamente le più alte in assoluto. Eppure lo Snals, per bocca del nuovo segretario generale, sembrava voler difendere gli insegnanti, sostenendo che “a partire dall’autonomia scolastica fino alla recente legge 107, la figura dell’insegnante ha perso via via autorevolezza e prestigio, calpestata da logiche di potere che ne minano la serietà ed il valore istituzionale” (20 aprile 2018). Ma si tratta di apparente difesa, perché vengono indicati come nemici l’autonomia scolastica, la “Buona Scuola” e indicati gli insegnanti quali vittime di “mezzi coercitivi esercitati dalle dirigenze scolastiche che, nel migliore dei casi, sottostanno alla logica aziendalistica della scuola odierna”. A queste concause, sempre secondo la segretaria Snals, vanno addebitati i “comportamenti aggressivi da parte dei genitori e delle azioni violente anche sul piano fisico di alcuni studenti”.
E tanto per non diminuire il clima conflittuale ecco ora la Flc-Cgil che, difronte all’incremento del clima di aggressione nelle scuole, ha pensato bene di soffiare sul contenzioso giudiziario, costituendosi “parte civile contro i genitori che aggrediscono gli insegnanti” (i presidi li hanno già dimenticati…). Altro che la ricostruzione dell’alleanza educativa tra scuola e famiglia indicata da papa Francesco e dal presidente Mattarella. Una sana denuncia in tribunale è sacrosanta!
6. L’ultimo dietrofront riguarda l’alternanza scuola-lavoro, uno dei pilastri della Buona Scuola: una Nota odierna del Miur “precisa” che l’orario obbligatorio introdotto resta tale per le scuole, ma, almeno per quest’anno, non c’è obbligo per gli studenti, che all’esame di maturità potranno presentarsi anche se non hanno svolto l'”intero monte ore minimo previsto dalla legge 107″. Questo mentre da mesi sindacato e movimenti di piazza hanno sviluppato un’opposizione radicale ai rapporti scuola e lavoro. La Flc-Cgil ha rivendicato di recente di essere stata “in prima linea a denunciare che l’imposizione di un numero minimo di ore in alternanza … avrebbe comportato l’utilizzo esteso e senza freno di studenti in mere attività lavorative gratuite in sostituzione di lavoratori salariati”. E ha aggiunto che lo stage in azienda “non può essere lavoro non retribuito, anzi, ancora meglio non può essere lavoro”.
Per questo il sindacato chiede la cancellazione delle norme sulla quantificazione delle ore dei percorsi di alternanza e la cancellazione della valutazione di queste attività negli esami di Stato. Ha fatto scuola la vicenda dello studente del “Coordinamento studentesco rivoluzionario” del Liceo “Da Vinci” di Carpi che ha ricevuto un sei in condotta per aver accusato il primo giorno azienda e scuola di non averlo pagato per l’avvio dello stage.
A sostenerlo la senatrice Bianca Laura Granato (M5s) secondo la quale “la degenerazione della scuola pubblica è figlia del processo di aziendalizzazione avviato negli anni 90, che ha … degradato il sapere a nozionismo funzionale al ciclo produttivo … e la didattica imprigionata in un modello aziendale”. Punto di vista ben diverso è stato per fortuna espresso dalla totalità dei compagni di scuola che hanno voluto “prendere le distanze da quanto affermato da sindacati [!!] e comitati vari” convinti che “il sistema di alternanza scuola lavoro sia organizzato al meglio” e che “buona parte dei neo diplomati viene assunta nelle stesse aziende in cui ha svolto lo stage”.
Che succederà sulla scuola col nuovo governo? Sarà possibile riportare le scelte all’ambito della politica, delle grandi scelte per il bene della nazione? E il sindacato lo permetterà?